L’attore francese Palma d’oro e Oscar per la sua interpretazioni nel film ‘Un homme et un femme’ è morto oggi all’età di 91 anni
"Je devrais m’arrêter, mais je ne veux pas. Les moments les plus heureux de ma vie, c’est quand je travaille, quand je fais du théâtre", ha confidato nel 2017 Jean-Louis Trintignant. Nel settembre di quello stesso anno ha dichiarato pubblicamente di avere un cancro, ma anche che avrebbe rifiutato ogni trattamento medico. E nel novembre dello scorso anno l’ex moglie Nadine ha rivelato che l’attore stava perdendo la vista "a poco a poco".
Così questa mattina, 17 giugno 2022, Trintignant si è spento nella sua casa di Uzès, nella regione del Gard, dove produceva ventimila bottiglie di Côtes-du-Rhône Villages (dicono di buona qualità), "circondato dalla sua famiglia", come ha riferito la moglie Mariane Hoepfner Trintignant. Nel comunicare la dipartita, ha aggiunto ancora: "È morto serenamente, di vecchiaia". Strana quella parola – "serenamente" – riferita a un uomo la cui vita – era nato l’11 dicembre 1930 a Piolenc – è stata segnata in adolescenza dall’arresto del padre partigiano, Raul, da parte dei legionari incorporati nell’esercito tedesco nel maggio 1944, e dalla morte di sua madre, Claire, uccisa dopo la guerra per aver avuto una relazione con un soldato tedesco, durante la detenzione del marito. Un colpo tremendo per un ragazzo di quindici anni, che si è salvato grazie alla scoperta della poesia di Jacques Prévert, Guillaume Apollinaire e Louis Aragon. E la poesia non l’abbandonerà mai. A distanza di sessant’anni da quegli eventi, nel 2003, in teatro leggeva "Poèmes à Lou" (lettera d’amore del poeta Guillaume Apollinaire alla sua amata) sul palco con la figlia Marie, che in quello stesso anno morirà violentemente e troppo presto, vittima di un crudele femminicidio. Due anni dopo la drammatica vicenda, Jean-Louis riporterà Apollinaire sul palco di Avignone per renderle omaggio: al cinema si può rinunciare, ma al teatro no, alla vita no. Marie era la compagna preferita del padre, proprio in teatro.
A fine anni Quaranta, un giovane Trintignant era studente alla Facoltà di giurisprudenza di Aix-en-Provence, ma galeotto fu il teatro: "L’Avare" di Molière e il "Giulio Cesare" che gli han fatto scoprire e amare Shakespeare. Ha abbandonato l’università ed è partito alla volta di Parigi per studiare e fare teatro. L’ambizione era quella di diventare attore teatrale e regista cinematografico. Con quei pensieri in testa, inizia a frequentare un corso di regia presso l’Institut des hautes études cinématographiques (Idhec). Ma prima che diriga il suo primo film, "Une journée bien remplie" nel 1972, passeranno vent’anni, a cui seguirà tempo dopo "Le Maître-nageur", del 1978. Esperienze fatte quando aveva già alle spalle un’importante carriera d’attore cinematografico, cominciata con tante comparsate coronate dal debutto nel film "Si tous les gars du monde" (1956) di Christian-Jaque. La fama internazionale è sancita dal mitico film scandalo di Roger Vadim "Et Dieu… créa la femme", pellicola in cui ha recitato con Brigitte Bardot e che dà adito allo scandalo da rotocalco che vuole Jean-Louis amante dell’iconica attrice, soffiata a Vadim.
Nella vita di Trintignant tutto sembrava filare liscio, fino al servizio militare: è riuscito a schivare l’Algeria, ma si è ritrovato in Germania, dalle parti in cui anche Elvis Presley stava prestando servizio. Come il cantante, l’attore francese non ha pagato troppo pegno: rientrato in patria, ha subito ripreso a calcare la scena teatrale. Dopo aver fatto impazzire il pubblico nel ruolo di protagonista di un "Amleto" leggendario, Roger Vadim gli ha offerto un ruolo importante nel suo nuovo "Les liaisons dangereuses": era il 1960 e con lui hanno recitato mostri sacri come Gérard Philipe, Jeanne Moreau e Boris Vian. Nello stesso anno ha trionfato in Italia con l’indimenticabile "Il sorpasso" di Dino Risi, a fianco di un irresistibile Vittorio Gassman.
