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Il ‘Mein Kampf’ a teatro, per conoscere l’orrore

Stefano Massini è in scena a Milano con un monologo incentrato sul celebre, e a lungo proibito, libro di Adolf Hitler

Una grande prova d’attore
(Masiar Pasquali)
9 ottobre 2024
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Nel 1924 Adolf Hitler dava alle stampe la prima parte, quella autobiografica, di ‘Mein Kampf’, libro che dopo il 1945 il mondo occidentale non ha più letto, perché proibito fino al 2016, quando, scaduti i diritti, la Germania ne ha permesso la ripubblicazione. Oggi solo in Austria, Israele e Cina rimane un libro proibito. Sostiene però Stefano Massini che l’interdizione nasce dalla paura, paura che quelle parole stampate possano ancora oggi fare impressione perché, come sosteneva Freud, parlano alla parte più antica e istintiva di noi. La necessità di conoscerle (“un percorso di conoscenza dell’orrore”) nasce dal bisogno di saperle ri-conoscere per impedire il ripetersi della Storia.

Si vuole entrare nella testa e nel mondo del giovane Hitler per capire come sia riuscito a incantare e soggiogare la Germania, perciò in un complesso e assai ben articolato monologo di un’ora e venti – che si beve d’un fiato, senza intervallo – attraversiamo la vicenda del diciannovenne della provincia austriaca che, nel primo decennio del Novecento, rifiuta la mediocrità, la vita grigia con la testa china (“non voglio diventare un impiegato” ripete ossessivamente a se stesso) e tenta dapprima la via dell’arte a Vienna che lo relega a pittore di strada. È la strada la sua scuola, perché proprio lì comincia a osservare l’umanità che lo circonda, vede e disprezza la massa di lavoratori condannati allo sfruttamento e incapaci di reagire. Disprezza il cristianesimo e il marxismo, disprezza anche la falsa borghesia priva di ideali ma capisce di non poter fare a meno di quell’appoggio per realizzare il proprio futuro. Capisce di dover individuare un nemico comune, che porti tutte le classi sociali sotto un medesimo ombrello, e il nemico è lì, ‘in casa’, vestito col pastrano e il cappello nero, il nemico dal nome diverso – Moses, David, Elias, Jacobi, Cohen, Goldmann, Bernstein, Horowitz… – che diventerà il bersaglio comune, la vittima designata, il responsabile di tutti i mali.

Il potente mezzo dell’antisemitismo

Hitler è a Monaco e già da tempo si chiede “da dove si inizia, per cambiare la Storia?” mentre legge in biblioteca la storia della razza ariana. L’antisemitismo sarà un mezzo potente per realizzare il suo progetto politico che lentamente prende forma. L’esperienza della guerra (“totale e inebriante”) lo esalta e con la resa della Germania prepara il terreno per la sua ideologia lucidamente delirante. Nel dopoguerra Hitler affianca all’attività di pittore quella di spia per la Polizia militare tedesca. Ed è spiando riunioni di studenti e operai in un Paese economicamente in ginocchio che il trentenne austriaco prende la parola sapendo che ne servono pochissime, di parole, sempre uguali, sempre ripetute, elementari, ossessive, per far innamorare di lui i lavoratori tedeschi. Comincia così la sua ascesa nei ranghi dell’estrema destra, che nel 1924 segna una battuta d’arresto con la carcerazione a seguito del tentato colpo di Stato del 9 novembre 1923.

In cella detta l’autobiografia al compagno di prigionia poi suo segretario, Rudolf Hess, appunto quel ‘Mein Kampf’ che oggi torna alla ribalta. Non è la prima volta che Massini tratta temi legati alla Shoah: lo fece in uno dei suoi primi spettacoli di successo, ‘Processo a Dio’, lo ha fatto di recente con un lavoro meno riuscito, ‘Eichmann’. Qui dispiega in pieno e con passione la sua capacità di scrittore e drammaturgo attraverso un testo essenziale ed efficace, che nasce da un lavoro di ricerca e innesto di discorsi di Hitler, accompagnato dalla scena di Paolo Di Benedetto, di semplicità geometrica ed elegante, e dal magnifico ambiente sonoro messo a punto da Andrea Baggio, che mescola il preludio dell’Oro del Reno con suoni disturbanti. Ma soprattutto la sfida di Massini riguarda la sua interpretazione, perché fino a oggi il drammaturgo, unico vincitore italiano del Tony Award, è stato soprattutto un comunicatore e un intrattenitore, e qui gli si chiede una grande prova d’attore. Stefano Massini la supera senza esitazioni. Questo testo se l’è cucito sulla pelle in anni di elaborazione, riflessione e studio. Il pubblico ne è rimasto quasi sorpreso, in soggezione e in raccoglimento, con lunghi applausi senza parole. Si replica al Teatro Strehler fino al 27 ottobre.

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