I quarantenni di oggi tra reality, social e un ‘Ti posso richiamare?’. A Chiasso, Cinema Teatro, giovedì 9 dicembre. A colloquio con Gabriele Pignotta
Cinque ex compagni d’università che stanno sacrificando la propria vita alla carriera e non hanno mai tempo per nessuno ricevono una telefonata improvvisa: per motivi che lo spettacolo illustrerà dettagliatamente, i cinque si ritrovano in una casa, protagonisti inconsapevoli di un reality show televisivo.
Acuta commedia degli equivoci con sottotesto che ci riguarda tutti, ‘Scusa sono in riunione… ti posso richiamare?’ approda a Chiasso, Cinema Teatro, giovedì 9 dicembre alle 20.30 (www.centroculturalechiasso.ch). Sul palco, l’autore e protagonista Gabriele Pignotta e la coprotagonista Vanessa Incontrada, passo ulteriore di un sodalizio iniziato con il film ‘Ti sposo ma non troppo’. Con loro, Fabio Avaro, Siddhartha Prestinari e Nick Nicolosi. È nella sede del nuovo debutto, Cormons, Friuli-Venezia Giulia, dove lo spettacolo è stato riallestito, che raggiungiamo Pignotta.
Gabriele Pignotta, ‘Scusa sono un riunione’ è tornato: com’è il teatro dopo lo stop?
È in atto una trasformazione. Gli affilié, lo zoccolo duro che lo teneva in vita, la fascia 50-75 anni è venuta meno per il venir meno del concetto di abbonamento, che dopo quel che è successo pare non avere più alcun senso. Speriamo che tutto questo, malgrado lo sbigliettamento all’ultimo momento che è la tendenza attuale, porti il teatro a ringiovanirsi. Non in termini anagrafici, perché si può essere giovani pure a cent’anni, ma in termini di affluenza di nuovo pubblico. E affinché ciò accada è necessario fare spettacoli che si adeguino ai tempi, linea artistica che io seguo da sempre, non solo in quanto autore contemporaneo ma perché voglio fotografare la realtà, cercando di avvicinare il linguaggio del teatro a quello del cinema e della tv. Spero che, in ambiti teatrali, si esca un po’ da quella presunzione di lavorare per una nicchia, di fare cose complicate, lente, noiose, perché quei ritmi nemmeno più la persona di cultura li regge più.
L’essere contemporaneo è caratteristica sua e di uno spettacolo nato nel lontano 2006 ma che resta, per contenuti, dinamiche e nevrosi ivi contenute, attualissimo…
Sì. È vero che io lo aggiorno continuamente, ma aveva ben poco da essere aggiornato. Per contemporaneità non parlo di attualità e ultime notizie, ma di una tendenza ulteriormente peggiorata con l’esplosione dei social, e cioè la necessità di costruirsi un’apparenza, un avatar, in luogo di un’autenticità di fondo, investendo sull’aspetto esteriore e sul soddisfacimento di bisogni artificiali come il successo e l’autocompiacimento, a scapito di valori più umani, viscerali, che si praticano quando si ha tempo per farsi una chiacchierata o per guardare un tramonto, per pensare, anche per annoiarsi, lontani dall’ossessione del successo e della moltiplicazione dei follower. Lungo tutte le mie ultime opere, questo è il tema.
Nello spettacolo si parla di reality. Il Grande Fratello, che in alcune parti del mondo ha concluso il suo ciclo, in Italia ha ancora basi ben solide: si è mai dato una spiegazione?
Grande Fratello ma anche Temptation Island, ne siamo ancora pieni. Oggi è un reality anche una storia su Instagram, costruita per apparire, dunque falsa. Voglio specificare però che questo mio sottolineare arriva tramite l’intrattenimento, la commedia: io spettatore mi diverto, mi riconosco e, al di sotto, leggo un senso a quella che è la storia oltre il divertimento. Che, lo posso dire, nello spettacolo è davvero molto.
I suoi 40enni del 2006 non sono più quelli del 2021: come sono cambiati in questi 15 anni?
