La rassegna di musica contemporanea che parte il 17 ottobre è ‘vecchia’ come il luogo che la ospita. Ce la illustrano Alberto Barberis e Nadir Vassena
Il 17 ottobre partirà la nuova stagione per la rassegna Early Night Modern al Lac, curata dall’Associazione Oggimusica per sei appuntamenti sonori fino al primo di marzo. Le artiste e gli artisti coinvolti sono contenibili in quella grande scatola che è la musica contemporanea, insieme di suoni che aspetta soltanto di essere aperta e vissuta. Essendo difficile capire cosa succederà nelle sale luganesi, cerchiamo quindi, se non carpire qualche informazione, quantomeno di disegnare il mondo entro il quale questa rassegna è stata concepita e come entra nel tessuto luganese e cantonale. Lo facciamo tramite due membri dell’associazione, Alberto Barberis (AB) e Nadir Vassena (NV), che sapranno invitarci nel loro mondo sonoro.
Alberto, Nadir. Nei colloqui preliminari all’intervista mi avevate già accennato di come la rassegna di Early Night Modern abbia preso vita con la creazione del Lac stessa, quindi all’incirca sette anni fa. Come avvenne l’aggancio?
NV: Il Lac nasce come centro culturale, un luogo dove diverse forme di arte si incontrano e convivono. Oggimusica è la più antica associazione sul territorio della Svizzera italiana che si occupa di creazione musicale contemporanea. L’incontro è stato in qualche modo naturale, aiutato un poco forse dal fatto che conoscevo Etienne Raymond – direttore artistico di Lugano Musica che coproduce la stagione – già dagli anni in cui ero direttore artistico per il festival Tage für neue Musik della città di Zurigo dove lavorava. Si tratta di un matrimonio di interesse che fa felici entrambi i partner: la nostra proposta è inserita in cartellone di respiro internazionale, e Lugano Musica può offrire una programmazione contemporanea a completamento della sua ricca proposta.
Partite entrambi come base dal Conservatorio della Svizzera Italiana, a contatto con un bel numero di musicisti. Che risposta avete da parte delle nuove generazioni? Negli anni avete potuto percepire una crescita di quella che si potrebbe definire una scena o un bacino ticinese rispetto a un tipo di musica meno allineata?
NV: Difficile a dirsi. Da una parte la Scuola universitaria del Conservatorio della Svizzera italiana è caratterizzata da una forte internazionalità, ci sono studenti che provengono veramente da molto lontano e portano con loro diverse esperienze e sensibilità. Dall’altra il Ticino è un territorio molto piccolo, dove succedono sì tante cose, ma i numeri sono per forza sempre piccoli, e dei trend significativi si possono vedere solo sull’arco di decenni. In ogni caso la situazione è ben diversa da quella della fine degli anni 70 quando Oggimusica è stata fondata.
AB: Oggimusica propone concerti e spettacoli di musica ‘presente’, scritta, interpretata e vissuta da compositori e musicisti viventi. Spesso una musica che cerca nuovi confini e territori in cui potersi insediare, germogliare e poi farsi ascoltare, comunicare. Nonostante questa sincronicità con il ‘tempo reale’ e questa spinta verso la novità e la libera espressione, stimolare l’interesse resta una delle sfide più grandi che ogni anno affrontiamo. Il pubblico c’è, il lavoro fatto negli anni ha contribuito a creare un bacino di affezionati, ma resta comunque un pubblico ristretto. Le proposte non rientrano infatti nel mondo del mainstream, del “realismo capitalista” come lo chiama Mark Fischer, in cui “il risultato è un consumatore-spettatore che arranca tra ruderi e rovine”.
L’interesse verso un certo tipo di espressione artistica deve essere prima di tutto un’attitudine socio-culturale-politica-antropologica che va oltre l’arte stessa. Questo è il senso di ciò che proponiamo: continuare a creare fratture sullo strato solido del luogo comune che possano diventare aperture verso altri mondi, luoghi di confronto, critica, libertà, suggerendo così un’attitudine più generale verso la pluralità, l’apertura, la diversità, l’ascolto profondo, il caso, l’emozione non catalogabile. E i risultati spesso sono stupefacenti. Spesso lo stupore e la meraviglia che alcune delle proposte riescono a suscitare, molte volte in un pubblico che si avvicina alla musica contemporanea per la prima volta, si trasforma in un appagamento ancora più grande. E la meraviglia si diffonde, questo sì.
L’orario preserale degli spettacoli sembra fatto apposta per invogliare le persone a dare una chance a questo tipo di rassegna. Che tipo di pubblico è quello delle Night?
NV: Le proposte di Oggimusica sono quasi sempre talmente uniche e nuove che chi viene non sa davvero cosa si deve aspettare, e questo è proprio nello spirito di scoperta e curiosità che caratterizza l’arte contemporanea. Non vado a un concerto perché c’è un artista o un compositore che so già essere di mio gusto, ma vado per scoprire qualcosa di nuovo, inaspettato, potrebbe anche rivelarsi poco interessante per le mie orecchie, oppure coinvolgermi e aprire nuovi mondi che nemmeno immaginavo: fa parte del gioco, ci vuole un po’ di curiosità, come i bambini. Per questo il nostro pubblico non si può catalogare facilmente, è piuttosto giovane, ci sono studenti, musicisti, semplici curiosi e affezionati.
