Due medici, l'assistente personale dell'attore e altre due persone incriminate per aver fornito dosi crescenti del farmaco pur consci del pericolo
Nei giorni prima di morire Matthew Perry chiedeva dosi sempre più alte e frequenti di ketamina. "Sparamene una grossa", avrebbe detto l'attore poche ore prima di morire al suo assistente, Kenneth Iwamasa, incriminato assieme ad altri quattro – due sono medici – per aver messo in piedi "una vasta rete clandestina", che procurasse il potente anestetico dopo che i tentativi del divo di ottenere il farmaco legalmente erano falliti.
I medici, negli ultimi mesi della vita dell'amatissimo Chandler di "Friends", approfittavano del suo passato da tossicodipendente per spillargli decine di migliaia di dollari in cambio di dosi crescenti del farmaco in livelli che sapevano essere pericolosi, ha detto il procuratore federale, Martin Estrada, annunciando le incriminazioni: "Sapevano che sbagliavano, sapevano che mettevano in pericolo la vita di Perry, ma lo hanno fatto egualmente". Si legge infatti nei documenti legali che varie volte negli ultimi mesi il 54enne attore fu vittima di pesanti effetti collaterali a causa della medicina: una volta l'assistente lo trovò in casa privo di sensi, un'altra, dopo una grossa dose, era rimasto come paralizzato, incapace di parlare o di muoversi.
I documenti rivelano anche che Matthew, quella fatale mattina del 28 ottobre, aveva chiesto a Iwamasa una prima iniezione. Quattro ore dopo, mentre guardava un film nella sua casa di Los Angeles, l'attore ne aveva ordinata un'altra e poi una terza, dopo appena altri quaranta minuti: "Sparamene una grossa", avrebbe detto. L'assistente era poi uscito per fare qualche commissione: al ritorno aveva trovato il divo riverso nell'acqua della jacuzzi, ormai privo di vita.
"Mi chiedo quanto sarà disposto a pagare quel fesso. Scopriamolo", aveva lasciato scritto uno dei medici-sanguisuga. La ketamina, un potente anestetico con proprietà psichedeliche, è diventata popolare negli ultimi anni fuori dalle sale operatorie come terapia contro la depressione, l'ansia e il dolore cronico. Il farmaco non è approvato dalla Fda per questi usi, ma i medici possono prescriverlo liberamente per i cosiddetti "scopi off label", che vanno cioè oltre quelli specificati nel foglietto delle istruzioni. Con Iwamasa sono stai incriminati il medico Salvador Plasencia, che portava le fiale del farmaco a casa di Perry. Ad assicurare il canale delle forniture sarebbe stata invece Jasveen Shagha, la cosiddetta "Ketamine Queen" di North Hollywood, in complicità con un altro medico, Mark Chavez, e l'intermediario Eric Fleming.
"Queste star – ha detto alla Fox l'ex procuratore federale Neama Rahmani – sono circondate da sanguisughe. Hanno tonnellate di soldi e c'è gente che se ne approfitta e guadagna su di loro succhiandogli il denaro".
Iwamasa, che non aveva qualifiche o la licenza per fare le iniezioni, ne avrebbe fatte ben 18 a Perry nei tre giorni tra il 25 e il 27 ottobre, più le altre tre il 28, il giorno della morte. L'assistente ha patteggiato con la magistratura. La Shagha, se condannata per tutti i capi di accusa, rischia invece una pena tra i 10 anni e l'ergastolo: andrà a processo essendosi proclamata innocente come anche Plasencia che potrebbe a sua volta finire in carcere per decenni.