Sabato da Tondo a Maroggia, il New York Duo con l’album ‘Higher Perception’: ‘Non si va a New York per affrontare la città, ma per affrontare sé stessi’
Si conoscono a Lucerna senza avere troppo a che fare l’uno con l’altro durante il bachelor, fatta eccezione per qualche corso insieme. Ma è solo quando scelgono entrambi New York per dare un twist alla propria formazione musicale che il pianista ginevrino Robinson de Montmollin e il chitarrista ticinese Christian Zatta si accorgono di una certa compatibilità. Il primo è nella Grande Mela per il master, il secondo un master già ce l’ha e vuole prendere lezioni singole con i grandi nomi del jazz vivente. È il 2018. «Una volta a New York ho scritto a Robinson, ci siamo trovati e abbiamo suonato ogni settimana», racconta Zatta. A Harlem, allo Shrine World Music Venue, 40 dollari a testa di cachet, nasce il New York Duo, nome scelto per il primo concerto americano e rimasto tale, «anche se siamo due svizzeri». Due svizzeri che sabato 7 maggio alle 20 da Tondo a Maroggia occuperanno la Tree House per presentare ‘Higher Perception’, album che suona dannatamente bene, rilassato, dannatamente ben scritto e suonato. Dannatamente tutto (‘dannatamente’ fa molto ‘New York’).
«New York è responsabilizzante. L’esperienza mi ha cambiato la vita, non solo dal punto di vista musicale. L’attitudine è completamente diversa, le lezioni prese mi hanno costretto alla più totale onestà con me stesso e con lo strumento, rinunciando alla via più breve, scegliendo di andare a fondo negli elementi basilari, nei fondamentali della musica. All’inizio – spiega Zatta – il dover ripartire quasi da zero mi rendeva nervoso. Ma solo all’inizio».
Da una parte il ginevrino alla Manhattan School of Music, dall’altra il ticinese a lezione dai suoi eroi: «Gilad Hekselman, Ari Hoenig, Shai Maestro, Ben Monder. E Mike Stern, un imprevisto diventato un bel rapporto personale». Le esperienze dei due sono finite in ‘Higher Perception’, una percezione più ampia della musica e della vita in genere: «Per entrambi, New York è stata un’esperienza a tutto tondo, formante. Uno dei concetti di Robinson era che non si va a New York per affrontare la città, ma per affrontare sé stessi. Da soli, in quelle situazioni, escono i limiti di ognuno, e anche la capacità di superarli e migliorare».
Laddove si ricerchi il balance perfetto tra un pianoforte e una chitarra, e si pretenda (parliamo in prima persona) di avere ‘Metheny/Meldhau’ come ascolto di riferimento, tutto quanto vi si avvicini per rilassatezza è conquista. Otto tracce, due cover – lo standard ‘Body And Soul’ e ‘A Shade Of Jade’ di Joe Henderson – e sei composizioni firmate Zatta/de Montmollin di cui una che pare una cover ma che cover non è. È il sentito tributo all’eroe condiviso Keith Jarrett, nel brano il cui titolo è, manco a dirlo, ‘Keith’: «Sono un grandissimo fan dei pianisti», dice il chitarrista, «e tra i miei musicisti preferiti ci sono forse più pianisti che chitarristi, anche perché dal punto di vista della composizione il pianoforte è fantastico. Di pianisti ne ascolto tantissimi, gente come Tigran Hamasyan, e tra i sassofonisti, oltre a Joe Henderson, Ben Wendel». Quanto alla splendida ‘Keith’, «è chiaramente un omaggio a quell’indefinibile stile di Jarrett».
‘Higher Perception’ nasce in piena pandemia e lì viene registrato e mixato da Zatta all’interno della scuola di musica lucernese nella quale insegna. A masterizzarlo ci ha pensato Tom Hutten, orecchio raffinato che spazia dal jazz al metal. Ad aprire l’album è la bella e dolente ‘Song For Armenia’: «È ispirata ai fatti di guerra più recenti in Armenia. Ho la ‘brutta’ abitudine di alzarmi e leggere le notizie e quel giorno lessi di cose paragonabili a quanto sta succedendo oggi in Ucraina. Mi stupii di quanto sembrasse impossibile di questi tempi, e di come fosse tutto vicinissimo all’Europa. Ora, di fronte a quel che accade a pochi chilometri da qui, l’Armenia sembra addirittura lontana. È su questi pensieri che ho improvvisato l’armonia del brano».
Altra connotazione spazio-temporale ci porta alla traccia conclusiva, ‘Saint Marks Avenue’, drammatica, mossa, quasi ‘affollata’: «Saint Marks Avenue è la strada della mia prima esperienza newyorchese, a Brooklyn, Crown Heights. La prima mattina in cui uscii a esplorare il quartiere capii che me l’ero immaginato molto diverso. Da bravo svizzero ho dovuto imparare che non tutto il mondo è la Svizzera, e che anche se una città ha palazzi non proprio belli da vedere e persone che paiono strane, va bene così».
Al termine dei 46 minuti di ‘Higher Perception’, e anche dopo la prova del nove (visti e ascoltati dal vivo sul Tubo), Christian Zatta e Robinson de Montmollin – detto nell’accezione non sentimentalistica del termine – sono ‘una cosa sola’: «Due strumenti armonici – chiude il ticinese – possono essere un problema ma anche un grande aiuto, possono fornire una grande quantità d’informazioni. Fondamentale è capire ‘chi fa cosa e quando’, ma è una bella sfida, che ci permette di progredire. Suonare con una band, poi, diventa più facile». Quindi ‘Higher Perception’ sarebbe suonabile in versione estesa? «Credo che i brani lo consentirebbero. La domanda è se sia davvero necessario, o se i brani non funzionino già bene perché pensati così» ("la seconda che hai detto", cit.).
Sito ufficiale: www.newyorkduo.com. Biglietti su www.eventfrog.ch/newyorkduomaroggia
Mons Records
‘Higher Perception’, l’album