Spettacoli

Matteo Garrone racconta il suo Pinocchio, più vero del vero

Il burattino di Collodi torna al cinema, con un film che colpisce per il cast ricco e gli stupendi effetti speciali ‘vecchia maniera’

Pinocchio – Alida Baldari Calabria e Federico Ielapi
19 dicembre 2019
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Di ‘Pinocchio’, al cinema, se ne sono visti tanti. Ma quello di Matteo Garrone – appena arrivato in sala – è un’altra cosa. Per lo stile del regista italiano che sa unire realismo e dimensione fiabesca; per gli effetti speciali – tutta prostetica, niente digitale – affidati al premio Oscar Mark Coulier, che regala personaggi di una bellezza straordinaria (anche se a volte un po’ inquietanti) e un Pinocchio davvero di legno; per un cast notevole, da Roberto Benigni a Gigi Proietti con pure un cammeo del ticinese Teco Celio (truccato anche lui: vedremo chi lo riconoscerà prima dei titoli di coda). Ma forse il segreto di questo ‘Pinocchio’ è l’amore di Garrone per il testo di Collodi. 

Matteo Garrone, da dove nasce questa passione per ‘Pinocchio’?
Da lontano! Ho cominciato a disegnare la storia di Pinocchio a sei anni: c’è qualcosa che mi lega a questo personaggio fin da quando ero molto piccolo. E poi c’è la bellezza del capolavoro di Collodi: è difficile per un regista che viene dalla pittura, e che quindi ha un percorso visivo, resistere alla tentazione di fare Pinocchio. Soprattutto in un momento in cui è possibile realizzare certi personaggi a metà tra l’umano e l’animale, e Pinocchio stesso di legno, grazie a queste nuove tecnologie nel campo degli effetti speciali.
Insomma, c’era la possibilità di riscoprire un grande classico e al tempo stesso fare un film spettacolare e inedito: credo sia la prima volta che si veda un Pinocchio live action col protagonista di legno!

Mi pare di capire che la domanda non sia ‘perché Pinocchio’, ma ‘perché solo adesso Pinocchio’.
Certo. Prima di mettermi al lavoro ho chiaramente riletto il testo di Collodi e rileggendolo mi sono accorto di tante cose che non ricordavo più. Per cui oltre alla possibilità di realizzare dei personaggi che un tempo sarebbe stato difficile realizzare, c’è stata anche la riscoperta di un testo che aveva tante cose “inedite”: per questo ho deciso di avventurarmi in quella che è tra le imprese più pericolose per un regista e produttore: fare ‘Pinocchio’. È una storia così radicata nell’immaginario collettivo che la sfida è proprio riuscire a sorprendere lo spettatore che pensa di conoscere già tutto. La grande sfida è stata proprio raccontare la storia di Pinocchio partendo dalle sue origini e cercando al tempo stesso di creare un racconto che potesse essere spettacolare, sorprendente, magico.

Però a un certo punto è stato necessario allontanarsi dal testo, ‘tradirlo’.
Non direi. Perché ho scoperto che il modo migliore per sorprendere lo spettatore è, paradossalmente, rimanere fedeli alle origini: non so perché, ma tante cose del testo originale non sono mai state raccontate. Per cui restare fedeli al testo – e ai meravigliosi disegni di Enrico Mazzanti che è stato il primo illustratore di ‘Pinocchio’ e che ha lavorato con Collodi – è stata la mia linea guida. Poi inevitabilmente abbiamo dovuto fare delle scelte: tagliando qualcosa, cercando quel ritmo a cui oggi i bambini sono abituati. Ci siamo presi qua e là delle licenze – ma sempre rimanendo fedeli al cuore della storia che, fondamentalmente, è una grande storia d’amore di un padre e un figlio. Ci immaginavamo sempre la figura di Collodi che dall’alto ci controllava e ci diceva “questo sì” e “questo no”.

L’amore di un padre e un figlio. E infatti protagonista è anche Geppetto, interpretato da Roberto Benigni che si è prestato al ruolo…
È una domanda o un’affermazione?

Un’affermazione, ma anche una domanda a chi l’ha dovuto dirigere…
Quando Roberto ha deciso di fare questo film, ha deciso di fidarsi di me. E io mi sono sempre fidato di lui. Ed è stato fondamentale, perché Roberto è stato testimone di quel mondo che racconta Collodi, quel mondo contadino dove la povertà e la fame sono al centro di tutto. E Roberto, venendo da quella realtà, ha portato oltre al suo genio e alla sua straordinaria capacità attoriale, anche quella sensibilità di chi ha vissuto la povertà. Come Geppetto non potevo trovare nessuno meglio di lui!
Poi l’ho affiancato con attori che avessero una naturale inclinazione al comico come Roberto. Popolari, perché ‘Pinocchio’ era un testo che ebbe un grande successo e che si rivolgeva a tutti. Il nostro film vuole fare lo stesso, per cui ho voluto attori come Gigi Proietti, Massimo Ceccherini, Rocco Papaleo…