In sala dal 25 aprile ‘Blackbird Blackbird Blackberry’ di Elene Naveriani, coproduzione svizzero-georgiana fresca vincitrice del Quartz
Etero, la protagonista di ‘Blackbird Blackbird Blackberry’, è un personaggio complesso e sfuggente. Ha un passato di abusi psicologici e maltrattamenti, ma non è una vittima, almeno non come siamo abituati a vederle al cinema: cresciuta, orfana di madre, servendo in casa un padre e un fratello autoritari che le hanno impedito di frequentare ragazzi, ne è uscita forte e indipendente, gestendo il suo piccolo negozio nella campagna georgiana. Le sue amiche, tutte mogli e madri ormai di figli adolescenti, la compatiscono e occasionalmente la scherniscono, ma lei non mette in dubbio il suo stile di vita e non sente come un peso gli anni che passano. Quando, a ormai 48 anni e libera dalle presenze ingombranti di padre e fratello da poco morti, ha il suo primo incontro sessuale con il fattorino Murman, si abbandona alla passione ma mantiene il controllo della propria vita.
Si comprende perché la cineasta georgiana – ma da diversi anni vive in Svizzera – Elene Naveriani si sia innamorata di Etero e della sua vita “semplice ma ferocemente indipendente”, come scrive nelle note di regia. Naveriani, già autrice di ‘Wet Sand’, premiato al Festival di Locarno nel 2021, ha quindi voluto portare su schermo l’omonimo romanzo della scrittrice e attivista femminista Tamta Melashvili con questa coproduzione svizzero-georgiana fresca vincitrice del Quartz quale miglior film svizzero. “Etero è una femminista istintiva, grazie ad anni di esperienza che le hanno dato un forte intuito su come comportarsi per essere indipendente” si legge sempre nelle note di regia, ed è una chiave di lettura interessante per entrare in un film a tratti difficile da seguire. Un po’ è il disorientamento: ‘Blackbird Blackbird Blackberry’ (letteralmente ‘Merlo merlo mirtillo’, due elementi che ricorrono nel film), porta infatti il pubblico – o almeno il pubblico occidentale – in un ambiente insolito e lontano, nel quale all’inizio è difficile riconoscersi e immedesimarsi. Tuttavia, una volta superato il disorientamento legato alle tante “stranezze”, incluso l’alfabeto mkhedruli in uso in Georgia, e alla algida recitazione della (bravissima) Eka Chavleishvili, non si può che provare rispetto e ammirazione per Etero e per come affronta le pressioni sociali. Elene Naveriani si conferma una brava regista, peccato per qualche eccesso di manierismo che appesantisce un po’ il film.