recensione

La mafia? Va spiegata ai più giovani

Ottavia Piccolo è Elda Pucci sul palco del Teatro di Locarno dove, nel fine settimana, è andato in scena lo spettacolo ‘Cosa Nostra spiegata ai bambini’

Sul palco, l’Orchestra Multietnica di Arezzo accompagna Ottavia Piccolo nei panni di Elda Pucci
5 febbraio 2023
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Dopo l’assassinio del giudice palermitano Paolo Borsellino nella strage di Via D’Amelio, suo fratello Salvatore diede alle stampe ‘Cosa nostra spiegata ai ragazzi’. Era il resoconto di una conferenza tenutasi in un liceo di Bassano del Grappa, profondo nord. Borsellino denunciò ancora una volta omicidi, estorsioni, rapimenti e altre nefandezze compiute da queste o quelle "famiglie". I tentacoli della piovra sono lunghi, disse agli studenti veneti, rendendoli attenti all’importanza di riconoscere la mafia in tutte le sue manifestazioni, da quelle più eclatanti a quelle più nascoste e dunque più insidiose: monito troppe volte rimasto purtroppo inascoltato. Era il 1989 e in Sicilia era appena iniziata l’ennesima battaglia per imporsi quale supremo capobastone: Totò Riina era in pole position in attesa di portare l’attacco decisivo al cuore dello Stato.

Poi non ci fu più bisogno di ammazzatine, come direbbe il Catarella di Camilleri: la mafia salì d’un gradino e preferì qualche ammiccamento con i politici che contavano, all’epoca. È da lì che Stefano Massini inizia il suo racconto, portato in scena nel weekend scorso al Teatro di Locarno da Ottavia Piccolo nella pièce che, guarda caso, porta come titolo ‘Cosa nostra spiegata ai bambini’. E lo fa rievocando la figura di Elda Pucci, prima donna sindaco di Palermo. Una dottoressa pediatra, sino allora avulsa da ogni attività politica, che la Democrazia Cristiana scelse quale marionetta facile da manipolare. Donna, politicamente neofita, dedita soprattutto ai "picciriddi": sembra la femmina ideale in quel contesto siculo ormai in mano alla malavita organizzata; anche per metter fine a quelle chiacchiere sul sacco di Palermo ("Case, case, case, cemento, cemento, cemento…" ripete più volte l’Ottavia) altresì più volte denunciato da Giuseppe "Pippo" Fava sui giornali che vanno a ruba sull’isola e poi barbaramente mitragliato a Catania nel 1984.

Elda tuttavia non è un pupo siciliano da muovere coi fili: scopre che ci sono ammanchi notevoli quanto inspiegabili nei bilanci della città e vuole vederci chiaro. Non dimentica tuttavia i suoi piccoli pazienti ("Ruggero sta male nello sguardo"), ma quei 2 miliardi spariti nel nulla la tormentano. La invita a soprassedere un messo impomatato, dapprima mellifluo poi sempre più deciso, severo e minaccioso nel suo dire ("Ma è normale…"), eppure lei non cede. Pur alle prese con i crimini dei Badalamenti, dei Bontade, dei Provenzano e degli Inzerillo, insiste per sapere dove sono andati tutti quei soldi. Basta!, dicono a Roma e – suggerisce Massini – soprattutto Giulio Andreotti (legami con impresentabili mafiosi documentati da diversi Tribunali, ndr) sentenzia che il tempo di Elda Pucci a Palermo è scaduto. Sfiduciata dal Consiglio comunale, è costretta a dimettersi: "Neanche un anno m’hanno dato, mancavano sei giorni", denuncia la Elda/Piccolo su uno scarno palco dove alcune sedie vengono spostate e qualche altra è tolta del tutto (Manovre politiche? Omicidi?).

Accompagnata dall’Orchestra Multietnica di Arezzo che propone le musiche di Enrico Finck, mentre dietro di lei scorrono le immagini simbolicissime di Raffaela Rivi, Ottavia Piccolo declama e ricorda, senza mai andare sopra le righe, tanti eroi caduti quali servi dello Stato, dal giudice Rocco Chinnici al deputato Piersanti Mattarella (fratello dell’attuale Presidente italiano).

I primi applausi sono ovattati come i toni dell’Ottavia; poi qualcuno tra il pubblico grida: "Brava", e allora si scatena un battimani sentito quanto liberatorio.