Il settantenne compositore francese protagonista del concerto dell’Ensemble900 di domenica sera
Il compositore francese Philippe Manoury quest’anno compie settant’anni e il nostro Conservatorio gli ha dedicato un concerto dell’Ensemble900. Mi piace ricordare che nel 2012 il Lucerne Festival per i suoi sessant’anni gli concesse una Residenza e il primo concerto con sue musiche fu affidato all’Ensemble intercontemporain di Parigi, celebre formazione impegnata nella musica contemporanea, che è composta di una trentina di strumentisti come il nostro Ensemble. Nel Luzerner Saal del KKL diresse Pablo Heras-Casado; domenica nell’Auditorio Stelio Molo ha diretto Arturo Tamayo.
Le tre composizioni eseguite domenica coprono un periodo di trent’anni, penso sia lecito, ma poco significativo collocarle nel nostro secolo o cercare ascendenze nel secolo passato. Comunque il loro rigore compositivo è di alta qualità e forse frutto del lavoro di ricerca svolto all’Ircam di Parigi. Philippe Manoury era presente a Lugano, ha collaborato alle prove e ha partecipato sul palco all’esecuzione del primo brano. Per fortuna il concerto è stato registrato, così sono salve tre esecuzioni di sicuro riferimento.
“Istantané II, version Étude”, del 1983, per 6 gruppi di 3 musicisti è una musica senza storia, che non racconta (ci mancherebbe!); una successione di momenti sonori, scritti sulla partitura ma lasciati, quanto a scelte dinamiche, alla discrezione del direttore. Nell’orchestra si annida un “musicista testimone” che ha il compito di fermare la musica e poi farla ripartire, quando vuole. Stavolta il compito è stato svolto addirittura da Manoury, seduto in mezzo ai 18 strumentisti. Anche all’ascoltatore che ha trovato queste interruzioni banalmente simili a incidenti di percorso deve quindi essere passato il messaggio del compositore sulla precarietà dell’esecuzione musicale.
In “Hypothèse du sextuor”, del 2011, per sestetto, precisamente flauto, clarinetto, percussioni, pianoforte, violino, violoncello un racconto c’è, e sembra la cronaca di un disaccordo, come nel teatro di prosa, il pirandelliano “Così è se vi pare”. Sei persone che discutono e non riescono a mettersi d’accordo rendono poi inevitabile la citazione dei “Sei personaggi in cerca d’autore”.
“Instants pluriels”, del 2008, per due gruppi strumentali (e due direttori), ha riportato in scena Francesco Bossaglia, l’altro direttore storico di 900presente. 7 musicisti a sinistra, diretti da Tamayo, 9 a destra, diretti da Bossaglia, hanno saputo creare quello spazio sonoro capace di coinvolgere gli ascoltatori, che era mancato nei due brani precedenti. Tuttavia le emozioni invernali promesse da Manoury, almeno nel testo stampato sul programma di sala, con la citazione “Des pas sur la neige”, il Preludio di Debussy, penso siano rimaste velleità opzionali.
Erano 33 i componenti dell’eccellente Ensemble900, che offrivano un’incredibile varietà di strumenti: gli archi dell’orchestra, una ricca percussione, tanti fiati con le famiglie dei legni quasi complete… una varietà di timbri inafferrabile, ubriacante, da far pensare metaforicamente a un quadro di Jackson Pollock, a quell’impressionismo astratto, lasciato al caso, non guidato da un pensiero costruttore.
Anche la musica di Manoury, nonostante l’acribia della scrittura, sembra lasciata al caso, non guidata da pensiero in grado di coinvolgere l’ascoltatore. Ma forse questa è proprio una peculiarità, oso dire una virtù, della musica del XXI secolo: la volontà di estraniarsi dal mondo, di non coinvolgere a tutti i costi, di non essere musica d’intrattenimento.