Al netto di piccole, inevitabili sbavature, ‘Top Gun: Maverick’ è un sequel divertente e spettacolare. Anche la nostalgia per gli anni Ottanta è benvenuta
‘Top Gun’ è un po’ la quintessenza di un certo cinema degli anni Ottanta: un buon film d’azione – o un lungo spot per arruolarsi in Marina mascherato da film d’azione –, una solida sceneggiatura da Bildungsroman con agganci all’attualità della Guerra fredda, giovani e bravi interpreti – Tom Cruise, Val Kilmer, Kelly McGillis e anche Meg Ryan – e poi ovviamente la colonna sonora, da ‘Danger zone’ presente ben tre volte e la hit ‘Take My Breath Away’ premiata con un Oscar, un regista che sa il fatto suo – Tony Scott, scelto non perché fratello minore di Ridley, ma perché i produttori Don Simpson e Jerry Bruckheimer avevano visto un suo spot della Saab in cui si mostrava la gara tra un’auto e un jet – e una serie di battute memorabili.
Negli anni Ottanta un film così non poteva che diventare un film di culto e ‘Top Gun’ lo è diventato: amato, citato, parodiato, decostruito (vedi il monologo di Quentin Tarantino nel film ‘Il tuo amico nel mio letto’, in cui sostiene che ‘Top Gun’ è la storia su un uomo in lotta con la propria omosessualità). E oggi? Ha senso, trenta e qualcosa anni dopo, riproporre un sequel di ‘Top Gun’ o è solo quell’eterno ritorno dell’uguale che porta Hollywood a non correre rischi? E di motivi per sospettare che questo ‘Top Gun: Maverick’ sia fondamentalmente un’operazione nostalgia ce ne sono: Tony Scott si è suicidato, Val Kilmer ha avuto un tumore che gli ha tolto la voce, non c’è più un nemico cinematograficamente rassicurante come l’Unione Sovietica, a Tom Cruise non mancano i film per restare uno degli attori (e produttori) più popolari di Hollywood. Invece no, o meglio non solo: le citazioni del primo film abbondano, da quelle più scontate e attese – Tom Cruise che corre in motocicletta a bordo pista – ad altre anche autoironiche, come la riedizione della scena di sesso che all’epoca del primo ‘Top Gun’ aveva turbato la first lady Nancy Reagan (il marito Ronald ha ovviamente apprezzato l’ignominiosa sconfitta dei sovietici nella battaglia finale), ma il film non si esaurisce in una serie di compiacenti strizzatine d’occhio ai fan e, alla fine, anche chi ha visto ‘Top Gun’ una volta sola sonnecchiando mentre veniva trasmesso in seconda serata può apprezzare il sequel. Il regista Joseph Kosinski ha fatto un buon lavoro, grazie ai progressi tecnologici le scene di volo sono ancora più spettacolari, la colonna sonora ben fatta con brani inediti di Lady Gaga e degli OneRepublic, gli sceneggiatori hanno fatto un gran lavoro nel cercare di attualizzare la storia mantenendo un legame con i personaggi originali e costruendo anche una bella parte per Val Kilmer. A grandi linee: Maverick, che in trent’anni ha accuratamente evitato le promozioni che gli avrebbero impedito di volare, viene chiamato per addestrare 12 piloti per una missione irrealisticamente difficile e dalla quale difficilmente torneranno tutti vivi. Tra i 12 c’è anche il figlio di Goose, il compagno di volo di Maverick morto per un incidente nel primo film e il sequel si gioca tutto sul rapporto tra i due oltre che sulla missione da compiere.
Poi, certo, ci sono anche altri personaggi, tra cui Penny (Jennifer Connelly), la proprietaria di un bar vicino alla base aerea dei Top Gun che cerca di sostituire il personaggio interpretato da Kelly McGillis. Il problema è che due ore non bastano, per una storia di similspionaggio con supersegreti depositi di arricchimento dell’uranio, spettacolari scene di combattimento aereo, Tom Cruise che gigioneggia un po’ sullo schermo e dare un po’ di spessore a una dozzina o più di personaggi che alla fine rimangono un po’ troppo caricaturali. Ma sono piccole, inevitabili sbavature in un film divertente e spettacolare come lo era il primo ‘Top Gun’: anche la nostalgia per gli anni Ottanta è benvenuta, quando porta a prendere il meglio di un certo cinema e trasportarlo felicemente nel 2022.
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Tom Cruise