Alle Settimane musicali, ascoltando la Budapest Festival Orchestra diretta da Ivan Fischer, con finale insolito e commovente
Che emozione tornare in San Francesco per un concerto sinfonico, adesso che le chiese si svuotano di fedeli e si riempiono di melomani, ricordare il primo concerto delle Settimane musicali ascoltato più di settant’anni fa, con l’allora Radiorchestra diretta da Carl Schuricht e Yehudi Menuhin solista di violino, costretti a esibirsi in una palestra disadorna; ripensare l’affascinante cultura mitteleuropea di Ascona, che ha avuto gli eccentrici ‘balabiott’ del Monte Verità, ma anche il musicista Vladimir Vogel tra i fondatori delle Settimane musicali.
Lunedì scorso la Budapest Festival Orchestra diretta da Ivan Fischer ha offerto un programma eclettico e quasi cameristico: il Natale in famiglia dell’‘Idillio di Sigfrido’ (1870) di Richard Wagner, gli sberleffi dei ‘Misteri del Macabro’ (1992) di György Ligeti, l’‘Eroica’ (1804) di Ludwig van Beethoven.
‘Siegfried-Idyll’ è un omaggio natalizio del compositore sessantasettenne alla giovane moglie Cosima e al figlio Siegfried nato un anno prima. L’Orchestra di Budapest aveva eseguito quest’opera un mese fa al Lucerne Festival, ossia a pochi passi da Tribschen dove fu scritta ed ebbe la prima esecuzione. Forse perché lontana da Tribschen, l’esecuzione dell’altra sera è sembrata priva d’intimità cameristica, una lettura corretta ma con poche emozioni. Ivan Fischer ha portato in prima fila i legni, ma non sempre il loro suono è emerso nitido in quello dell’orchestra.
Al centro del programma i brevi, intriganti ‘Misteri del Macabro’ per soprano e orchestra, con la giovane soprano Anna-Lena Elbert, che è stata una gradita rivelazione. Fischer disponeva di sufficienti strumentisti per evitare doppi servizi alle percussioni, alle tastiere e ai fiati. Pur seduto in un’eccellente posizione centrale non sono riuscito a individuare tutti gli strumenti impiegati, ma ho potuto apprezzare come l’orchestra sia stata duttile ai comandi del direttore e mirabilmente espressiva nel dialogo-disputa con la solista. L’interpretazione di Anna-Lena Elbert ha saputo evitare effetti clowneschi e inserire l’opera nel filone maestro del teatro dell’assurdo.
Quando ascolto dal vivo una Sinfonia di Beethoven, mi chiedo: quanti in sala la stanno ascoltando per la prima volta? Forse lunedì in San Francesco erano parecchi, se alla fine del primo tempo è partito un applauso piuttosto convinto, di quelli che disturbano l’esecutore e danno all’ascoltatore l’etichetta di incompetente. Ivan Fischer, che ha schierato il plenum dell’orchestra con una cinquantina di archi sulla base di sei contrabbassi, ne ha comunque dato una buona interpretazione, con scelte ritmiche assai personali.
Il concerto ha avuto un finale insolito e commovente. Agli applausi calorosi, costellati di ovazioni, ai richiami ripetuti del direttore i musicisti hanno risposto così: hanno lasciato gli strumenti, si sono riuniti al centro del palco e hanno cantato a cappella un canto della sera di Zoltan Kodaly.