Il 10 gennaio del 2016, di fronte all'ultimo atto, David Duncan Jones e David Bowie tornarono a essere la stessa persona.
Il 10 gennaio di cinque anni fa moriva David Bowie. Due giorni prima era uscito ‘Black Star’, il suo testamento artistico. Per i fan, quella successione è stata uno shock: pochi sapevano che uno dei geni più rivoluzionari della storia del rock era da qualche tempo un malato senza speranze, ma in quel triste giorno del 2016 tutti capirono che quell'addio era stato preparato come l'ultimo atto di un'avventura artistica che ha cambiato il mondo. E, per certi aspetti, lo shock fu ancora più grande quando, ascoltando le note di ‘Black Star’, album di una profondità lacerante, ci si trovò di fronte al capolavoro di un uomo che aveva deciso di raccontare la propria fine annullando nel modo più definitivo il confine tra arte e vita.
David Robert Jones, il nome con cui era iscritto all'anagrafe di Brixton, nel Sud di Londra, ha dimostrato che una rockstar può essere molto di più di un rocker e qualcosa di diverso da una star. Per esempio, un alieno caduto sulla Terra chiamato Ziggy Stardust, che fece scoprire al mondo l'idea che un musicista poteva essere contemporaneamente una figura , molto in anticipo sui tempi, capace di mettere in gioco un'ambiguità sessuale sfrontata e al tempo stesso mescolata con il Cabaret berlinese, il teatro Kabuki, il Mimo di Lindsay Kemp.
Un artista che non fosse Bowie probabilmente avrebbe campato tutta la vita sugli allori di Ziggy, ma lui decise di liberarsi da quell'alter ego così ingombrante per assumere prima l'identità del Thin White Duke, il Duca Bianco lanciato alla conquista dell'America ma schiavo della cocaina, per poi immergersi nella Berlino della metà degli anni '70 a produrre la celeberrima Trilogia Berlinese con una delle tante scioccanti svolte stilistiche. Impressionante pensare quante cose sia stato David Bowie, quello di ‘Let's Dance’ e quello del rock durissimo e fallimentare sul piano commerciale dei Thin Machine; un crooner dal carisma impareggiabile, un autore geniale, un'icona di stile, un esploratore di suoni, un attore, un artista che tutto sommato si è curato poco del mercato, ma ha guadagnato montagne di soldi grazie ai Bowie Bond, un'operazione finanziaria senza precedenti; un pittore legato all'Espressionismo tedesco, un attore dal curriculum importante composto da film come ‘L'uomo che cadde sulla Terra’, ‘L'ultima tentazione di Cristo’, ‘Miriam si sveglia a mezzanotte’, ‘Furyo’, ‘Tutto in una notte’, ‘Labirinth’, uno che si è concesso un autoironico cameo in ‘Zoolander’ e un'apparizione in ‘The Prestige’ di Christopher Nolan. Un personaggio unico, illuminato, spinto da una curiosità inestinguibile e da un inarrestabile desiderio di conoscenza, quasi a voler comunicare che il cambiamento e la scoperta del nuovo sono un metodo per mettere ordine nel caos.
David Bowie è stato e continua ad essere uno degli artisti più influenti della storia della cultura popolare, come ha dimostrato la Mostra realizzata dal Victoria and Albert Museum di Londra. Uno dei primi a capire che il Rock'n'Roll poteva essere molto di più della musica, qualcosa che annunciava al mondo la nascita dei giovani come categoria sociale, a intuire che si poteva andare al di là di confini e convenzioni, che attorno alla musica si poteva costruire un vero e proprio universo di segni. Perfino la morte è stata trasformata in qualcosa che andava oltre la sua ineluttabile verità. Quando, di fronte all'ultimo atto, David Duncan Jones e David Bowie sono tornati a essere la stessa persona.