Spettacoli

Rsi, il San Silvestro di Flavio Sala (e di Zoom)

Buoni ascolti per la commedia dialettale ‘Se la va la gh’a i röd’ e per la trasmissione di intrattenimento Tuttinsieme

5 gennaio 2022
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Poco più del 40 per cento per la commedia in dialetto e il 56 per cento per lo speciale Tuttinsieme: la vigilia dell’ultimo dell’anno televisivo ha premiato la Rsi (e Teleticino che, con Radio Ticino e Radio 3i ha collaborato allo speciale) con un’importante quota di mercato e, raggiungendo, per Tuttinsieme, 85mila schermi e mille case della Svizzera italiana, il massimo concesso dalla piattaforma Zoom, connesse alla diretta televisiva, in un’iniziativa di tv aperta al pubblico che la Rsi definisce, in un comunicato, “un esperimento riuscito”.

La Rsi parla di “tradizione e innovazione”, riferendosi alla commedia dialettale e alla trasmissione d’intrattenimento che ha affrontato come meglio poteva la situazione sanitaria che ancora una volta ha bloccato i festeggiamenti in piazza. Tuttavia se è vero che da lungo tempo il San Silvestro della Rsi è caratterizzato dalla commedia dialettale, la Compagnia Flavio Sala ha cercato un rinnovamento all’interno di questa tradizione, prima con ‘Un altro bel garbüi’ (del 2018) e poi con ‘Se la va la gh’a i röd’ che è stata trasmessa lo scorso 31 dicembre e che riprende gli stessi personaggi, iniziando dal meccanico scapolo impenitente Nando interpretato dallo stesso Sala. Lo spettacolo è del 2020, ma come molte produzioni dal vivo ha dovuto affrontare le varie ondate pandemiche con relative chiusure e, nonostante il passaggio alla Rsi – e la disponibilità, su Rsi Play, per ancora qualche settimana –, Flavio Sala ci ha spiegato che lo spettacolo non ha ancora esaurito il suo percorso teatrale e avrà ancora delle repliche prima che si inizi a lavorare a una nuova produzione.

Si diceva dell’innovazione: ci muoviamo ovviamente all’interno di un genere fortemente codificato dal quale non ci si può allontanare più di tanto, per cui la base rimane sempre quella, una commedia degli equivoci leggera, con personaggi fortemente caratterizzati, per non dire sterotipati, che affrontano varie disavventure fino al lieto fine che risolve tutte le magagne. All’interno di questo spazio, Flavio Sala (attore e regista) e Gionas Calderari (autore) – e dovremmo aggiungerci, per la versione televisiva, il regista Alberto Meroni che ha fatto un buon lavoro nel mediare tra l’impianto teatrale e un prodotto a suo modo cinematografico – hanno innanzitutto modernizzato un po’ i personaggi, senza stravolgerli. Così la classica figura della fidanzata petulante che organizza cene con i genitori, convivenze e perché no anche matrimoni e figli diventa una capace e determinata meccanica con un soprannome che dice tutto, Toyota (interpretata da Rosy Nervi), e un discorso simile lo si può fare anche per i comprimari Federer e Sac a Poche (Moreno Bertazzi e John Rottoli). Già che parliamo di attori: anche qui troviamo la volontà di riprendere una lunga tradizione portando un po’ di innovazione, visto che la compagnia ha fin dall’inizio radunando un cast variegato, con quelle che si possono tranquillamente definire “colonne portanti” del teatro dialettale ticinese (come Leonia Rezzonico e Sandra Zanchi) e alcuni tra i volti più conosciuti dell’intrattenimento radio-televisivo (Rosy Nervi e ovviamente il poliedrico Flavio Sala).

Anche dal punto di vista linguistico si è passati dal classico “dialet de la feruvia”, lingua franca, al lasciare spazio alle varietà locali e anzi dando loro un ruolo con la stretta parlata di Biasca di Toyota-Rosy Nervi. In questo, e senza voler disincentivare il pubblico che non avesse ancora visto ‘Se la va la gh’a i röd’ dal vivo in una sala, va detto che la versione televisiva ha un punto di forza: i sottotitoli in italiano che, nella loro traduzione talvolta edulcorata, aggiungono ulteriore comicità.

Per quanto riguarda la storia: l’impianto è come detto quello tradizionale della commedia degli equivoci, il giusto attualizzata – anche nelle battute che si susseguono con buon ritmo – per non risultare troppo lontana dalla sensibilità moderna ma senza deludere il pubblico più tradizionalista. È un equilibrio difficile e se certo a qualcuno non dispiacerebbe qualche scelta più audace, d’altra parte i cambiamenti più duraturi sono sempre quelli graduali.IAS