Al primo capitolo di ‘The Harp’ seguirà presto il secondo. Aspettando la costruzione di un nuovo strumento, dal vivo il 3 febbraio al Sociale
In previsione del concerto che la porterà sul palco del Teatro Sociale di Bellinzona sabato 3 febbraio alle 20.45 (biglietti all’InfoPoint Bellinzona, su ticketcorner.ch e relativi punti vendita), abbiamo il piacere di scambiare qualche chiacchiera con l’arpista Kety Fusco. Lo scorso anno a marzo, l’artista toscana ma ticinese d’adozione ha pubblicato ‘The Harp’, la prima parte di una trilogia sonora (e di progettazione) in lavorazione e di cui potremo godere sotto il palco della capitale.
Kety Fusco: in questo momento, a inizio 2024, a che punto sei della tua avventura musicale?
In questo momento ho terminato il secondo capitolo di ‘The Harp’, formato da nove brani composti in questo anno e che sto attualmente mixando. I brani sono pronti per questo esperimento sulla mia idea di un nuovo strumento, che dovrebbe terminare con la costruzione di un’arpa ‘attuale’.
La tua esibizione dal vivo non andrà di pari passo con questo progetto, è corretto? A Bellinzona cosa presenterai?
In realtà, presenterò già due capitoli e mezzo di ‘The Harp’, quindi anche materiale dell’album nuovo accompagnato da alcuni visuals. Concettualmente, il capitolo 2 sarà un unione fra musica e immagine, con tutti i brani che saranno accompagnati da diversi video che andranno a toccare diversi temi come la crisi climatica, l’estinzione di parte del mondo animale, mischiando la musica ai messaggi, sperimentandone le forme. Ci sarà anche una parte dedicata alle donne, con una ballerina, Clelia Jenifer Mosca, che si esibirà su un mio brano. Presenteremo spunti che poi finiranno sul disco, ipotizzabili per la prima volta dal pubblico.
Parli del vostro spettacolo al plurale: oltre a Kety Fusco chi avremo in questo lavoro?
I miei visual artist Sharon Ritossa e Gabriele Ottino, che hanno lavorato all’immaginario, legando insieme a me l’album a macro-temi di attualità: la violenza sulle donne, il cambiamento climatico, come detto, la natura e il contesto urbano. Poi ci sarà Clelia, con la quale ci siamo conosciute da piccine al Conservatorio; lei ha poi intrapreso un percorso nella danza, sta a Londra e dopo anni siamo riuscite a creare una cosa insieme. Danzerà su due brani un insieme di contemporanea e hip-hop, e anche questo è un avvicinare l’arpa ad altri mondi.
Vedo con piacere che non hai perso il gusto di mischiare le cose e di proporre pratiche artistiche trasversali. In un contesto come il Sociale di Bellinzona che tipo di pubblico ti aspetti?
Penso di trovare un pubblico molto vario: persone che già mi seguono ma anche curiosi, un pubblico che magari non mi ha mai sentito dal vivo e ha solo sentito parlare di me, che viene per curiosità, il più eterogeneo possibile.
Cercando informazioni su di te sono finito sul sito del Lac, dov’eri incasellata nei campi ‘Musica’ e ‘Presente femminile’: quanto c’è di femminile nella tua musica? Quanto il genere può secondo te dare un’impronta all’espressione artistica? Credi che ascoltando la tua musica senza conoscerti vi sia una riconoscibilità femminile?
Così al ghiaccio penso di sì… come artista mi sono sempre trovata in una posizione piuttosto di vantaggio essendo donna, perché la nostra sfera artistica era per lo più composta da donne. Non ho mai sentito una differenza di genere, erano piuttosto gli uomini a essere bullizzati, inferiori e in minoranza nel nostro mondo, quindi mi sono sempre sentita forte e rappresentata come donna. Questo mi ha portato ad alzare la testa in un mondo che invece crea a una donna la difficoltà essere riconosciuta. L’essere donna è presente nella mia sensibilità, riesco a trasmetterla e credo di riuscire a rendere questa ‘lotta’ reale e utile a togliere questi stereotipi. Anche nel festival che curo, il Floating Notes, mi sembra importante che gli artisti in presenza siano equamente condivisi fra uomini e donne, quasi fosse una clausola principale e fondamentale.
Hai citato il Floating Notes Festival di San Bernardino, quindi la tua capacità e facoltà di selezionare artisti, locali e internazionali. Come ascoltatrice, a livello svizzero e ticinese, quali artisti dovremmo tenere d’occhio, nell’ottica che potrebbero essere i prossimi a salire su un palco come quello del Teatro Sociale?
In realtà sento che la scena musicale svizzera sia in grande ascesa, adesso sta prendendo molto piede anche in Ticino con artisti giovani, come ad esempio Ele A. Sono molto colpita da un’artista come lei, che sta portando avanti le sue cose con un’attitudine matura e forte. Mi aspetto di vedere una persona del genere su un palco così, anche facendo un genere differente, anzi, forse anche proprio per questo. Ele A è del posto e sta portando in alto il Ticino.
Hai già suonato al Teatro Sociale e bazzichi il territorio ticinese da un po’: cosa pensi del pubblico locale? Trovo a tratti che si sia più offerta che richiesta, con una dispersione di pubblico che godrebbe di una maggiore concentrazione con una programmazione più ragionata. Ad esempio: quanti dischi vende in Ticino Kety Fusco?
In realtà pochi, ne vendo molti di più all’estero in questo senso. Forse non ho moltissimo riscontro e mi rendo conto che il pubblico non sia troppo propenso ad aprirsi a generi e novità. Ci sono pubblici settoriali, che però si mischiano raramente.
Parlavo di questo con il violoncellista ticinese Nicola Raffaello Tallone, che sogna festival e contesti misti, dove magari poter vedere un concerto metal, uno di Ele A e uno di Kety Fusco: potrebbe essere una via?
Assolutamente sì, speriamo che cose del genere possano accadere e non solo nel mondo dei sogni…