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Tutto su Carolyn Carlson, una conferenza danzata

Venerdì 6 ottobre ad Ascona, Sara Orselli ed Hélène de Talhouët nel racconto dell’‘Universo poetico’ della coreografa e danzatrice

Sara Orselli in ‘Mandala’, di Carolyn Carlson
(Rosellina Garbo)
5 ottobre 2023
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‘Density 21.5’ (1973); ‘Blue Lady’ (dieci anni più tardi); ‘Signes’ (1997); ‘The Tree’ (la sua creazione più recente). Per dire del segno impresso da Carolyn Carlson nella danza contemporanea si può andare per titoli o riconoscimenti – Cavaliere delle Arti e delle Lettere e Cavaliere della Legion d’Onore, in Francia, il Leone d’oro a Venezia che mai, prima del 2006, una coreografa aveva ritirato. E parlando di segni, al suo essere danzatrice e coreografa si può aggiungere la poetessa e calligrafa, in quella danza che lei definisce “poesia visiva”.

La conferenza danzata (e multimediale) che andrà in scena domani alle 20.30 al Teatro San Materno di Ascona s’intitola ‘Universo poetico di Carolyn Carlson’. È «un portrait di Carolyn, regolato dal movimento e dal gesto che per forza, quando si parla di lei, devono essere parte integrante». Parola di Sara Orselli, che danza per Carolyn Carlson sin dal 1999 e ne è pure assistente coreografica in capitoli importanti come ‘Woman In A Room’, ‘Pneuma’, o nella ripresa di ‘Signes’, nel giugno di quest’anno all’Opéra di Parigi. Sarà Orselli a portare il movimento, oltre che la parola, quest’ultima affidata soprattutto a Hélène de Talhouët, dottoressa in Storia dell’Arte contemporanea, colei che si occupa del lavoro calligrafico di Carlson, co-autrice del documentario ‘Writings On Water’ e curatrice di tutte le sue esposizioni.

Sara Orselli, ‘conferenza danzata’ è termine affascinante. Di cosa si compone?

È l’idea di creare un ritratto di Carolyne artista che non si limiti a condividere una biografia, leggibile anche in internet, ma che dica di come io ed Hélène la conosciamo da dentro, condividendo con il pubblico l’esperienza che abbiamo con lei. Ci saranno diversi punti-chiave legati al personaggio, all’artista, alla sua poesia, agli elementi che ispirano il suo lavoro, coreografico e calligrafico, dunque la natura, l’infanzia, il luogo di provenienza, i maestri avuti e la personalità che emerge quando lavora. Carolyne dice sempre che quando definiamo cose e persone le facciamo scomparire, e un artista non si può definire se non, eventualmente, ricorrendo ad altro. Ai colori, per esempio.

Senza definirla, in modo che non scompaia, c’è dunque un modo in cui possiamo parlare di Carolyn Carlson?

La conosco da molto vicino: per me ha l’ingenuità e la spontaneità dei bambini, s’ispira alla natura, parla dei suoi progetti come fosse la prima volta. È il grande insegnamento che mi ha dato. Allo stesso tempo, Carolyn è la figura della Maestra, del Maestro, così difficile da trovare oggi nella danza e forse anche in altri ambiti.

Il suo, e quello di Carlson, è un doppio ritorno al San Materno…

Tiziana (Arnaboldi, ndr) ama molto il lavoro di Carolyn, è incredibile quanta cura riponga in questo luogo così speciale e prezioso. Carolyn Carlson ha portato ad Ascona due suoi poetry concert. Io ho danzato un suo solo, ‘Mandala’, cosa che faccio dal 2010, un’esperienza molto fisica e allo stesso tempo quasi meditativa, che brilla in un posto speciale come questo.

Una curiosità personale: nel momento in cui si realizza un omaggio, si avvisa l’omaggiato? L’omaggiata, in questo caso…

Carolyn ha assistito alle prove, tutto quanto facciamo si è prima condiviso con lei. Ha trovato interessante l’affrontare diversi punti, parlare di movimento, improvvisazione, di cose tecniche e meno tecniche, più poetiche, di maestri, ispirazioni, cose sulle quali, in 23 anni di lavoro con lei, mi ritrovo spesso a confrontarmi. È contenta. Quella di domani sarà una prima e già ci chiedono di aggiungere la conferenza danzata agli spettacoli. Per me è importante, io mi ritrovo ad assistere Carolyn alla coreografia, oltre che a danzare per lei. È una relazione intima, anche se ci separano molti anni, è il legame più duraturo che abbia avuto nella mia vita dopo quello con i miei genitori. È una relazione madre-figlia che a volte s’inverte nello spingersi, nel sostenersi. È qualcosa di forte e trovo sia bello parlarne.