Giorgio Gaber offre due testi geniali di riflessione critica sui nodi del nostro tempo: ‘La libertà’ e ‘La democrazia’, rispettivamente del 1972 e 1996
Libertà e democrazia: bistrattate, storpiate, distorte dai livori partigiani. In questi ultimi anni di pandemia e di guerra si è litigato furiosamente e si è pure manifestato rumorosamente per questa o quella libertà. In alcuni frangenti vi sono state inquietanti esibizioni di analfabetismo civico. Con la pandemia, assai tenaci furono coloro che hanno inteso la libertà come una proprietà personale, un diritto individuale ed esclusivo a prescindere dagli altri. E pure accese furono le dispute sull’inadeguatezza delle democrazie rappresentative nel rispondere alle reali esigenze dei cittadini: contese che hanno assecondato populismi di ogni sorta, a destra e a sinistra, e non sono mancati i partigiani delle "democrazie alternative", magari illiberali ma decisioniste, efficaci, con solide mura ultranazionaliste.
Come c’entra Giorgio Gaber in tutto ciò? C’entra perché ci offre due testi geniali di riflessione critica sui nodi del nostro tempo: una canzone del 1972, "La libertà", e un monologo del 1996, "La democrazia".
L’intellettuale milanese ci restituisce l’essenza e la sostanza della libertà con una semplice frase: libertà è partecipazione. E c’è tutto: partecipare significa far parte di un contesto pubblico, ma anche comunicare, affermare dei diritti e pure accettare dei limiti.
Il concetto si presta a riflessioni interminabili, ma un dato è assodato ed è confermato dalle radici etimologiche: evocano amicizia, crescita comune, solidarietà. Quindi la libertà è un fatto relazionale fra individui. È la dimensione solidaristica che ritroviamo nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e ancor prima in quella del 1789. Ebbene questa dimensione irrinunciabile, che lega indissolubilmente la libertà alla responsabilità collettiva, noi l’abbiamo ridotta, nel periodo pandemico, a una forma di privilegio dell’individuo a prescindere dagli altri. Questo ci ricorda Gaber: si è liberi insieme, in funzione del noi e dell’utile comune. Insomma libertà e solidarietà sono inscindibili e la partecipazione ne è la sintesi.
Ma la libertà in politica corre di pari passo con la democrazia. Non ci può essere l’una senza l’altra: non c’è libertà senza democrazia, e non c’è democrazia senza libertà. E infatti – ci insegna Norberto Bobbio – quando cadono, cadono insieme. E allora ecco lo splendido monologo del 1996, una lezione magistrale sulla democrazia: irrinunciabile sì, ma piena di contraddizioni, evidenziate attraverso l’ironia dei gesti e della parola. Sono i grandi temi, quelli sollevati da Gaber, che occupano e preoccupano schiere di ricercatori. Oggi, ancor più di ieri, la democrazia rappresentativa è accusata, con alcune buone ragioni, di rappresentare non gli elettori ma persone scelte dai partiti: spesse volte rappresentano gruppi di interesse che non perseguono il bene generale (il richiamo del legame fra lobbying e politica è scontato). Gaber ci spiega il senso di estraneità della politica (che provoca sfiducia nelle istituzioni) con la famosa frase pronunciata dall’eletto: "Lei non sa chi sono io".
Certo c’è la democrazia diretta e partecipativa, ci sono i referendum e le iniziative che ci consentono di dire la nostra scavalcando la logica della rappresentatività. Ma – precisa Gaber – c’è la questione della "nonna che deve decidere" con un sì o con un no su un argomento a lei ignoto.
In questo modo Gaber segnala un assillo che occupa e preoccupa gli studiosi: la disinformazione, nemica del buon governo e mortale nemica della democrazia perché la democrazia presuppone cittadini attivi e bene informati: l’ignoranza produce insomma cattiva politica.
Ci vien da dire, con piglio provocatorio, che votare ci fa male perché nobilita i pregiudizi e l’ignoranza in nome della democrazia.
Si stima infatti che quasi la metà dei cittadini che votano sono completamente disinformati. E si moltiplicano gli studi sul dilagare della mediocrità in politica. A che cosa è dovuta questa sorta di involuzione che porta al potere tanta pochezza? A molti fattori, ovviamente. Ma Gaber, ce ne suggerisce uno, il principale: "Una delle caratteristiche della democrazia è che si basa esclusivamente sui numeri…come al gioco del Lotto…"; quindi è il numero che conta e non la qualità. "Intendiamoci – conclude Gaber – la democrazia non è nemica della qualità. È la qualità che è nemica della democrazia". Arguta sintesi del principale cruccio delle democrazie liberali oggi. È un dato di fatto, tristemente noto: le democrazie difficilmente, per loro natura, riescono a esprimere "il governo dei migliori" e faticano a promuovere l’eccellenza e la meritocrazia: spesso (non sempre per fortuna) sono i peggiori a prevalere. Come osserva Gaber, l’uomo di qualità che mira alla buona politica, e non bada al consenso, poco vale perché presumibilmente non avrà i numeri per essere eletto.
Raffaele De Mucci, ordinario di sociologia politica, conferma: in politica "l’eccellenza è mediocre" e David Runciman, professore a Oxford, rincara: "Quelli che arrivano al governo ci arrivano perché sono bravi nel gioco sporco della politica". Mi verrebbe da dire che Gaber ci aveva preannunciato lo spettacolo attuale: l’obsolescenza della politica.
Già che ci sono. Sembra che i dati non indichino un entusiasmo particolare per la civica da parte degli allievi delle nostre scuole. E allora perché non accantoniamo per un momento i fastidiosi e noiosissimi manuali di civica e chiediamo ai testi di Giorgio Gaber di spiegarci la faccenda? La proposta, sebbene stimolante, sarebbe presumibilmente respinta: l’autore di Destra-Sinistra, per i cultori ufficiali della civica, è sicuramente troppo… di sinistra.
"Profetico, visionario, attualissimo: Giorgio Gaber ha lasciato, nel corso della sua straordinaria carriera artistica, una produzione musicale e teatrale che non ha tuttora eguali nel panorama italiano". Il 1° gennaio 2023 ricorre il ventennale della scomparsa del cantautore e per sottolinearne l’importanza intellettuale il sito naufraghi.ch propone il progetto ‘Ricordando il Signor G’, con la pubblicazione di sette contributi di autori diversi, a partire dal 27 dicembre. I sette ‘gaberiani’ ticinesi sono (in ordine alfabetico): Bruno Brughera, Daniele Dell’Agnola, Andrea Ghiringhelli (proposto in questa edizione), Massimiliano Herber, Fabrizio Quadranti, Sara Rossi Guidicelli, Erica Zippilli Ceppi. Per completare il progetto, la piattaforma offre due interviste video con il giornalista Andrea Scanzi (autore di ‘E pensare che c’era Giorgio Gaber’) e Paolo Dal Bon, per anni manager di Gaber e oggi presidente della Fondazione Giorgio Gaber.
Per gentile concessione del sito www.naufraghi.ch