Venezia80

Il cinema che parla dei confini dell'umanità

Agnieszka Holland e il dramma dei migranti ne ‘Il confine verde’, l'omaggio a Sakamoto e, sottotraccia, Polanski

Agnieszka Holland
(Keystone)
5 settembre 2023
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Si è aperta questa ultima settimana di Festival, in un Lido spazzato dal vento, una strada che ci porterà presto alla soluzione di questa complicata gara al Leone d’oro. Molti film sono infatti già passati, immaginandosi ormai laureati. Sicuramente ‘Zielona Granica’ (Il Confine Verde), della sempre impegnata Agnieszka Holland, che mette l’accento su un territorio dell’Europa in chiave post atomica, segnata dall’invio anti-moscovita, della Nato, sul confine tra Bielorussia e Polonia. Qui la regista racconta il dramma dei migranti via terra, sbarcati da aerei turchi a Minsk, per essere rispediti a quel confine invalicabile, quello con la Polonia, in quelle insidiose foreste paludose che costituiscono il cosiddetto ‘confine verde’ tra Bielorussia e Polonia. In una foresta dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco, proprio qui centinaia di migliaia di migranti sopravvivono nella speranza di raggiungere le porte dell'Europa. Dall'inizio della crisi migratoria, due anni fa, vi sono stati trovati 48 corpi.

I rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko in combutta col capo dello stato polacco Andrzej Duda. I rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’Ue. Pedine di questa guerra sommersa, sono le vite di tutti e di tutte le migranti, costrette all’indicibile dolore di perdere i propri bambini, di piangere i padri, di rimpiangere la casa, il lavoro, la dignità umana, un popolo migrante che da perdere ha solo una vita che ormai ritengono inutile. Ed è drammatico vedere come un bambino siriano muore nella palude polacca, e doloroso, nello stesso tempo, osservare come due milioni di ucraini con i loro uccellini e con i loro cani e gatti e pesciolini vengano accolti nella stessa Polonia che manda a morire nelle paludi chi cerca la libertà. Spiega la regista: “Viviamo in un mondo in cui sono necessari grande immaginazione e coraggio per affrontare tutte le sfide dei nostri tempi. La rivoluzione dei social media e l’intelligenza artificiale hanno ostacolato sempre di più l’ascolto di voci autentiche”.

Il solito sfondo

Artificiale e non autentico è, sempre in concorso, ‘Enea’ di Pietro Castellitto, figlio di Sergio, incapace di qualsiasi espressione. Peggio di lui, forse solo la sua sposa nel film, questa Benedetta Porcaroli che come lo sposo non ha nessuna coscienza del recitare. Ridicola l’idea di trasformare l’Enea del titolo in altro, con lo stesso nome, che spaccia 30 chili di cocaina al giorno, che piange per la morte del suo delinquente fornitore e che se ne frega del suo migliore amico, che si sacrifica per salvarlo. Ma a chi interessa questa vuota vicenda mal diretta e peggio interpretata, in cui Roma è il solito sfondo dove l’anima è già stata venduta a tanti mefistofeli.


Keystone
Neo Sora

Omaggio al maestro giapponese

Di ben altro rilievo il documentario fuori concorso ‘Ryuichi Sakamoto | Opus’, che il regista Neo Sora ha voluto dedicare al leggendario musicista Ryuichi Sakamoto, classe 1952, morto il 28 marzo 2023 dopo aver lottato contro un cancro. Negli ultimi anni, Sakamoto non era più in grado di esibirsi dal vivo. I concerti, per non parlare dei tour, erano troppo faticosi. Alla fine del 2022, il musicista ha raccolto le forze per lasciare il mondo con un’ultima performance: un film concerto i cui protagonisti erano solo lui e il pianoforte. Il film. Come recita il catalogo, “è la celebrazione della vita di un artista nel senso più puro del termine. ‘Ryuichi Sakamoto | Opus’ è il canto del cigno dell’amato maestro”. E le due ore del film regalano questo incontro.

Un docente del conservatorio di Venezia mi ha contestato il fatto che un allievo del primo anno avrebbe fatto lo stesso concerto; ho pensato a chi diceva di Lucio Fontana che sono tutti capaci di tagliare una tela, ma l’emozionante minimalismo di Sakamoto è lezione di un abbandono mozartiano in nome della coscienza di un popolo, il suo, nonostante tutto, voglioso di sentimenti ed emozioni.


Keystone
Richard Linklater

Sottotraccia

Ci ha sorpreso Richard Linklater con il suo ‘Hit Man’, un suo viaggio nel mondo del crimine che si organizza. Di certo noi preferiamo il creatore di ‘Boyhood’ e ‘Before Sunrise’ piuttosto di questa commedia sguaiata, dove un professore universitario si rivela anche un finto killer capace di portare in galera potenziali omicidi che lo contattano, liberamente basato su un lungo articolo di cronaca nera di Skip Hollandsworth. Il film è scioccamente godibile e con la libera morale che il delitto paga, sempre.

Se un comitato ha attaccato la Biennale per la presenza sgradita di Woody Allen accusato di essere un perverso, sotto traccia è passata la presenza del novantenne Roman Polanski, anche lui fuori concorso, con il godibilissimo ‘The Palace’, un divertissement delicato e carico di un umorismo, capace di essere, politicamente, sarcasmo al vetriolo. Siamo in un Grand Hotel tra le montagne svizzere, nazione tra le produttrici del film, durante le vacanze natalizie, ma non è un film dei Vanzina, è un film di Polanski, ovvero Cinema. E lo spettacolo è da applausi.

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