Un’autentica festa del villaggio, quasi una saga popolare: applausi (in attesa di programmi musicali più coraggiosi)
La Symphonie Espagnole per violino e orchestra (1874) di Edouard Lalo, la Sinfonia n. 4 (1841) di Robert Schumann, un viaggio da Lipsia a Parigi attraverso il Reno con il mito della Lorelei: un quarto di secolo di romanticismo in retromarcia riletto da due signore con comuni origini ucraine: la direttrice Giedrė Šlekytė e la violinista Alexandra Soumm assecondate da una splendida Orchestra della Svizzera italiana, un insieme di magnifici musicisti, che “fan tutt insemma un ghett, on sbragalismo, ch’el par che coppen el romanticismo”.
Mi pare pertinente il ricorso al meneghino di Carlo Porta per un concerto, che è sembrato un’autentica festa del villaggio, una saga popolare, salvando il dovuto rispetto all’eccellenza non solo dell’orchestra, ma anche della solista, che ha esibito una lettura di Lalo estroversa, capace di fortissimi quasi sgraziati come di pianissimi al limite del silenzio, della direttrice che con gesti ampi, quasi fuori misura, ma sempre pertinenti, ha convinto tanto l’orchestra quanto il pubblico.
Due interpreti correttamente figlie di questo secolo, quindi lontane dal sentire romantico, forse calate in una cultura trafitta dalla realtà che sempre meno è come appare, affascinate dall’abisso di quanto non conosciamo e ci resta da scoprire. Ma, quel che importa, capite da un pubblico raffinato, come ha dimostrato il lungo silenzio prima di sciogliere l’applauso osservato anche al termine della sinfonia di Schumann.
Un pubblico in grado di riproporre il problema della scelta di programmi meno convenzionali, di meno facile ascolto in omaggio al principio che fare cultura non significa crogiolarsi nelle cose già note, ma soprattutto affrontare situazioni nuove; e il programma dell’Osi di questa stagione non va certo in questa direzione.
Mi sembra insomma che al recensore tocchi il compito di esprimere con gli auguri di buone feste e di buoni propositi per l’anno nuovo anche la speranza di programmi musicali con un maggior coraggio del nuovo, anche a costo di salti nel buio al termine dei quali non sempre si cade in piedi.