‘Taxi Driver’, ‘The Wolf of Wall Street’, ritratto di Dylan e altri capolavori: breve storia di uno dei padri del cinema moderno
Nato scozzese da genitori e nonni palermitani emigrati nel Queens, registrato con un errore all’anagrafe il 17 novembre del 1942, quattordici volte candidato all’Oscar, una sola statuetta per ‘The Departed’ nel 2007, Leone d’oro alla carriera nel 1995. È Martin Scorsese, ottant’anni il 17 novembre, celebrato in tutto il mondo. Piccolo di statura, timido, cagionevole di salute per i frequenti attacchi d’asma, il giovane Martin non riesce a farsi spazio tra le gang giovanili che infestano il quartiere e trascorre le giornate solitario tra la chiesa – tra sogni di sacerdozio – e il cinema che lo affascina sin da bambino. Troppo povero per comprarsi una cinepresa – il padre lavora in una lavanderia, la madre arrotonda cucendo vestiti –, disegna le scene della sua fantasia in dettagliati story board, scopre in tv i classici del neorealismo, si appassiona ai film western di John Ford, divora libri di cinema. Quando scoprirà anche la Nouvelle Vague francese, capendo che si può filmare la vita con pochi mezzi e tanta inventiva, il dado è tratto.
Qualche cortometraggio realizzato grazie a una borsa di studio dell’Università, debutta nel 1969 dopo quattro anni di lavoro con ‘Chi sta bussando alla mia porta’, girato in 16 mm e interpretato dall’amico Harvey Keitel. Con lui, per collaborare per sempre, la produttrice Barbara De Fina e la montatrice Thelma Schoonmaker. L’anno dopo dirige il set de ‘I killer della luna di miele’, rimpiazzato dopo una settimana da Leonard Kastle, autore della sceneggiatura. Quando le strade sembrano chiuse, il produttore indipendente Roger Corman lo ammette nella sua factory e gli affida la regia della gangster story ‘America 1929: sterminateli senza pietà’ (1972). Scorsese investe tutto il suo compenso per girare a New York il film che lo renderà celebre, ‘Mean Streets’ (1973), affresco della vita di strada ancora con Harvey Keitel e un giovane sconosciuto presentatogli da Brian de Palma, di nome Robert De Niro. Il primo suo trionfo internazionale, proprio con De Niro protagonista, è ‘Taxi Driver’ (Palma d’oro a Cannes e quattro nomination all’Oscar nel 1976), e in mezzo ‘Alice non abita più qui’ (1974), Oscar a Ellen Burstyn, e il documentario ‘Italoamericani’, nel quale intervista i suoi genitori. ‘New York New York’ (1977), tonfo commerciale oggi rivalutato, il film-concerto ‘L’ultimo Valzer’ (1978) con gli amici di The Band e Bob Dylan, (1978) è la prima (doppia) incursione nella musica.
La critica lo massacra, la profonda depressione lo spinge verso gli stupefacenti e i tentativi di lasciare tutto. De Niro gli propone il copione di ‘Toro scatenato’ (1980), ritagliando per sé la parte di Jack La Motta: è un successo di pubblico e di critica, pari a quello di ‘Quei bravi ragazzi’ (1990). Tra scandali – ‘L’ultima tentazione di Cristo’, ‘Gangs of New York’ – flop – ‘The Aviator’ – e clamorosi successi – ‘The Departed’, ‘The Wolf of Wall Street’, al sodalizio con De Niro si aggiunge quello con Leonardo DiCaprio – e comprese le sperimentazioni come ‘Hugo Cabret’, in 3D, Martin Scorsese è in dirittura d’arrivo con ‘The Killers of the Honeymoon’, sta lavorando al ritratto di Frank Sinatra, senza abbandonare il mondo del rock, senza che su questo – ‘Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story by Martin Scorsese’, per esempio – la critica abbia più nulla da eccepire.