Spettacoli

Dietro le quinte del ritorno: svelato il 'Luna Park' di Finzi Pasca

Un primo 'giro di giostra' al nuovo spettacolo della Compagnia, un viaggio nell'intimità della macchina scenica che riapre il Lac dopo sei lunghi mesi.

'Luna Park - Come un giro di giostra' (foto: Viviana Cangialosi)
21 agosto 2020
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Si entra dal retro, come se la reception di un hotel si trovasse nelle cucine e del check-in si occupasse il cuoco. Magari stellato, ma comunque il cuoco. E qui la reception è il lungo corridoio del Lac di dietro, dove in imperfetto ordine, quello tipico dei dietro le quinte, sono allineati i case (ma va bene anche 'bauli') in cui di norma è stipato il materiale di chi si muove di nazione in nazione, di città in città, di teatro in teatro. Dal corridoio che può apparire tanto l’interno di un tir quanto un atelier di scenografia, lasciandosi a sinistra una scaletta del ‘Barbiere di Siviglia’, si tira dritti fino uno spazio che pare il retro del palco, ma che il retro non è. In mezzo ad altri case (i più visibili portano scritto ‘Donka’), si apre il guardaroba della compagnia, gli armadi viaggianti che conterranno, perché ora ne mancano ancora, tutti i costumi di scena dagli inizi sino a oggi. Superata una galleria di neon in movimento, che porta al centro della scena ma che il centro non è, ci si rende conto che non ci stanno portando in platea, ma che la platea è solo un gigantesco, etereo elemento scenografico in 3D. E lo smarrimento – positivo, quasi onirico – è completo. È solo adesso che, in qualsiasi punto di questo palcoscenico generalmente calpestato dai soli attori, tecnici e maestranze, che ci si può concentrare sulla vecchia Opel dentro cui stanno le protagoniste del viaggio, che stanno raccontando una storia.


'Luna Park - Come un giro di giostra' (foto: Viviana Cangialosi)

Un passo indietro. “A spiegare non ci si capisce”, diceva Daniele Finzi Pasca poco prima di entrare. E forse nemmeno a scrivere ci si capisce, e non perché questo primo ‘giro di giostra’ sperimentato a margine della presentazione del suo ‘Luna Park’ sia ancora in fase di completamento, ma perché descrivere il sogno è un po’ come spiegare il finale delle barzellette. A eccezione di lunedì 14, ‘Luna Park – Come un giro di giostra’, la nuova creazione artistica della Compagnia Finzi Pasca presentata ieri, sarà al Lac dall’8 fino al 20 settembre per quello che è a tutti gli effetti uno spettacolo e insieme il miglior dietro le quinte della macchina scenica della compagnia ticinese. Uno spettacolo applicato al (e ispirato dal) distanziamento sociale, un’esperienza della durata di 20 minuti per gruppi di spettatori (che diventano parte dello spettacolo) non superiori a 25 unità, trasferiti all'interno ogni dieci minuti partendo dalla zona carico-scarico del Lac (con mascherina e garantendo il tracciamento). Descritto da Carmelo Rifici, che del Lac è direttore artistico, “uno spettacolo che si colloca perfettamente nell’ottica di non aprire la stagione come se nulla fosse accaduto”. Detto con parole di Michel Gagnon, direttore: “Nelle difficoltà si trovano soluzioni”. Uno spettacolo che riapre un centro culturale chiuso per sei lunghi mesi e simbolicamente sancisce la pace tra Compagnia e Città dopo gli attriti di qualche tempo fa (“Ci siamo parlati. La cosa è andata oltre perché stigmatizzata dai media”, dice Roberto Badaracco, capodicastero Cultura).


