La recensione

Al Lucerne Festival, un capolavoro di Thomas Adès

Sabato sera, la rassegna ha vissuto un concerto memorabile in cui sono state eseguite ‘Air’, ‘Traumspiel’, ‘Agon’ e la Sinfonia n. 3

Il concerto si è svolto sabato scorso nel Konzertsaal, dove Thomas Adès ha diretto la Lucerne Festival Contemporary Orchestra
(archivio Keystone)
30 agosto 2022
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Serata memorabile sabato scorso nel Konzertsaal, dove Thomas Adès ha diretto la Lucerne Festival Contemporary Orchestra nella prima esecuzione della sua ‘Air’ per violino e orchestra, composta per e con Anne-Sophie Mutter, in un programma completato da tre opere della seconda metà del Novecento: ‘Traumspiel’ (1975-80) di Per Nørgård (*1932), la musica per il balletto ‘Agon’ (1953-57) di Igor Strawinski, la Sinfonia n. 3 (1972-83) di Witold Lutoslawski.

Il bel programma di sala ha indicato saggiamente gli anni di composizione delle tre opere, che cadono nel periodo scapigliato delle avanguardie musicali europee, ma si tratta di tre opere assai diverse tra loro, difficili da accostare in uno stesso programma, scelte perché richiedono orchestre con una dotazione strumentale simile a quella di ‘Air’. Così il concerto si è svolto senza spostamenti di leggii fra un brano e l’altro, con l’Orchestra dell’Academy che ha dovuto schierare tutti i suoi fiati e i suoi percussionisti, ha invece potuto lasciare a riposo parecchi archi, perché Adès ne ha voluti solo una quarantina, anche nella Sinfonia di Lutoslawski, che ha chiuso il concerto e ha lasciato al pubblico l’ultima immagine del palco con gli archi davanti, in mezzo la selva dei fiati, in alto in fondo due arpiste, due pianisti, sei percussionisti. Poi la figura del maestro che dirige con un gesto ampio e col sorriso. Anche i giovani strumentisti sorridono, ma sono talenti venuti da venticinque nazioni, stanno assieme da pochi giorni e sul loro volto c’è l’ansia della ricerca, lo stupore per il lavoro in corso. E val la pena ricordare che per loro le opere di mezzo secolo fa appartengono alla storia della musica.

Una meditazione pacata

È difficile confrontare i contesti in cui sono state scritte le tre opere eseguite sabato, ma conviene collocarle in un clima culturale che riscopre il valore del desiderio conculcato dal cristianesimo e si compiace del blasfemo. La vita è sempre più condizionata dalle scoperte scientifiche. L’artista agnostico, che volentieri pospone le verità della fede a quelle della scienza, ancora crede all’indipendenza se non alla superiorità dell’arte sulla scienza.

Negli anni Venti di questo secolo il contesto culturale è molto cambiato, anche per chi compone musica. Le recenti scoperte della neurologia ci hanno svelato un mondo nel quale la realtà non più come ci appare e i suoni costruiti dal nostro cervello sono altri da quelli che il nervo acustico porta a esso dall’orecchio.

‘Air’ di Thomas Adès inizia con un abbozzo di tema lentissimo, quasi un’antica passacaglia, suonato pianissimo dai violini, a esso si unisce il violino solista, poi se ne stacca con un crescendo e raggiunge un forte, quasi un fortissimo carico di emozione, che sembra svelare i battiti del cuore di Anne-Sophie Mutter. Dico questo perché penso che la grande violinista è cosciente che sta presentando un vero capolavoro. Non un’esibizione virtuosistica, ma una meditazione pacata. Solo un quarto d’ora di musica che trascina l’orchestra in un incredibile intreccio polifonico. Devo poterlo riascoltare per parlarne con precisione. Per scriverne adesso mi devo aggrappare all’emozione di qualche ricordo poetico. Forse di un "notturno" pascoliano: "Un’ape tardiva sussurra / trovando già prese le celle / Per tutta la notte s’esala / l’odore che passa col vento"…

Quando si spegne l’ultima nota di ‘Air’ il direttore resta immobile con una mano alzata; vorrebbe forse che il suo brano sia onorato col silenzio, ma ciò non è oggi possibile: si scatena un applauso fragoroso, che termina con l’ormai consueta "standing ovation".