laR+ Il ricordo

Pino D’Angiò e il tormentone colto

‘Ma quale idea’, brano con il quale è identificato, era tornato d’attualità in versione sanremese. Storia di un sottovalutato ‘sbruffone da discoteca’

1952-2024
7 luglio 2024
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Originario di Pompei, era nato Giuseppe Chierchia 71 anni fa, ma con il nome d’arte di Pino D’Angiò aveva cantato ‘Ma quale idea’, quello che viene considerato il primo rap italiano, canzone del 1980 rimasta al vertice della hit parade spagnola, l’anno seguente, per ben 14 settimane. Anche attore, doppiatore e produttore musicale, D’Angiò è morto sabato scorso, “colpito da un grave malore che lo ha portato via nel giro di una settimana”, fa sapere la famiglia. “Ha resistito tanto, come ha sempre fatto”. Proprio in tempi recenti, ‘Ma quale idea’ era tornata d’attualità grazie al remix dei Bnkr44, collettivo musicale empolese che nella serata delle cover dell’ultimo Sanremo la volle riproporre – in una versione riuscita e ‘genuina’ – insieme al suo autore, sul palco dell’Ariston con la voce che da calda era diventata sempre più roca per via dei suoi guai fisici. Non solo in quell’occasione infatti, Pino D’Angiò aveva parlato delle numerose malattie cui aveva dovuto far fronte, gravi malanni che hanno incluso un tumore alla gola, un infarto con arresto cardiaco e un secondo tumore, questa volta ai polmoni.

Rap, funk, jazz

Cantata con postura da tombeur de femme, guardo sornione e sigaretta in mano – ma la definizione più corretta è quella data da chi la canta, “Sbruffone da discoteca” –, ‘Ma quale idea’ è una fusione di rap e funk il cui arrangiamento si deve a un jazzista, Enrico Intra, segno che dietro molti tormentoni ci sono spesso ‘menti raffinatissime’, che sono poi il motivo per il quale il tormentone – in questo caso pubblicato in trenta paesi, oltre 12 milioni di copie vendute, 2 e mezzo in Italia – può dirsi tale. Sempre intenzionato a non prendersi mai sul serio, D’Angiò era tornato l’anno successivo, sempre sigaretta in mano, con ‘Un concerto da strapazzo’, rock and roll con falsetto nel quale sogna di fare un concerto “con tutti quelli forti”, per vantarsi con gli amici della loro amicizia. Un concerto con “Vecchioni che suona la marimba”, “Lucio Battisti con un sax soprano”, Bennato che “pizzica il violino”, “Bongusto con un arpa birmana”, “De Gregori con la cornamusa” e “Jannacci con un clacson”. Insomma, “una roba culturale niente male” da poter dire ai Pink Floyd “No, falli aspettare”, e ai Bee Gees ”non li mettiamo”. Tra gli invitati al concerto da strapazzo anche Intra e Mina, insieme alla Vanoni “voce del destino”. Per Mina, ambientata in un supermercato, nel 1987 D’Angiò avrebbe poi scritto ‘Ma chi è quello lì’, canzone al femminile dai contenuti non meno ironici.

Cofondatore della Nazionale Cantanti, unico italiano ad aggiudicarsi il Rhythm & Soul Music Award, nel 1990, firmando con il vero cognome, D’Angiò pubblica insieme a Bruno Serchioni quello che viene definito il prototipo della trance music, ‘The Age of Love’, ripresa da Paul van Dyk e in un’altra settantina di versioni, per un’altra ventina di milioni di copie vendute. Ma c’è anche un D’Angiò cinematografico – che ne ‘Il camorrista’ di Giuseppe Tornatore, sempre fumando, recita il ruolo di Massimo Verzella, l’oppositore di Raffaele Cutolo – e un D’Angiò doppiatore, invitato da Oreste Lionello a doppiare personaggi di alcuni film di Woody Allen. Negli ultimi anni, prima della sanremese ‘Ma quale idea’, ripubblicata come ‘Ma che idea’, D’Angiò si era speso in collaborazioni e featuring, tornando attualissimo con un altro dei suoi successi funk, ‘Okay Okay’ (1981), canzone ufficiale dei Black Friday 2022 di Amazon.

Quando morì la prima volta

Titoliamo così quest’ultima sezione, certi che l’autoironia del D’Angiò ce l’avrebbe concesso. Nel 1989, non proprio nel momento di massima popolarità, il cantante accetta l’invito insistente dell’allora patron del Festival di Sanremo a partecipare alla 39esima edizione, passata alla storia anche per la conduzione dei ‘figli di’ – Celentano (Rosita), Tognazzi (Gianmarco), Dominguín (Paola) e Quinn (Danny). Ma nei Big non c’è posto e il patron convince il cantante e la relativa etichetta a gareggiare nei giovani, “tanto sei così famoso che andrai in finale lo stesso”, gli viene detto. “Prima di cantare, il mio discografico dell’epoca – raccontava D’Angiò a SuperGuida Tv nel marzo scorso – fa l’errore di dirmi che sarei stato eliminato”. Si dice che debba passare l’artista della tal multinazionale, quella che avrebbe assicurato gli ospiti stranieri al Palarock, un distaccamento del Festival. L’artista della multinazionale, in finale prima ancora di esibirsi. D’Angiò vorrebbe ritirarsi ma è troppo tardi, anche per produrre un certificato medico, e il ritiro causerebbe un danno d’immagine alla sua, di etichetta. “Chiamai mia madre al telefono da una portineria, e temendo di essere ascoltato le dissi un paio di volte: ‘Qualsiasi cosa vedrai in tv, sappi che non è vera”.

Manca una settimana al Festival e sul primo canale va in onda ‘Aspettando Sanremo’, evento collaterale dedicato agli ‘Emergenti’, perfetti sconosciuti o artisti con almeno uno o due album pubblicati, ma ritenuti non pienamente affermati; Pino D’Angiò viene introdotto alla platea del Teatro del Casinò con il suo più grande successo, ‘Ma quale idea’: a metà ritornello, il cantante sviene in diretta davanti a milioni di telespettatori. O meglio, finge di svenire in diretta davanti a milioni di telespettatori. “Il bello è che il giorno dopo il patron è venuto da me col fotografo dell’Ansa. Voleva la fotografia al mio capezzale…”.

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