'Luna Park - Come un giro di giostra' (foto: Ti-Press)

Dalla Russia con vigore

Oltre a quella di chi ne porta il nome, la Compagnia ha la voce dei co-fondatori Maria Bonzanigo, Antonio Vergamini e Hugo Gargiulo. E la parola “preoccupazione” unisce tutti gli interventi. Tutto è in sospeso – come la regia a Broadway, in fase di discussione proprio nei giorni dello Swiss Society Fellowship Prize 2020 consegnato a Finzi Pasca a New York – o posticipato – come ‘Carmen’ al San Carlo di Napoli, le tournée a Shanghai e Macau, le opere nei teatri di Pechino e San Pietroburgo. Arriveranno, ma solo nel 2021, un grosso progetto negli spazi espositivi di prossimo annuncio, l’assai possibile prima assoluta di ‘Icaro’ a New York, il ritorno, certo, di ‘Donka’ in Russia. “Il nostro lavoro è internazionale – sintetizza Bonzanigo – è il mondo è fermo”. Punto. Ed ecco arrivare una “soluzione ragionevole”, come la chiama Gargiulo, soluzione che un po’ si riallaccia al concetto del parco divertimenti “Deambulare al centro di uno spazio in sicurezza”) e un po’ trae spunto da quanto accaduto a Mosca poco prima che il virus scombinasse i piani di tutti. Lo scorso febbraio, alla Compagnia fu chiesto di curare la parte artistica dell’inaugurazione del più grande organo della Russia nella Zarayade Concert Hall, la cui sala principale si era trasformata per l’occasione in un’installazione artistica immersiva, con il pubblico autorizzato a ‘vivere’ spazi generalmente off limits, quelli riservati ai musicisti. “’Luna Park’ è un’occasione per avvicinarsi, in un momento in cui ci si allontana. Perché in fondo – spiega Finzi Pasca – stare a due metri da un attore è stargli molto, molto vicino». Un’occasione, “in un momento in cui tutti prevedibilmente riducono”, per creare qualcosa di “monumentale, di totalmente immersivo”. Un’occasione di vicinanza, ritrovata, anche per le decine di professionisti che compongono la Compagnia: “Ci sono persone che sono in tournée insieme da venticinque anni. In Svizzera e in Europa solo in pochi possono dirsi famiglie. Siamo un gruppo da 10-15 ore di prove settimanali insieme e ora siamo totalmente sparpagliati”. E con ‘Luna Park’ tutti, anche l’ufficio, sono sulla scena, come ai tempi dei primi spettacoli quando il pubblico, forse anche per la dimensione delle sale, era inevitabilmente ‘immerso’.

Una volta optato per il luna park – “Un posto senza età, dove tornare bambini, e che inevitabilmente c’immerge nella nostalgia”, spiega Finzi Pasca – e indecisi se mettere il pubblico dentro una vasca “come quella di ‘Einstein on the beach’”, si è deciso di ‘isolare’ le attrici, Melissa Vettore e Jessica Gardolin, dentro la vecchia l’Opel di cui sopra. Caltae in un’atmosfera anni ’50, “quella della rinascita dopo la guerra, quella bella sensazione di quando si partiva in vacanza, un momento di leggerezza che speriamo possa espandersi a tutti. Trasmettete, se potete questa sensazione – conclude Finzi Pasca – perché la gente che fatica a lasciare le proprie case per andare a teatro possa tornare a sognare”. Perché – il riferimento è al Locarno 2020 e alle sale mai colme – «la gente va convinta, si tratta di ricreare un entusiasmo che si è sopito”.


Daniele Finzi Pasca (Ti-Press)

In amicizia

Quando la visita guidata inizia, dietro le quinte che già sono palcoscenico, Finzi Pasca segue, commenta, suggerisce, spiega. E ci dice che «la costruzione dello spettacolo in fondo è durata un paio di settimane, ma stiamo ancora lavorando per affinarne la dinamica, la meccanica. Sarà poi nostro compito principale capire come portarlo agilmente in giro, perché nel bene o nel male il ‘Luna Park’ è una macchina abbastanza gigante e le richieste di portarlo al di fuori dai nostri confini ci sono già». Un paio di settimane di lavoro, in divenire, per un’idea «nata come ne sono nate tante altre, attorno a un bicchiere di vino. In questo caso è stato un po’ un ritornare alle origini, trent’anni dopo ma con tutta un’abilità acquisita nell’utilizzare macchine e a inventarsi soluzioni di questo tipo». Trent’anni dopo, «semplicemente» e con una sensazione completamente diversa dagli altri esordi: «Mi sento come colui che ha preparato una festa per gli amici. In altri casi, gli spettacoli contengono tutta quell’emozione prodotta dal chiedersi se andrà bene, se girerà, se partirà. Questo è qualcosa di più leggero, pensato davvero per gli amici più cari».

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