A Lugano per il tradizionale showcase Rsi e per la tradizionale intervista pre-Eurovison; in Inghilterra con ‘Watergun’, la guerra vista da un 21enne
«È quello che succede ogni volta. Alla fine di un concerto, quelli che non mi hanno mai sentito cantare mi dicono sempre cose del tipo: “Con quella voce mi aspettavo un 40enne grasso con in mano una birra!». Se non lo avessimo visto in internet, gli avremmo detto la stessa cosa. E invece Remo Forrer ha quasi la metà degli anni di un quarantenne grasso con in mano una birra, è la sua metà anche fisicamente e il vocione duttile, perfettamente intonato e maturo che si ascolta in ‘Watergun’ (canzone in gara) è proprio quello dell’esile 21enne originario di Hemberg (Canton San Gallo) che rappresenterà la Svizzera all’Eurovision Song Contest di Liverpool in maggio. Lo incontriamo nelle stanze di Wetube, prima dello showcase alla Rsi, per l’Euro-intervista di rito.
È conscio della responsabilità, Remo, ma non sente la pressione. Forse perché Liverpool è ancora lontana, «forse perché ho molte cose da fare in questo momento e non ho ancora avuto il tempo di pensarci davvero, ma mi accorgo da Instagram, dai tanti messaggi che ricevo, che la canzone è piaciuta e la cosa mi fa solo piacere». Gestisce bene il momento, Forrer, forse perché non è l’ultimo arrivato: due anni fa ha vinto ‘The Voice of Switzerland’ (da cui un contratto con Universal Music), e ha vinto una puntata di ‘Zeig uns Deine Stimme’ sulla germanica RTL, dunque conosce il mezzo televisivo: «‘The Voice’ magari non sarà esattamente l’Eurovision Song Contest, ma sicuramente è stata una buona preparazione per lavorare con i media, per parlare con i fan e tutto il resto». La sua platea fisica più grande è stata quella dell’Hallenstadion di Zurigo, quando aprì per i 77 Bombay Street: «Credo che ci fossero 13mila persone, ma lì ero con una band, a Liverpool invece sarò da solo». E a Liverpool in platea saranno qualche milione in più (compresi quelli da casa, stimati tra i cento e i seicento. Milioni).
Cresciuto in una famiglia di musicisti, è difficile che Remo Forrer potesse diventare un impiegato di banca. Lui sorride e riepiloga: «Sono nato in mezzo alla musica folk svizzera. Mio padre suona la fisarmonica in diverse formazioni, mio fratello canta. Il mio primo approccio è stato proprio con la fisarmonica, sempre in ambiti folk. In casa ci sono le tastiere elettroniche di mia madre, io ho cominciato a suonarle seguendo i tutorial su YouTube. Più tardi ho iniziato a cantare». Remo dice che lui si divertiva e niente di più, ma la gente intorno si spellava le mani. È nato così l’homo musicalis che rappresenterà la Confederazione in Inghilterra, e che ci riassume i suoi numi tutelari: «Ed Sheeran è stato di grande ispirazione». Ancora lo è, Remo conosce ogni sua canzone. «Poi è arrivato James Arthur, ed è ancora uno dei miei idoli. E poi Shawn Mendes, Lewis Capaldi». La collaborazione dei sogni? «Sicuramente James Arthur, è il sogno numero uno, ma ci sono grandi musicisti anche in Svizzera con i quali mi piacerebbe collaborare».
Come gestisci la popolarità? «Fino a ora non ho avuto problemi. Mi piace, amo il fatto che tanta gente mi segua e voglia essere parte del mio viaggio. Se mi fermano per strada per dirmi che sono contenti che sarò all’Eurovision, io non nego mai una risposta. Nemmeno quando sono stanco ho mai negato e mai negherò una parola a nessuno». Quanto a ‘Watergun’, ovvero ‘pistola ad acqua’, testo di una canzone in cui la guerra fa molto più che capolino: «Il brano non è mio, è stato scritto due anni fa durante un songwriting camp della Suisa. Ho avuto l’occasione di ascoltarlo per la prima volta lo scorso settembre. Mi hanno colpito la melodia e l’atmosfera generale, molto soft, e le note basse; poi ho guardato il testo e sono rimasto colpito anche da quello. Quando era piccolo, il protagonista della canzone giocava con le pistole ad acqua e adesso è in guerra e deve usare quelle vere. Ho 21 anni, l’età in cui in Svizzera si va a fare la scuola reclute, e il pensiero che ragazzi della mia età, nemmeno troppo lontani da qui, si ritrovino nella condizione di dover combattere per la propria vita, mi ha spinto a volere raccontare questa storia».
Quando questo articolo sarà in pagina, Remo sarà in volo per Stoccolma, dove lo attende la danzatrice, coreografa e stage designer Sasha Jean-Baptiste, richiestissima tra i cantanti in gara all’Eurovision: «È lei che ha curato l’esibizione di Marius Bear lo scorso anno. Scopriremo nei prossimi giorni cosa farò sul palco. Non so ancora cosa succederà. So solo che la mia intenzione è quella di non essere da solo. Mi piacerebbe avere dei ballerini che possano trasformare in movimento le sensazioni prodotte dalla canzone. Tutto può succedere, sarà una sorpresa per tutti». A proposito: i tuoi primi ricordi di Eurovision?: «Credo che fosse il 2011, per la Svizzera c’era Anna Rossinelli. Era il periodo in cui cominciavo a cantare canzoni in lingua inglese. Non ricordo dove l’avevo ascoltata per la prima volta, ma ricordo che mi ero innamorato della sua voce e la vidi proprio all’Eurovision».
Lasciamo Remo alla città di Lugano e soprattutto alla città di Liverpool, dove proverà a fare meglio dei suoi predecessori, Céline Dion in testa, che da canadese vinse per la Svizzera nel lontano, lontanissimo 1988. Per il poco più che teenager Remo, i riferimenti sono più recenti. Viene fuori il nome di Luca Hänni, che nel 2019 arrivò quarto: «Sarebbe un bel risultato, ma il mio primo obiettivo è quello di arrivare in finale. Certo, mi piacerebbe fare successo quanto lui». Poi ci si ricorda di Gjon’s Tears, che nel 2021 fu terzo, nell’anno dei Måneskin. «Ok, ho capito: mi tocca vincere…».