Ma il successo internazionale è sancito da "Un homme et une femme" di Claude Lelouch, che ha vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 1966 e l’Oscar per il miglior film straniero e la migliore sceneggiatura originale negli Stati Uniti, nel 1967. Nel frattempo ha interpretato anche film politicamente impegnati contro il fascismo e la dittatura, fra cui "Le combat dans l’île" (1962) di Alain Cavalier e "Z" di Costa-Gavras con Yves Montand, che gli ha regalato il premio come miglior attore al Festival di Cannes del 1969. Un Orso d’argento lo ha ricevuto come miglior attore al Festival di Berlino (Berlinale) per "L’homme qui ment" (1970) di Alain Robbe-Grillet. Dopo aver recitato nel cult "Ma nuit chez Maud" di Éric Rohmer, ha girato quello che ha sempre ritenuto il suo miglior film come attore: "Il conformista" di Bernardo Bertolucci.
Negli anni successivi, Trintignant ha lavorato molto in Francia, dedicandosi ancora al teatro e ai suoi film. Sono i tempi dei rifiuti: ha detto no a Bertolucci che lo voleva per "Ultimo tango a Parigi"; ha rifiutato un ruolo in "Encounters of the Third Kind" di Steven Spielberg, nonché uno in "Apocalypse Now" di Francis Ford Coppola.
In quel periodo, l’attore di Piolenc s’è appassionato alle corse in automobile ed è diventato così pilota professionista, seguendo le orme di tre suoi zii: uno morto durante le prove di un gran premio, un secondo che correva discretamente e il terzo, Maurice Trintignant (1917-2005), che ha avuto una carriera eccezionale nel dopoguerra, correndo per Maserati, Bugatti, Lotus e Ferrari. E Jean-Louis aveva le corse nel sangue: ha partecipato sei volte al Rally di Monte Carlo, una alla 24 Ore di Le Mans (nel 1980), è anche arrivato secondo alla 24 Ore di Spa nel 1982. Ma nonostante tutto, Jean-Louis non ha potuto scordare il suo primo amore, la recitazione. Nel 1983, con Fanny Ardant, ha recitato per la prima volta con François Truffaut, in quello che sarà l’ultimo suo film: "Vivement dimanche".
Fingendosi gravemente malato, nella cornice del Festival di Venezia del 1987 ha annunciato la sua rinuncia al cinema. Da quel momento, si dedicherà di più al teatro e al vivere in vigna, diradando gli appuntamenti sul set, dove ha interpretato personaggi misantropi e cinici, solitari. Nel 1994 figura nel cast di "Tre colori: rosso" di Krzysztof Kieślowski e del film d’esordio di Jacques Audiard, "Regarde les hommes tomber". Nel 2011, accompagnato da Daniel Mille alla fisarmonica e Grégoire Korniluk al violoncello, Trintignant è tornato ai suoi poeti al Théâtre de l’Odéon recitando Boris Vian, Jacques Prévert e Robert Desnos, ma non Apollinaire, quello gli ricordava troppo sua figlia. L’anno seguente ha recitato come gli angeli solo possono fare in "Amour" di Michael Haneke, che gli varrà la Palma d’Oro al 65° Festival di Cannes, il César per il miglior film e l’Oscar per il miglior film straniero. L’attore oramai 82enne voleva fermare la sua storia con quell’immenso film, ma Haneke lo ha convinto a tornare sul set, inutilmente, seppur bravissimo, in "Happy End", accanto a Isabelle Huppert e Mathieu Kassovitz.
Il resto è solo la cronaca di un attendere serenamente la Morte, recitando ancora. Perché, cosa deve fare un attore di diverso?