Il concerto con la partecipazione del pianista Benjamin Grosvenor si è svolto giovedì scorso nella Sala Teatro proponendo pagine di Grieg e Sostakovič
L’Orchestra della Svizzera italiana è tornata giovedì sotto la direzione di Markus Poschner e con il pianista Benjamin Grosvenor, solista nel Concerto per pianoforte e orchestra (1868) di Edward Grieg (1843-1907), che ha aperto il programma, seguito dalla Prima Sinfonia (1925) di Dmitri Sostakovič (1906-1975). Sono due opere giovanili, scritte a mezzo secolo di distanza, in temperie culturali assai diverse, ma con uno stretto legame geografico. Bergen, dove Grieg è nato ed è rimasto tutta la vita, pur concedendosi molti viaggi, San Pietroburgo, dove Sostakovič è nato e ha frequentato il Conservatorio, stanno al sessantesimo parallelo come altre importanti capitali politiche e musicali: Oslo, Stoccolma, Helsinki. Lassù le notti sono lunghissime d’inverno e brevissime d’estate: la vita sociale e la vita culturale hanno forse ritmi diversi e noi cerchiamo di intravvederli nelle loro musiche.
Il Concerto di Grieg, scritto in pieno crepuscolo romantico, è di un lirismo seducente, di facile, forse troppo facile ascolto, certamente non di facile esecuzione. Il nostro pubblico ha avuto il privilegio d’ascoltare dal vivo uno straordinario talento da poco apparso sulla scena internazionale. Grosvenor, Poschner e la magnifica Orchestra hanno affrontato i tempi veloci con esuberanza festosa, qualche forte diventato fortissimo, qualche contrasto dinamico accentuato e, per contrasto, hanno reso l’Adagio introverso e meditativo. Il retorico finale del primo tempo ha trascinato il pubblico in un applauso fuori luogo, accolto col sorriso dagli interpreti. Un preannuncio degli applausi finali che hanno costretto il solista a concedere due bis: due Danzas Argentinas di Alberto Ginastera.
Da qualche anno ormai l’elevata qualità dell’Osi resta costante, forse continua a crescere e ciò le consente di ospitare solisti prestigiosi, con i quali è difficile allestire una classifica: tutti bravi, tutti uguali. Ma stavolta sono tentato di parafrasare una famosa frase di George Orwell: "Benjamin Grosvenor più uguale degli altri".
Tuttavia il concerto di giovedì potrà essere ricordato soprattutto per la Prima Sinfonia che Sostakovič scrisse a diciannove anni come saggio per il diploma di composizione e che al direttore che ne diresse la prima esecuzione sembrò una pagina nuova nella storia della musica. Del resto nell’ambiente del Conservatorio doveva esser noto quanto nei due decenni precedenti era successo in tutte le avanguardie artistiche a Parigi, Berlino e Vienna, e il giovane compositore ancora non temeva la censura di Stalin.
Mi piace pensare a un sodalizio artistico fra Dmitri Sostakovič e la poetessa Anna Achmàtova (1889-1966), alle angosce delle loro esistenze sotto il regime sovietico, sempre permeate del senso della storia: "Noi ti serberemo, favella russa, grande parola russa, libera e pura ti porteremo".
Sono pensieri poetici che aiutano il recensore a descrivere la meravigliosa interpretazione offerta da Markus Poschner e dall’Orchestra della Svizzera italiana: una lettura analitica, che nella freschezza di abbozzi giovanili del compositore è parsa tratteggiare anche l’evoluzione della maturità.