A livello mediatico trovo spesso che il Ticino e la sua musica siano schiacciati fra la Svizzera Interna e l’Italia, e noto spesso una mancanza di settore che copra quanto avviene sul nostro territorio e approfondisca quanto cresce e accade, se non accorgersene quando già esploso. Quanto questo rivolgersi all’Italia e oltre Gottardo può essere fortificante per un musicista e quanto frustrante?
NV: Credo siano le naturali condizioni legati al territorio. Il mondo musicale è comunque sempre stato molto globalizzato, ben prima che si usasse questo termine. Non si può pensare di ignorare quello che succede a sud o a nord, non avrebbe senso. La via è offrire a chi vive nella Svizzera italiana le condizioni migliori per crescere, rinforzando il tessuto artistico locale, non in uno spirito protezionistico, che non porta a nulla se non alla mediocrità ma, al contrario, cercando il confronto e lo scambio con le altre realtà.
AB: Un certo tipo di proposta artistica e musicale non può rientrare nel flusso mediatico ‘normale’, perché quest’ultimo non segue (e mai seguirà a mio avviso) i paradigmi dell’ascolto profondo. La società degli schermi, diventata ‘tribù del pollice’ (e degli Airpods…) ha altre grammatiche. La questione che sollevi, che volutamente non chiamerei un ‘problema’, non è quindi solo una questione regionale. La mancanza di una importante attenzione mediatica nei confronti della musica di ricerca (che comunque esiste, come dimostra questo articolo) è condivisa con il resto del mondo, perché forse è una condizione necessaria per poter fare arte sonora libera dagli schemi comunicativi comuni, che quando assumono certe portate, sono sempre lo specchio di un mercato, prima di tutto. E spesso lì restano.
Che differenza trovate fra l’essere curatori artistici, musicisti e compositori? In che maniera riuscite a convivere dentro queste tre anime?
NV: Per me è assolutamente naturale, e storicamente non è nemmeno una novità.
AB: L’anima, se così la vogliamo chiamare, è una sola. Anche se preferirei chiamarla urgenza. Occuparsi di musica di ricerca significa aiutarla a vivere tutti i giorni e in tutti i modi possibili: scrivendo, ascoltando, leggendo, studiando, proponendo, organizzando, insegnando, viaggiando, diffondendo… La scelta della libertà creativa impone spesso un lavoro maggiore. Infatti, nel nostro ambito ‘senza generi’, quasi non esistono processi produttivi consolidati e mancano figure essenziali come produttori, manager, uffici stampa, booker, agenzie... Per questo forse hai usato la parola anima: ci mettiamo tutta l’anima.
Pensando alla vostra crescita come musicisti, a livello di apertura mentale e di costruzione del gusto, qual è stata l’esibizione (o il disco) che vi ha portato a dire ‘è la mia strada!’?
NV: Ricordo lo shock all’ascolto di ‘Stimmung’, un brano di Karlheinz Stockhausen del 1968, che occupa un disco intero. Non pensavo potesse esistere qualcosa di così lontano dalla mia idea (molto limitata) di musica di allora. È stato l’inizio, quasi una reazione fisiologica.
AB: Non ho ricordi di un me non musicista. Quindi risponderti non è facile. Però potrei girare la domanda: che cosa mi ha fatto capire che era importante studiare anche altro, rispetto alla musica (nel mio caso ingegneria), per poter essere il musicista che volevo essere? Metastaseis, del compositore, ingegnere e architetto Iannis Xenakis. Scoperto nello stesso periodo in cui ho scoperto Aphex Twin.
Sogni rispetto alle future rassegne? Quali sono i nomi sui quali vi sentireste di puntare? Cosa vi colpisce in Svizzera e all’estero al momento?
AB: Da qualche anno ormai, la tecnologia elettronica è entrata fortemente nei processi creativi musicali. In questo senso, Oggimusica propone un piccolo festival di musica e informatica, il Meet Music Code, che quest’anno è organizzato oltre che in collaborazione con il conservatorio, anche con il Dipartimento ambiente costruzione e design (Dacd) della Supsi. Sicuramente continueremo su questa strada, cercando di proporre artisti legati al mondo della ricerca sulla computer music, come è stato negli gli ultimi due anni con Pierre Alexandre Tremblay e Hans Tutschku. Ma allo stesso tempo non abbandoneremo la ricerca sulla scrittura strumentale contemporanea. Nomi non ne abbiamo ancora. Siamo sempre aperti a nuove proposte!
Il calendario, da qui al 2024. Martedi 17 ottobre alle 19, Metallicum Reloaded (Laura Faoro, flauti e flauto elettrico; Silvia Cignoli, chitarre e chitarra elettrica). Venerdì 17 novembre alle 19, Ensemble Mondrian. Martedì 16 gennaio alle 19 Niton meets Oggimusica. Martedì 30 gennaio alle 19, Pappagalli verdi (Giovanni Albini, ukulele, Lorenzo Reggiani, chitarra). Venerdì 1° marzo alle 19, Last Dialogue Feldermelder. Mercoledì 12 giugno alle 19, m.o.z.a.r.t. (Fabrizio Rosso e Nadir Vassena, ideazione e realizzazione, Gilles Grimaître, piano). I concerti si tengono tutti alle 19, e tutti al Teatrostudio (www.luganolac.ch).
Una stagione di musica contemporanea