Venezia80

Il ‘Comandante’ umano e la fine del mondo

Al film di Edoardo De Angelis manca il mare. Unici in sala, applaudiamo comunque Liliana Cavani e il suo non fondamentale ‘L’ordine del tempo’

Pierfrancesco Favino (sx) e Massimiliano Rossi, quelli di ‘Comandante’, film d’apertura
(Keystone)
30 agosto 2023
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A Venezia, la prima domanda in conferenza stampa, quella del film inaugurale ‘Comandante’ di Edoardo De Angelis, è stata: “Stasera alla proiezione del film ci sarà Matteo Salvini: come pensate reagirà di fronte al film?”. Prodotto tra gli altri da Rai Cinema e dalla Marina Militare italiana, il film recita, tra tante frasi: “Chi lascia morire un naufrago non è uomo”, e tutti in sala hanno pensato a Salvini e all’attuale governo italiano. Il film parla infatti di un poco noto fatto della Seconda Guerra mondiale, la vicenda di un sottomarino italiano che dopo aver affondato un sospetto, a ragione, cargo del Belgio in quel momento neutrale, raccoglie i naufraghi e li porta in salvo. Chiaro che in Italia è un tema scottante e quotidiano, e il film in questione sembra proprio scardinare nervi già bruciacchiati. Ma andiamo con ordine...

Stipati come in un bus

La Mostra ha avuto il martedì sera una festosa pre-inaugurazione sulla terrazza del prestigioso Hotel Danieli, per il cocktail party ‘Stars Over Venice A Lovely Night’, con il direttore artistico del Festival, Alberto Barbera, a far da padrone di casa ai tanti eleganti invitati, mentre Roberto, il mitico barman del Danieli, guidava una squadra di esperti miscelatori di liquori impegnati in un superlavoro alcolico. Sotto la terrazza, l’alta marea si stava ritirando. La mattina dopo a nessuno è venuto il mal di mare, perché quello che manca a ‘Comandante’ è proprio il mare. Eppure è una storia di sommergibile e naufraghi, di marinai e aerei da caccia che cercano di affondarli; il regista, certo, racconta una vicenda sconosciuta e importante, ma resta sempre in superficie, ed è la stessa Marina Militare dell’emozionante capolavoro ‘Uomini sul fondo’ (1941), firmato da Francesco De Robertis aiutato da un certo Roberto Rossellini. E ci sono tanti altri film su sommergibili durante la Seconda Guerra mondiale, oltre quaranta, almeno in occidente, ma il regista non ha imparato la lezione e i marinai all’interno di esso sembrano stipati come in un bus, senza un’emozione in più.

Salvatore Bruno Todaro

La storia è quella di Salvatore Bruno Todaro (Messina, 16 settembre 1908 – al largo di La Galite, Tunisia, 14 dicembre 1942, qui interpretato da Pierfrancesco Favino), comandante di sommergibili della Regia Marina durante la Seconda Guerra mondiale, e di una sua impresa, la vicenda del piroscafo belga Kabalo, cominciata nella notte del 16 ottobre 1940 con l’affondamento del cargo e la raccolta di 26 naufraghi, un fatto che storicamente meritò il disprezzo del comandante in capo dei sommergibilisti tedeschi, l’ammiraglio Karl Dönitz, cui Todaro rispose: “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà sulle spalle”. Ed è a questa civiltà che il film faticosamente si ispira, ma ci sono momenti in cui il regista proprio non sa far cinema: pensiamo a quando il sommergibile passa in mezzo alle navi inglesi da combattimento, con i cannoni spenti per appoggiare l’azione di salvataggio dei naufraghi fatta da Todaro, un momento che sarebbe potuto essere epico, da cantare; pensiamo a quanto ha fatto, commuovendo, Sergej Michajlovič Ėjzenštejn ne ‘La corazzata Potëmkin’, quando la nave passa indenne e rispettata in mezzo alle navi nemiche. Là si resta commossi, ma Edoardo De Angelis riesce anche a ridicolizzare una donna, la moglie del Todaro, presentandola tette al vento con il berretto del marito: semplicemente volgare.

Un solo applauso

Forse De Angelis voleva imitare Liliana Cavani e quell’immagine diventata mito di Charlotte Rampling ne ‘Il portiere di notte’, e non c’è riuscito. E la stessa regista Liliana Cavani, qui fuori concorso con ‘L’ordine del tempo”, tratto dall’omonimo libro di Carlo Rovelli, si è impantanata in un noioso e verboso teatro da camera che nulla lascia intravedere della sua splendida carriera.

Certo, a novant’anni racconta il timore di morire, ma il suo dire si perde anche per un gruppo di attori in vacanza, incapaci di dare peso al loro, di dire. Eppure è proprio lei che ci aveva emozionato con il suo ‘Galileo’ e i suoi ‘Cannibali’. Purtroppo il tempo non sempre è galantuomo. E allora, un applauso lo abbiamo fatto lo stesso, unici in sala.