L‘invito a restare in disparte dall’Academy per dieci anni non va giù ai fan di ’King Richard’. E c’è chi parla di decisione “razzista’
Dopo lo schiaffo dell’Academy a Will Smith, ostracizzato per dieci anni da ogni evento del massimo organo di governo di Hollywood, il popolo di fan dell’attore di King Richard è insorto: una punizione sovramisura, per alcuni "razzista", ha colpito il neo-premio Oscar, sanzionato ieri dal Board del Governatore per lo sganascione assestato in faccia al comico Chris Rock che nella notte degli Oscar in diretta tv aveva deriso sua moglie Jada Pinkett.
I commenti in rete hanno un unico comune denominatore: l’ipocrisia di Hollywood. Perché misure simili non sono state prese, ma neppure pensate, per altri reprobi della mecca del cinema, e in particolare contro i "predatori" bianchi, a partire da Harvey Weinstein che continua a tenere l’Oscar pur essendo stato condannato a 23 anni di prigione dopo aver aggredito e stuprato una ottantina di donne.
Weinstein e Roman Polanski, a onor del vero, e così anche il comico televisivo Bill Cosby, sono stati espulsi dall’Academy al tempo del #MeToo, ma Smith aveva spuntato quest’altra punizione quando, tornando a coprirsi il capo di cenere, aveva restituito la tessera dell’organizzazione.
Niente espulsione o sospensione, dunque ma solo il "disinvito" decennale, con la clausola che la popolare star di ‘Hitch’ e ‘Alla Ricerca della Felicita’ potrà continuare a essere candidato (non bisogna essere membri dell’Academy) e perfino vincere: ma se Will vince, chi andrà a ritirare l’Oscar a suo nome nella notte delle stelle?
Tra una ripresa del gossip (ieri, mentre l’Academy era riunita, è rispuntata un’intervista in cui Jada afferma che non avrebbe mai voluto sposare Will e che quello fu "il peggior giorno" della sua vita) e dubbi sul futuro dei prossimi film tra cui l’atteso ‘Emancipation’ per cui non c’è ancora una data nelle sale, sui social prosegue la litania di nomi che, a detta dei fan, non sono stati umiliati allo stesso modo: tra questi Kevin Spacey, Casey Affleck, Woody Allen, James Franco, James Toback, Dustin Hoffman, mai estromessi a dispetto di accuse di molestie sessuali, o, come nel caso di Mel Gibson, violenze sulla partner ed espressioni antisemite.
Tra le voci che si sono levate contro Hollywood c’è quella di Piers Morgan: il commentatore britannico ha usato il caso Polanski per illuminare il doppio standard dell’Academy: «Nel 2003 gli hanno dato l’Oscar per ‘Il Pianista’ nonostante a 44 anni avesse drogato e stuprato una tredicenne». Il regista è latitante dal 1978: dopo essersi dichiarato colpevole per cinque dei sei capi di imputazione, fuggì dagli Stati Uniti prima della sentenza e ad accettare il premio "a nome dell’Academy" fu l’amico Harrison Ford che glielo consegnò nella sua casa di Parigi.