Sono peggiorati, nel senso che, tornando ai social, è amplificata la mania di dedicare tutto il tempo a sé stessi, ad alimentare questo avatar che risulta sempre felice, sempre in viaggio, sempre in ottimi ristoranti, sempre figo e dalla vita appagante. Magari la realtà somigliasse a quella dei social! Se nei 40enni, rispetto al 2006, c’è stato un cambiamento, allora è una semplificazione di come arrivare alla superficie, grazie proprio all’esplosione dei social. E mi fa un po’ ridere chiamarli così, perché di social hanno davvero poco. Ma ripeto: non è una mia battaglia, è solo un punto d’osservazione che, scrivendo, declino. Ognuno decida per sé, da me non avrà un giudizio morale. Il teatro per me è anche intrattenimento.
Vanessa Incontrada è un punto fermo del mondo femminile che lei porta a teatro o sullo schermo: com’è diventato tale?
Una mezza coincidenza. Vanessa è stata la protagonista del mio primo film, ‘Ti sposo ma non troppo’. Lì è nata una bella amicizia, una bella intesa professionale, ma anche una reciproca dote da scambiarsi. Io, naturalmente, accolgo la sua grande popolarità, il suo essere trasversalmente riconosciuta e riconoscibile come ormai poche artiste possono sperare di essere, e se io implemento la mia carriera teatrale alla luce della sua popolarità oltre che della sua bravura, lei s’è accostata al teatro in un modo, il mio, che le piace. Vanessa dice che questo modo di fare spettacolo la fa stare bene, che quando è in tournée si riappropria di alcuni meccanismi che tv e cinema non possono regalarle, producendone di fin troppo intensi e stressanti, mentre il teatro sì. Ci siamo ritrovati anche in questo, nelle alternative che le reciproche e diverse strade portano l’uno all’altra e viceversa.
C’è un’altra donna che, agli inizi, ha segnato il suo percorso come autore tv: Raffaella.
Per ricordarla, cito sempre la frase che più ha sintetizzato quella strada che ho avuto il piacere di fare con lei. Raffaella Carrà diceva sempre: “Ricordati di essere umile, ma mai modesto”, frase che definisce quella generazione di artisti più preparati, più portati al lavoro, alla gavetta, allo studio, qualità non fine a se stessa ma nata dalla semplice necessità di essere bravi, perché i colleghi lo erano. A quel tempo bisognava essere bravi, altrimenti si veniva smascherati. Si consideri che la tv la facevano quelli del teatro, o quelli della radio, servivano voce, scenici, saper ballare, cantare, recitare, c’era poco da fare l’influencer. Gente come Raffaella era abituata a essere umile, nel senso del lavorare, ma non modesta perché, a maggior ragione per le donne dell’epoca, se non avevi carattere non ti sganciavi da alcuni meccanismi sociali che vedevano l’Italia poco aperta a carriere femminili che non fossero quelle di soubrettine o vallette.
Ha detto “c’era poco da fare l’influencer”…
Per dire che oggi ci si sente un po’ in imbarazzo a dire a un ragazzino “sii umile ma non modesto”, per l’impossibilità di sentirsi umile da subito. Basta un influencer che per un’ospitata chiede migliaia di euro senza avere alcuna qualità artistica. Oggi, purtroppo, tv e cinema sono popolati da queste figure, certamente intelligenti, argute e con il merito di essere emerse: ma cosa stiamo allevando? È una trasformazione pure questa, vediamo dove porterà.
Forse è una questione di verbi: pare sia più importante dare spettacolo che farlo...
Non voglio sembrare quello che è arrivato prima e vede tutto nero: dico solo che non credo che questa impostazione stia producendo qualità. Non sono sicuro che se metti cinque influencer a fare ‘Scusa sono in riunione’ riescono ad arrivare alla fine. Anzi, lancio un appello, scrivilo pure sul tuo giornale: sfido cinque influencer a venire in teatro e riuscire a fare quello che facciamo noi e tanti altri bravi attori, anche con un mese di prove. Perché credo proprio che a noi, per fare quello che fanno gli influencer, ci basterebbe una settimana.
Biglietti online su www.ticketcorner.ch o nei punti vendita Ticketcorner. Anche su www.teatri.ch. Presso l’Organizzazione Turistica del Mendrisiotto e Basso Ceresio di via Maspoli 15 a Mendrisio o alla cassa del Cinema Teatro (www.centroculturalechiasso.ch)