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La regina dei salotti milanesi

Al Teatro alla Scala ‘L’Orontea’ di Cesti diretta da Robert Carsen, fino al 5 ottobre nella Milano di oggi (che è anche l'ambientazione dell'opera)

Benvenuti alla Galleria Orontea
(Vito Lo Russo)
29 settembre 2024
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Da alcuni anni il Teatro alla Scala persegue un interessante progetto di recupero di melodrammi italiani poco noti di epoca barocca, così è stato con ‘La Calisto’ di Francesco Cavalli e ‘Le zite ’ngalera’ di Leonardo Vinci. In questa stagione va in scena ‘L’Orontea’ di Antonio Cesti, su libretto di Giacinto Andrea Cicognini e Giovanni Filippo Apolloni, rappresentata per la prima volta nel Teatro di Sala di Innsbruck nel 1656 e ripresa almeno 17 volte nel corso del secolo in diverse città – in teatri di corte, ma anche in teatri pubblici – con gli opportuni cambiamenti a seconda delle destinazioni. In breve un grande successo di allora. Poi l’oblio. Tuttavia non si tratta del primo ripescaggio in epoca contemporanea, poiché già fu allestita nel 1953 dall’Accademia Chigiana di Siena e poi nel 1961 alla Piccola Scala sotto la direzione di Bruno Bartoletti, protagonista Teresa Berganza.

Potere di seduzione

Vediamo se il ‘dramma musicale’, come indica il riuscito libretto cui si deve in gran parte il successo dell’opera, è ancora in grado di sedurre gli spettatori di oggi. Gli ingredienti per uno spettacolo godibile ci sono: c’è la regina di un fantasioso Egitto, Orontea, che non vuole innamorarsi e che si invaghisce al primo sguardo di un giovane pittore di belle speranze, Alidoro; c’è l’immancabile servo ubriacone; c’è Giacinta che, shakespearianamente – ma qui il riferimento è alla Commedia dell’Arte – in abiti maschili, fa innamorare di sé l’anziana madre di Alidoro, Aristea; c’è la rivale di Orontea, Silandra, che al pittore piace parecchio, tanto da non riuscire a decidersi tra le due donne; c’è il topos della lettera d’amore; c’è il lamento dell’incostanza femminile; c’è il finale con il riconoscimento delle nobili origini del pittore, che permette le nozze principesche. I doverosi tagli riguardano l’intero prologo (un dialogo tra Amore e Filosofia), ingrediente necessario all’epoca negli spettacoli destinati a un pubblico di corte, e qualche strofa da arie dei protagonisti o lungaggini nei recitativi. Chi conosce questo genere di intrattenimento sa bene che al tempo il rito del teatro aveva caratteristiche diverse da quelle odierne e le lungaggini permettevano al nobile pubblico non pagante di divagarsi nei propri palchi con prelibatezze culinarie e altre amenità. Per molto tempo è sembrato quasi impossibile riproporre il fastoso melodramma del pieno Seicento, ricco di marchingegni teatrali che rendevano possibili voli di divinità, battaglie in scena, mostri marini in lieta danza, inferni fiammeggianti. ‘L’Orontea’ però non brulica di orpelli e di sfarzo barocco, ha un andamento da commedia sentimentale leggera, che suggerisce un allestimento essenziale. Oggi è possibile metterla in scena attualizzandola e, se lo fa un regista di lunga e illuminata esperienza come Robert Carsen, ci sono speranze che l’obiettivo venga raggiunto.

Nelle strade di Brera

Carsen trasferisce la vicenda nella Milano di oggi, quella appena fuori della Scala nelle strade di Brera, dove Orontea è la manager di una galleria d’arte contemporanea che porta il suo nome e che non può non attirare un artista ambizioso come Alidoro. La bella scena girevole di Gideon Davey ci porta in ambienti suggestivi, come gli spazi bianchi della galleria con balconata, sulle cui pareti appaiono grandi dipinti astratti sui toni del rosso, e lo spettacolare studio-salotto di Orontea che affaccia sul panorama dei grattacieli milanesi. Sul podio, a dirigere l’orchestra della Scala su strumenti storici, c’è un esperto del genere, Giovanni Antonini, che oltre a dispiegare la sua naturale passione e competenza, adatta l’organico alle dimensioni del teatro, arricchendo il basso continuo con liuti, tiorbe, due clavicembali e altri strumenti d’epoca. Il cast è convincente nel suo insieme, con il mezzosoprano Stéphanie D’Oustrac nel ruolo della protagonista e il controtenore Carlo Vistoli in quello di Alidoro, affiancati dalla seducente coppia composta dal soprano Francesca Pia Vitale nel ruolo di Silandra e il controtenore Hugh Cutting che disegna un tenero Corindo, senza dimenticare il basso Luca Tittoto nei panni del servo Gelone. ‘L’Orontea’, in scena fino al 5 ottobre, è per gli amanti del genere, ma anche per novizi curiosi e ben disposti.


Vito Lo Russo
Dalla prova generale


Vito Lo Russo
Da sinistra, Alidoro, Silandra e Orontea