I figli dell'attore scomparso nel 2004 a soli 52 anni lo raccontano in un documentario al Sundance Film Festival
“Papà non avrebbe voluto una sua celebrazione cronologica, ma qualcosa di vero e di autentico, ed è quanto abbiamo qui, una visione olistica di una vita straordinaria”. Lo ha detto William Reeve, il più giovane dei tre figli di Christopher Reeve, che hanno accompagnato al Sundance Film Festival il debutto mondiale del documentario sul padre, ‘Super/Man: The Christopher Reeve Story’, firmato da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui.
Il film non fiction, fonde e alterna nel racconto, fra pubblico e privato, il racconto delle due parti della vita del newyorchese Reeve (scomparso nel 2004 a soli 52 anni). Il suo percorso come attore, insieme anche ad amici fraterni come Robin Williams (erano stati compagni di stanza e di studi alla Juilliard School negli anni 70) fino a diventare una star globale come interprete cinematografico di Superman. Una realtà sconvolta dalla caduta da cavallo che nel 1995 ha reso Reeve paralizzato dal collo in giù e l'ha costretto a usare costantemente un respiratore artificiale. Un nuovo presente affrontato mettendo in primo piano insieme alla moglie Dana Reeve (scomparsa anche lei prematuramente, per un tumore, due anni dopo il marito) il suo impegno da attivista, anche creando una propria fondazione per i diritti dei disabili in ogni ambito quotidiano e l'accesso alle cure. Un viaggio arricchito nel film da filmati della famiglia Reeve mai visti prima e dal contributo, condividendo ricordi ed emozioni, dato dai tre figli dell'attore che oggi portano avanti il lavoro della fondazione.
“Christopher Reeve ha rappresentato una parte iconica della nostra cultura – hanno spiegato i due registi introducendo il film al Sundance – ma più conoscevamo la sua vita dopo l'incidente più emergeva la sua dimensione di straordinario essere umano anche per il suo lavoro con la fondazione. L'uomo è incredibile, il suo lavoro è incredibile, ma anche il futuro (legato a ciò che ha realizzato, ndr) è incredibile”. Negli anni “più volte ci sono arrivate proposte per realizzare un documentario o un film di fiction su nostro padre – spiega il maggiore dei tre figli, Matthew Reeve –. Quest'anno però ricorrono i 20 anni dalla sua scomparsa, e quando ci è arrivata la richiesta di Ian e Peter ci è sembrato il momento giusto per pensarci. Abbiamo visto il loro lavoro precedente e abbiamo deciso di accettare”.
Quello “che mi rende felice del film – sottolinea Alexandra Reeve – è che non si veda solo il personaggio pubblico, ma si esplori anche mio padre nella sua umanità. Le circostanze di quello che gli è successo sono uniche ma il racconto della sua vita è legato anche a temi universali, come il senso di essere genitori e di essere figli. Credo che alla fine emerga come l'unica cosa importante siano le relazioni fra esseri umani, un elemento che lui ha voluto portare anche interpretando il ruolo di Superman. Spero che del film rimanga il fatto che i veri eroi sono quelli che nella vita di tutti i giorni, di fronte a drammi simili, trovano la propria forza e si ritrovano l'un l'altro. È quello che è successo anche nella nostra famiglia”.