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Il testo della memoria smarrita di ‘Le Marin Perdu’

Lo spettacolo del collettivo belga Poetic Punkers va in scena martedì 15 ottobre al Teatro Dimitri. Intervista al coautore Faustino Blanchut

14 ottobre 2024
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Ci sono spettacoli che promettono di lasciarti perplesso, e poi c’è ‘Le Marin Perdu’, che sembra avere tutte le carte in regola per farti uscire dal teatro con le gambe molli, come dopo una corsa sulle montagne russe. La differenza è che, invece di girarti la testa, è la memoria a darti le vertigini.

E così, il collettivo belga Poetic Punkers, martedì 15 ottobre al Teatro Dimitri di Verscio (inizio alle 20), ci trascina in un viaggio surreale nelle pieghe della memoria di un uomo che lotta per non perdere continuamente i suoi ricordi, un’odissea teatrale che ha già fatto il giro del mondo, dal Belgio alla Corea del Sud, fino in Cina.

«Ci piaceva l’idea di giocare con il dramma e la comicità dell’assurdità», racconta Faustino Blanchut che ha curato la messa in scena con Natalia Vallebona. «Oliver Sacks descrive questo paziente con degli aggettivi anche un po’ contraddittori: è una tragedia, ma allo stesso tempo assurda. Il protagonista è bloccato in un presente che non conosce, con una memoria che vale soltanto per due ore».

Il pubblico viene coinvolto in un gioco tra passato e presente

Liberamente ispirato a un caso clinico presente nel saggio ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’ di Oliver Sacks – se non lo conoscete, c’è sempre Wikipedia –, lo spettacolo si muove come un vecchio disco graffiato, alternando momenti di chiarezza a vuoti di memoria. Qui non si racconta solo una storia: la si incarna, nel senso che il corpo diventa l’unico testimone affidabile. Come spiega Blanchut, l’idea è stata di creare un personaggio in costante movimento, attraversato da ricordi che si dissolvono non appena prendono forma: «Abbiamo lavorato fisicamente per creare una coreografia che chiamiamo ‘danza dell’incongruenza’, dove ogni gesto è concreto, ritmi». Con “poche parole, in italiano e francese”, lo spettacolo si affida al corpo per trasmettere ciò che il linguaggio da solo non può esprimere.

E se il corpo diventa l’unica ancora per il protagonista, la mente viaggia, salta e scivola via. Proprio come il pubblico, che in ‘Le Marin Perdu’ viene coinvolto in un gioco tra presente e passato, sovrapposti tra loro come strati di una deliziosa torta Dobos. L’interazione fra attori e pubblico si percepisce fin dall’inizio: «Nel prologo, all’esterno del Teatro Dimitri, abbiamo creato un’installazione con numerosi post-it. Gli spettatori sono invitati a scrivere e condividere qualcosa che non devono dimenticare. Verranno poi incollati, creando così una discussione divertente e assurda che si intreccia con il filo conduttore dello spettacolo», anticipa il regista, senza svelare troppo.

La sfida: giocare con la memoria

Il punto centrale dello spettacolo risiede nel coinvolgimento attivo del pubblico, che, quasi senza rendersene conto, viene elevato al ruolo di coautore della narrazione. Più che semplici spettatori, si trasformano in ingranaggi di una macchina narrativa più grande che li ingloba, lasciandoli sospesi tra realtà e memoria. «La nostra sfida è riuscire a giocare con la memoria del pubblico – condivide Blanchut –, fargli vedere qualcosa, fargliela dimenticare e riportarlo nel momento presente». La cifra stilistica di Poetic Punkers, che tra i tanti nomi ha collaborato anche con la compagnia Abbondanza/Bertoni, alterna dramma e comicità con disinvoltura. Ma dietro questa apparente leggerezza si cela un lavoro meticoloso. Come sottolinea il coautore, «un momento cruciale della coreografia, ad esempio, è eseguito interamente in ginocchio. È un lavoro tecnico complesso che però deve apparire leggero e onirico, come se i personaggi stessero fluttuando».

Nonostante il tema potenzialmente drammatico di una mente che ciclicamente si svuota, lo spettacolo evita di affondare nei toni pesanti. La stravaganza, spinta al limite, diventa paradossalmente liberatoria. E in questo vortice di ricordi persi, il teatro sembra essere ancora una volta uno dei pochi posti dove il pubblico può provare a galleggiare tra sogno e realtà, tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere, senza la necessità di trovare risposte.

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