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Pamela Anderson, l’ultima showgirl

L'attrice, che ha ritirato l'Occhio d'oro per la carriera al festival di Zurigo, ha presentato il suo film diretto da Gia Coppola

(keystone)
6 ottobre 2024
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Né la sceneggiatura né la regia appaiono del tutto convincenti in ‘The Last Showgirl’, il film del 2024 di Gia Coppola presentato allo Zurich Film Festival dopo la prima di inizio settembre al Toronto International Film Festival.

La storia è incentrata su Shelly, ballerina attempata interpretata da Pamela Anderson, che vive in modo drammatico i quindici giorni antecedenti la chiusura definitiva di Razzle Dazzle, lo show di Las Vegas nel quale ha ballato per trent’anni. Il film si apre con Shelly che a un provino mente sulla sua età, scena che verrà ripetuta e completata alla fine della pellicola, consentendo finalmente, per la prima volta (attenzione: spoiler), di capire il vero motivo per cui Shelly non ha alcuna chance di trovare un altro ingaggio, ovvero per la sua mancanza di talento. Era bella e sexy e ora non lo è più, quindi è diventata inutile. È questo il vero (unico) messaggio interessante che il film trasmette: ciò che Shelly considerava arte, e per la quale ha sacrificato amore, altre eventuali carriere e maternità, non era altro che spazzatura, come le fa notare la figlia ormai adulta che, su sua insistenza, va a vedere lo show e resta allibita dal fatto che la madre l’abbia abbandonata per un banale balletto incentrato più che altro sulla nudità. Quella di Shelly è però una presa di coscienza pirandelliana solo parziale, vista la sua insistenza nell’affermare “che non ha rimpianti”.

Per il resto la storia non ha nulla di nuovo né di originale da mostrare. Certo, in essa si denuncia la condizione delle donne dello show business, che vengono sfruttate e alle quali una volta invecchiate non rimane nulla, nemmeno un po’ di soldi da parte o una pensione, come più volte nel film viene ripetuto. Mancano però il percorso, la sovrapposizione di livelli e la profondità che sarebbero stati necessari per creare maggiore coinvolgimento.

È solo l’inizio

Pamela Anderson, benché da alcuni criticata per la sua recitazione sottotono, rende giustizia al personaggio trasmettendoci dolore e ingenua incredulità per la disgregazione dell’unico mondo che ha mai voluto e conosciuto. Certo, accanto a Jamie Lee Curtis nel suo ruolo minore di cameriera del casinò sfatta e caricaturale, forse un pochino sfigura, ma resta comunque credibile e godibile.

Alla fine della proiezione il pubblico ha potuto ascoltare e applaudire Gia Coppola (nipote di zia Sofia e di nonno Francis Ford) e Pamela Anderson presenti sul palco, mentre raccontavano affiatate che le riprese sono durate solo diciotto giorni e che la prima volta che si sono parlate al telefono hanno entrambe tentato di “vendersi” al meglio, cosa di cui non avrebbero avuto affatto bisogno, visto che a quel punto tra loro era già scoccata la scintilla.

Anderson, premiata al Festival di Zurigo con l’Occhio d’oro per la carriera, ha dichiarato che questo per lei “è solo l’inizio”. Ci auguriamo che la prossima volta regia e sceneggiatura risultino più articolate e solide a siano in grado di trasformare le buone intenzioni in ottimo cinema.

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