Musica

L'Osi 2023-24, tre secoli di musica seducente

Un'occhio alla nuova stagione da chi negli anni Cinquanta seguì dal loggione del vecchio Kursaal le prime ‘piacevoli anomalie’ per la Svizzera italiana

Aspettando la nuova stagione
(Ti-Press)
31 luglio 2023
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Da settembre ad aprile, 39 brani di 29 compositori in 14 concerti, 10 al LAC e solo 4 all’Auditorio, dove saranno sul podio con la formula Play&Conduct l’oboista Alexei Ogrintchouk, il violoncellista Maximilian Hornung, il flautista Maurice Steger e il violinista Sergej Krylov. Al Lac la nostra Orchestra sarà diretta tre volte da Markus Poschner, due volte da Krzysztof Urbanski, una volta da Robert Trevino, Juraj Valčuha, David Zinman, Julian Rachlin, e, nome nuovo da noi, da Giedrė Slekytė, una musicista lituana emergente. Prestigiosi anche i solisti, presenti in ogni concerto: la soprano sudafricana Erica Eloff, il violoncellista tedesco Daniel Müller-Schott, il violista tedesco Nils Mönchemeyer, la mezzo soprano lituana Justina Gringyte, la violinista francese Alexandra Soumm, il pianista polacco Piotr Anderszewski, la fisarmonicista russa Ksenija Sidorova, il violoncellista norvegese Truls Mørk, la pianista russa Anna Vinnitskaya, la violinista tedesca Veronika Eberle.

Il vecchio Kursaal

La nuova stagione dell’Orchestra della Svizzera Italiana si annuncia all’altezza di quella appena terminata, anzi delle stagioni che si susseguono da settant’anni. Ricordo quando all’inizio degli anni Cinquanta, con un abbonamento per studenti di soli dieci franchi, potei seguire dal loggione del vecchio Kursaal i primi “Giovedì musicali” con direttori come Pierre Monteux, Igor Stravinski, Sergiu Celibidache …. solisti come Arthur Rubinstein, Isaac Stern, Pierre Fournier ….

Cito quegli anni e quegli eventi perché segnarono l’inizio delle stagioni sinfoniche annuali, un lusso, quasi una piacevole anomalia, per una Svizzera Italiana che aveva allora e ha ancora oggi meno di 400mila abitanti. La nostra formazione sinfonica era di piccole dimensioni, si chiamava Radiorchestra: era stata creata a metà degli anni Trenta nell’ambito dell’appena nata Radio della Svizzera Italiana, poi tenuta in vita con lungimiranza dall’azienda di servizio pubblico. Le condizioni economiche del secondo dopoguerra permettevano di invitare prestigiose orchestre straniere. Ricordo bene l’esecuzione a un paio di settimane di distanza, sul palco del Kursaal con qualche limite di capienza, della stessa Sinfonia di Brahms, interpretata dalla nostra piccola Radiorchestra diretta da Paul Kletzki e dalla grande Orchestra di Filadelfia diretta da Eugene Ormandy.

Da Corelli a Connesson

Senza un tema conduttore, il nuovo cartellone presenta 39 brani ben ripartiti su tre secoli tondi, dalla fine del Seicento ai primi anni del nostro secolo, temperie diverse per esecutori e ascoltatori che si chiedono cos’è la musica, cos’è l’arte, cos’è il bello.

Il compositore più antico sarà Arcangelo Corelli (1653-1713), con un concerto per flautino, archi e basso continuo; il più giovane Guillaume Connesson (*1970), del quale saranno eseguite le recenti Adams Variations. Tuttavia saranno Beethoven con cinque brani e Mozart con tre i compositori più presenti e, mi pare, sempre ancora più graditi dal grande pubblico. Potremo allora risparmiare al nuovo cartellone l’anatema, che Thomas Mann lanciò nel suo Doctor Faustus, d’esser espressione della volgarità e del luogo comune?

Sono spettacoli ancora commisurati a un pubblico di media cultura, che disdegna gli spalti degli stadi, ma non si appassiona ai salti nel buio della musica contemporanea.

I concerti all’Auditorio (poco più di 400 posti) sono quasi tutti a sala completa. C’è da credere da credere che anche quelli alla Sala Teatro del Lac (quasi mille posti) lo saranno presto. E sarebbe bello che le mire dei responsabili delle finanze fossero alquanto in contrasto con quelle della direzione artistica.

L’evoluzione delle neuroscienze del cervello consentono (anzi costringono) a considerare la creazione e la fruizione di un’opera d’arte, di una musicale in particolare, attraverso l’attività dei neuroni. Forse dagli scambi elettrochimici delle sinapsi si possono trarre informazioni più importanti che dai pettegolezzi storici della filologia.