La recensione

Curumins, PFM e poi la festa: Estival Jazz, impressioni d’agosto

Non solo il rap riempie le piazze: Estival riprende dov’era rimasto, dalla musica suonata e, quest’anno, dal sogno di una vita migliore

Banda dos Curumins
(© Ti-Press / Massimo Piccoli)
28 agosto 2022
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L’applauso luganese è molto lungo. Quando i giovani brasiliani chiudono il proprio set sulla scena di Piazza Riforma, Jacky Marti chiama sul palco Alberto Eisenhardt, che con la moglie Adriana è l’artefice di quel che è appena andato in scena, e gli chiede due parole. E le due parole sono: "Non chiedete a un padre di parlare dei propri figli".

Uno dei tanti ponti Lugano-San Paolo del Brasile si è appena concluso. La Banda dos Curumins, espressione musicale della più estesa Casa dos Curumins – associazione che dal 2005, grazie al lavoro di due coniugi ticinesi, offre il sogno di una miglior vita ai giovani della periferia di San Paolo – ha suonato e cantato il suo Estival. L’emozione è il secondo bis, e lo eseguono Eisenhardt, le autorità sul palco, il pubblico e pure Mister Estival, che un’ora prima aveva (ri)dato il benvenuto nella ‘sua’ piazza alzando un composto, elegante, nobile dito medio alla pandemia: "Se non abbiamo mollato è per vari motivi. La passione, il sostegno del Municipio, e poi il pubblico, che quando stavamo per gettare la spugna ci ha espresso vicinanza. Quella solidarietà ci ha fatto capire che Estival non era più solo il nostro, di noi che lo abbiamo fondato 43 anni fa, ma di tutti e merita di essere salvato".


© Ti-Press / Massimo Piccoli
Banda dos Curumins

Caçador de estrelas

"Speriamo che la nostra musica v’impaccia", dice poco dopo l’inizio una delle quattro giovani che danno viso e voce ai Curumins, in un inciampo linguistico che scioglie proprio l’impaccio (leggasi ‘emozione iniziale’) e apre a più rilassati sorrisi che fanno decollare la musica. Decisivo l’apporto motivazionale del ticinese Sebalter, padrino della Scuola di musica della Casa dos Curumins, sul palco per la versione in lingua originale di ‘Samba della rosa’ che già fu di Ornella Vanoni su ‘La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria’, forse la più riuscita joint venture tra musica italiana e bossanova (Vinícius de Moraes e Toquinho, nel disco per e con la Ornella nazionale). Sebalter e i Curumins, più volte incontratisi in passato, si dividono pure la di lui ‘Hunter of Stars’, e un altro ponte è collegato.

C’è altro de Moraes nel set dei Curumins (‘Berimbau’), c’è l’omaggio a Gilberto Gil, a Estival nel 1995 e indirettamente qui nella rivisitata ‘Toda menina baiana’, quello a Clara Nunes nel dolente ‘Canto das Três Raças’, e quello al pianista e compositore João Donato nella sua ‘Amazonas’, con liriche. "C’è ancora qualcosa da mettere a posto", dice un raggiante Eisenhardt nel backstage, quando tutto è finito. Certo, non tutti suonano come Gabriel Marinho, il sassofonista, ma non fosse così sarebbe stato tutto molto meno bello, importante e soprattutto vero.


© Ti-Press / Massimo Piccoli
Franz Di Cioccio

Celebrando

"Vado, se no mi portano al Cardiocentro". Su ‘Transumanza Jam’, dall’ultimo album d’inediti ‘Ho sognato pecore elettriche’, di cui un più cospicuo estratto apre la serata, la PFM – Premiata Forneria Marconi, tra gli acronimi più importanti di sempre dopo USA, UFO, NASA e MASI (in omaggio a Lugano) – ha volumi da Monsters of Rock e qualcuno preferisce guadagnare l’uscita anzitempo. Ma sebbene tutto sia acusticamente ‘al limite’, il risultato è di tutto rispetto (e la legge che il concerto si ascolta meglio da metà sala indietro resta valida).

La PFM con doppia batteria – e non solo perché Franz Di Cioccio deve cantare – ha Patrick Djivas e Lucio Fabbri a ricordarne la genesi; ha anche i bravi Alessandro Scaglione al moderno Moog e Luca Zabbini al canto e altre belle cose, chitarristiche e tastieristiche. E uno special guest alla chitarra da far diventare i capelli bianchi pure ai bambini: è il palermitano Matteo Mancuso, 25anni, senza plettro. Al di Meola dice che gli ci vorrebbero altre vite per suonare come lui; Steve Vai dice che Mancuso è il futuro. La musica: ‘Impressioni di settembre’ è una (splendida) pratica evasa quasi subito, e così ‘La carrozza di Hans’, entrambe da ‘Storia di un minuto’, album d’esordio di cinquant’anni fa. La scaletta attinge da ‘Per un amico’ e ‘Photos of Ghosts’; la parentesi filo-pop è rappresentata da ‘Quartiere 8 (Qt8)’, su ‘Come ti va in riva alla città’ (1981) e quella classica da ‘PFM in classic – da Mozart a Celebration’, album presentato a Estival nel 2013 con l’Orchestra della Svizzera italiana e che ha qui la maestosità di ‘Romeo e Giulietta – Danza dei Cavalieri’, il Prokofiev riveduto e corretto alla maniera del rock progressivo. Prima di lasciare il palco e la festa ai Gipsy Kings – gli originali di Andre Reyes, fin verso l’alba a colpi di hit milionarie (per copie e non solo) – la PFM chiude la celebrazione con ‘Celebration’.


© Ti-Press / Massimo Piccoli
Patrick Djivas

Provaci ancora Jacky

Il ritorno di Estival Jazz ci conferma che una piazza non ha bisogno del rap per riempirsi, e ci ricorda ogni volta la bellezza di oggetti di modernariato come quell’insieme di fusti e pelli da percuotere con le mani o con una coppia di affusolati e non troppo lunghi bastoni di legno detti ‘bacchette’, utilizzati appositamente per gli strumenti detti ‘a percussione’: l’insieme di tutti questi elementi, da alcuni anni, viene anche chiamato ‘la batteria’. Ci sarebbero anche quello strumento che sembra una chitarra ma di norma ha due corde in meno (lo chiamano ‘il basso’, forse è per questo che qualcuno non lo sente), il pianoforte a corde (quello che va anche senza la corrente) e la voce umana con tutte le sue bellissime, immancabili, necessarie, imperfezioni (dicesi anche ‘la voce umana senza l’autotune’).

In questo mondo di Sangiovanni, Estival Jazz riparta da qui, dov’era sempre stato. E adesso, ‘Bamboléo’.

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