Pubblico diviso dal film del grande cineasta. Proprio come, anni fa e sempre a Cannes, divise ‘Apocalypse Now’
Francis Ford Coppola torna a Cannes con un film, ‘Megalopolis’, che subito ha fatto discutere e ha diviso il pubblico: chi lo ha trovato sconcertantemente superficiale e chi sbalorditivamente ambizioso. A noi è venuto in mente quando Coppola, era il 1979, proprio qui a Cannes aveva presentato quel magico e monumentale dramma bellico di ‘Apocalypse Now’: come si racconta di ‘Megalopolis’, anche ‘Apocalypse Now’ aveva avuto un processo di produzione travagliato e suscitò critiche appassionate e polarizzate alla sua prima, sulla Croisette. Prima di assurgere al successo – e di segnare la carriera del regista.
Il pubblico ha regalato a Coppola e a ‘Megalopolis’ sette minuti di standing ovation, ma alla proiezione stampa le reazioni sono state contrastanti. Che cosa accomuna ‘Megalopolis’ con ‘Apocalypse Now’, al di là della faticosa gestazione e produzione – sono quarant’anni che Coppola inseguiva questo progetto – c’è innanzitutto un rispetto idolatrante verso la magia del cinema, e in epoche diverse i due film diventano per il regista il manifesto, trascendentemente sincero, sul ruolo di un artista alla fine di un’epoca. In quel fatidico 1979, un anno di transizione per gli equilibri geopolitici del mondo intero, i suoi personaggi trascinati alla deriva dell’eroismo chiudevano i portoni dell’illusione ottocentesca che aveva fruttato due guerre mondiali, la Spagna, la Corea, il Vietnam… Oggi il sogno del superuomo si infanga nella poesia di Shakespeare – ed è un vero colpo di genio quello del far recitare a Adam Driver il “To be or not to be” –, c’è Ovidio e i protagonisti si chiamano Caesar Catilina e Cicero, come se non si potesse mai fare senza a quell’immensità, oggi dimenticata, che sono la cultura latina e quella greca, ed è quello che il film canta fra altre trame immaginifiche che farebbero sorridere Jodorowsky.
Ecco, Coppola vede la diserzione alla cultura del nostro tempo, e di questa tragedia ne diventa l’aedo. E che il film già sia entrato nel mito è quanto accaduto a una proiezione stampa di Cannes, dove, secondo il New York Times, il film ha preso una piega metaforica quando un uomo in sala ha iniziato a fare domande al personaggio di Driver (Caesar Catilina), che ha risposto sullo schermo. Un abbaglio, una follia, certo, talvolta, i personaggi del film rispondono a quanto dentro ognuno si sente provocato a domandare.
Applausi emozionati e meritati per ‘Bird’ di Andrea Arnold. Lei è l’erede di Ken Loach, una regista impegnata a dare voce agli emarginati della società, e proprio in questo film dipinge un vibrante ritratto di una dodicenne della classe operaia inglese. Offrendo all’esordiente giovane attrice Nykiya Adams la possibilità di mettere in ombra, per la sua bravura, tante attrici affermate presenti qui a Cannes.