laR+ sulla croisette

Vibrante giornata di cinema a Cannes

Ultimi film del Concorso per il festival, con 'Grand Tour’ di Miguel Gomes e ‘Motel Destino’, thriller sensuale di Karim Aïnouz

Miguel Gomes
(keystone)
24 maggio 2024
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Si discute molto lungo la Croisette di quale sarà il palmarès di questo 77° Festival di Cannes, perché non si sa cosa aspettarsi dalla presidente di giuria – la regista, sceneggiatrice e attrice Greta Gerwig –, alla quale toccherà guidare gli altri giurati ognuno con la propria cultura e visione cinematografica, oltre al pensiero di promuovere il cinema nel proprio Paese. I premi del cinema nascono da pareri, dal “mi piace” e troppe volte, si sa, nascono da compromessi. E molte volte i favoriti della vigilia restano delusi. Speriamo non accada per ‘Emilia Perez’ di Jacques Audiard e ‘Caught By The Tides’ di Jia Zhang-Ke, dati in questo momento pronti alla Palma, anche se ogni piano può essere scardinato da un premio politico, in questo caso anti-iraniano, con una Palma a ‘The Seed Of The Sacred Fig’ del dissidente Mohammad Rasoulof, che passerà come ultimo film in Concorso stasera.

Intanto in competizione abbiamo visto due film che potrebbero candidarsi per qualche premio: ‘Grand Tour’ di Miguel Gomes e ‘Motel Destino’, thriller sensuale di Karim Aïnouz. In entrambi si parla in portoghese, Gomes è nato a Lisbona, Aïnouz a Fortaleza (Brasile).

Un viaggio di corpi e menti

‘Grand Tour’ è il risultato di un processo creativo radicato nel momento presente per il quale questo regista dallo spirito libero è diventato famoso. È un film di viaggio di corpi e menti, è un film di incontri con le culture del continente asiatico, è un film romantico con un uomo che fugge dalla fidanzata che vuole sposarlo e lei che inseguendolo, come un’eroina ottocentesca, muore nel cammino prima di trovarlo. È un film sull’oggi, sull’umanità che cerca di vivere in questo pianeta, è un film sulle origini del teatro, con burattini, marionette, ombre cinesi e maschere e travestimenti, sogni che il regista mostra a colori, mentre il resto del film è in caldo e sensuale bianco e nero. È un film straordinario, un gioco sul cinema, sulla narrazione, sul comprendere il dire e il vedere. Un film di viaggi e di dense pause, un film colmo di musiche di ogni Paese di quel continente, che non è fatto da nemici, ma da uomini e donne capaci di ridere e soffrire, capaci di guardare il cielo curiosi di contare le nuvole. Edward (un impagabile e grandioso Gonçalo Waddington), nei suoi viaggi improvvisi arriva a Singapore e scende al mitico hotel Raffles per un Singapore Sling, cocktail inventato qui nel 1915 dal barman Ngiam Tong Boon; tra incredibili paesaggi di una natura rigogliosa, tra preghiere di monaci e mercati esplosivi, templi e statue, non mancano questi riferimenti particolari, che lasciano allo spettatore attento la voglia di trovarli. Una nota merita anche la bravissima Crista Alfaiate, nella parte della fidanzata Molly dà lezione di recitazione. Applausi meritati.

Amore folle ed estremo

Applausi anche per ‘Motel Destino’ di Karim Aïnouz, un colorato e violento film d’amore folle ed estremo. Un film sul potere, sulla prevaricazione, sulla morte, sulla voglia di trovare una strada per vivere lavorando; non importa altro: magari il pensiero che domani ci si può rincontrare e forse costruire qualcosa insieme, quando i colori scintillanti perdono un po’ di luminosità. La sceneggiatura può essere aggiunta a uno degli otto adattamenti, anche non ufficiali, di ‘The Postman Always Rings Twice’ di James McCain – la storia del meccanico sexy, del marito fannullone e della femme fatale. Qui tutto si svolge dentro e intorno al ‘Motel Destino’ del titolo, dove ogni notte hanno luogo nell’ombra pericolosi giochi di desiderio, potere e violenza. Qui, siamo a Ceará, costa nord-orientale del Brasile, 30 gradi tutto l’anno, una notte arriva il giovane Heraldo e le tacite regole del motel saltano, portando all’esplosione dei sensi erotici e tragici di tutti i corpi, è lui il “meccanico” di McCain. I monocromi luminosi al neon che disegnano e segnano il film sono opera di Hélène Louvart, già collaboratrice del regista. Bravi e intensi tutti i protagonisti e particolare è il loro impegno di recitazione teatrale che dà all’insieme un senso di crudeltà e disperazione più accentuato.

Intanto, alla Quinzaine…

… abbiamo visto un’opera prima molto interessante: ‘Gazer’ di Ryan J. Sloan, che prima di questo film si manteneva come elettricista e che ha girato questa pellicola in 16 mm riuscendo così a dare all’opera immagini di altra caratura e forza, regalando al suo thriller un peso più vivido e vero. Il film racconta la storia di una giovane donna colpita da una rara malattia mentale, una degenerazione del cervello che la porta a confondere la realtà. Suo marito è morto suicida, ma ancora si sospetta di lei, che non può ricordare; ha una figlia, una bambina affidata alla nonna per tenerla lontana da lei. Lei è una splendida Ariella Mastroianni, nessuna parentela con Marcello. Il film emoziona e affascina; il finale è strepitoso.

Sempre alla Quinzaine si è visto il crudo e importante ‘To a Land Unknown’ di Mahdi Fleifel, un film ambientato ad Atene dove folle di migranti si trovano bloccate nell’inutile attesa di entrare in quell’Europa che è Germania e Italia; tra loro incontriamo Chatila (un bravissimo Mahmood Bakri) e il suo stretto amico Reda (Aram Sabbagh), sono palestinesi che arrivano da campi di rifugio nel Libano. Chatila ha lasciato la giovane madre e il figlio appena nato per andare in Germania. Per vivere, per sopravvivere e trovare i soldi per un viaggio in aereo con documenti falsi, rubano e Reda va a far sesso con vecchi omosessuali ateniesi: hanno perso la loro dignità, per recuperarla hanno bisogno di arrivare in Germania e trovare un lavoro… Il film si apre con una citazione del celebre studioso palestinese Edward Said: “In un certo senso, è una sorta di destino dei palestinesi non finire dove sono partiti, ma in un posto inaspettato e lontano”. Queste parole, oggi, durante l’orribile conflitto a Gaza, hanno un ulteriore, disperato valore, poiché un’altra generazione è costretta a cercare lo sfollamento come unica alternativa alla morte violenta. E la domanda che sorge spontanea è: qual è il proprio posto dopo essere stati cacciati dalla propria patria? Un film che emoziona e costringe a pensare dolorosamente.