‘Sei soste nelle vene della terra’, la Compagnia giovani incontra Graziano Martignoni domenica 10 aprile alle 17 al Teatro San Materno di Ascona
Sei danzatori, un mucchio di terra e uno psichiatra, originale composizione per uno spettacolo di danza. Eppure tutto quadra perché la terra portata sul palcoscenico è l’elemento fisico di una più generale riflessione sul valore della natura circostante, e perché lo psichiatra è uno psichiatra-scrittore, che con il mondo dell’arte coltiva da sempre una rapporto intimo e personale. Domani alle 17, al Teatro San Materno di Ascona, la compagnia giovani Tiziana Arnaboldi incontra Graziano Martignoni, anche detto ‘l’ascoltatore d’anime’, all’interno di ‘Sei soste nelle vene della terra’, spettacolo tratto dalla coreografia di Arnaboldi, che del San Materno è anche direttrice artistica, nato con le poesie di Alberto Nessi nella lontana pre-pandemia, e per questo motivo più volte rinviato.
Le ‘vene della terra’ di domani sono un’evoluzione di quell’idea, fortemente influenzata da ‘Pensieri nella brezza dei giorni’, libro di Martignoni. Che ricorda per noi: «Avevo visto lo spettacolo l’autunno scorso e mi era piaciuto particolarmente. Nello stesso tempo, Tiziana aveva apprezzato alcune cose da me scritte in quel libro, che nulla avevano direttamente a che fare con la danza o con lo spettacolo, naturalmente. Ci siamo incontrati, mi sono appassionato a quel lavoro come a molte delle cose artistiche dalle quali sono attratto, e abbiamo pensato di riproporre lo spettacolo con Alberto Nessi, che accompagnò le danzatrici con le sue poesie. Attraverso le mie scritture, ovviamente, non essendo io un poeta. La collaborazione, che avremmo voluto subito concretizzare, è stata portata più in là nel tempo dal Covid».
Con musiche e suoni a cura di Mauro Casappa, e con la regia di Tiziana Arnaboldi, ad affondare le mani nella terra ci sono Francesco Colaleo, Maxime Freixas, Lisa Magnan, Nuria Prazak, Camilla Stanga e Justine Tourillon. «Quando la danza incontra la parola, che è in fondo quel che succede nello spettacolo – spiega Martignoni – la parola diviene essa stessa corpo e il corpo diviene a sua volta parola. Cercherò di mettere in luce questo strano incontro, espresso nel movimento della danza». All’interno della struttura coreografica del progetto, Martignoni ha ideato sei soste guidate contraddistinte da sei parole-guida: esilio, naufragio, cammino-esodo-soglia, tracce, altre geografie, gli otto passi di danza. «Ho pensato a un cammino, a un percorso esistenziale a tappe, quelle che appartengono alla vita di tutti noi sin da quando veniamo al mondo. La condizione di esilio, il cammino o l’esodo, diretta conseguenza dell’esilio che obbliga le popolazioni a muoversi, a camminare, quella terra che ti sfugge e che ritrovi tua, e che può causare vere e proprie cicatrici. Alla fine di questo lungo viaggio esistenziale che cercherò di rappresentare, anche molto doloroso, si arriva a casa, al bisogno di trovare una casa. Gli otto passi della danza, danza della speranza, vengono dal mio libro».
Per Martignoni, l’arte vissuta da appassionato recensore (‘Lampi di luce’, l’ultima pubblicazione, raccoglie le recensioni di molti artisti) è ora vissuta in prima persona: «Mi appassiona, e non me l’aspettavo. Non sono un attore e apparire su di un palco non è cosa che faccio così di frequente. Sono una persona abbastanza avventurosa, alla quale piace rinnovarsi, ma faccio tutt’altro, anche se il mio mestiere, a ben vedere e sotto altre forme, non è così distante dai corpi che danzano, che occupano lo spazio. Seguo le malattie della mente e anche del corpo». A poche ore dal debutto, «non sono perfettamente a mio agio, ma cercherò di non mostrarlo». Più rassicurante la scrittura: «È la cosa più appassionante di un mestiere che faccio da quarant’anni. Penso che scrivere significhi incidere nell’anima della Terra, che a volte ti appartiene e a volte ti è estranea. La scrittura ha la capacità straordinaria di farti sentire a casa nel mondo, anche quando il mondo è così crudele, come vediamo ogni giorno».