La recensione

‘Every Brilliant Thing’, la luce nell’oscurità della depressione

Titolo completo ‘Every Brilliant Thing (Le cose per cui vale la pena vivere)’, spettacolo onesto e vivace con Filippo Nigro (visto al Foce)

Filippo Nigro, attore di cinema e di teatro
(Alessandro Calvi)
9 marzo 2023
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Facciamo un gioco: questo è il patto tra autore e attore, tra l’attore e il pubblico. Facciamo un gioco è la frase d’esordio, il preludio per nuove avventure, nuove amicizie. Facciamo un gioco di condivisione, d’immaginazione è la richiesta che Filippo Nigro, attore di cinema e di teatro, ha rivolto al pubblico che mercoledì 8 marzo si è recato al Teatro Foce di Lugano per assistere alla rappresentazione di ‘Every Brilliant Thing (Le cose per cui vale pena vivere)’, un adattamento di Fabrizio Arcuri del testo originale datato 2013 e firmato Duncan Macmillan e Jonny Donahoe.

La storia è quella di un bambino, del quale non verrà mai rivelato il nome per l’intera durata dello spettacolo. Il gioco è quello di stilare una lista: dapprima un’attività solitaria, che acquisirà poi consapevolezza durante gli anni dell’adolescenza, ma che viene fin da subito condivisa con il pubblico che, di volta in volta, è chiamato a leggere ad alta voce le frasi numerate presenti su dei foglietti consegnati prima dell’inizio dello spettacolo. La speranza del Narratore, fin dall’infanzia alla vita adulta, è quella che stilando una lista delle cose per cui vale la pena vivere, la madre possa guarire dalla sua depressione cronica. Un desiderio infantile, ma sincero che continuerà a sviluppare fino ad arrivare al presente, forse più per salvare sé stesso e per comprendere la complessità delle esistenze e delle relazioni umane che si aggrovigliano nell’arco di una vita.

Il tema della depressione è un tema per certi versi ancora molto tabuizzato, misterioso, oscuro. Forse, proprio per questa ragione, la prima didascalia del testo di Macmillan e di Donahoe suggerisce: "Le luci in sala sono accese e rimangono così per tutto lo spettacolo. Non c’è scenografia. Il pubblico è seduto nel modo più democratico possibile, idealmente in cerchio. È vitale che tutti e tutte possano vedersi e sentirsi".

Jazz e blues

È uno spettacolo onesto e vivace che riporta l’esperienza di una soggettività cresciuta in un continuo stato di allerta e di preoccupazione dovuta ai vari tentativi di suicidio della madre. La narrazione è accompagnata da una ricca colonna sonora dalle note jazz e blues. La musica infatti è una delle cose meravigliose presenti nella lista, soprattutto quella che risuona dalla collezione di vinili del padre. Il dispositivo proposto al pubblico attinge direttamente dall’infanzia di ciascuna persona presente in sala. Non ci sarà quindi da meravigliarsi nel vedere una platea di persone adulte giocare a interpretare – ogni qualvolta l’attore lo richieda – ruoli del tutto sconosciuti fino a quell’istante come, ad esempio, la Signora Patterson, il professore o il veterinario. Così, può capitare che la nostra vicina di casa – nella vita reale – seduta in prima fila si ritrovi a doversi togliere una scarpa, sfilarsi un calzino e doverlo indossare come un guanto per permettere al Narratore di aprire la sua sfera emotiva di bambino di sette anni e di parlare dei suoi sentimenti a quel cane-calzino, che nel testo originale viene indicato con il nome di Mostyn, ma che può cambiare a ogni replica a seconda dell’immaginazione creativa del pubblico.

In questo racconto disarmante, per il suo essere al tempo stesso divertente e drammatico, il Narratore mette a fuoco il rapporto con entrambi i genitori, racconta del suo primo amore e della fine di quel matrimonio fino ad arrivare alla terapia. Alla fine di questo percorso, la lista si allunga fino a enumerare un milione di motivi validi per cui vale la pena continuare a vivere. Così, dopo aver condiviso questa esperienza di catarsi collettiva risuona in sala la canzone ‘Into each life some rain must fall’ di Ella Fitzgerald e ‘The Ink Spots’. A questo punto la luce, che fino a quel momento è sempre rimasta accesa, può spegnersi e ognuno può fare i conti, in solitudine, con una frase evocativa del testo: "Se vivi tanto a lungo e arrivi alla fine dei tuoi giorni senza esserti mai sentito totalmente schiacciato, almeno una volta, dalla depressione, allora probabilmente non stavi prestando attenzione".

Buio.