È morta a Detroit Aretha Franklin, vinta dal tumore la voce Soul per eccellenza
Ha iniziato a cantare in chiesa, accanto al padre, per esplorare tutte le strade della ‘black music’. In 60 anni di carriera ha sedotto più generazioni di bianchi e di neri ma non è stato facile...
Con la sua voce ha sempre messo tutti d’accordo. Così, ieri, il coro del cordoglio ha raccolto anche le voci di Trump padre e figlia, Hillary Clinton e tanti altri, fino a Paul McCartney, che ha salutato la «Regina che ha ispirato noi tutti per anni e anni». Tutti d’accordo, lei era la “Regina del Soul”. Aretha Franklin, 76 anni, ha infine ceduto alla malattia che l’aveva colpita nel 2010, un tumore al pancreas a lungo tenuto nascosto, in una strenua difesa della propria sfera personale. È morta a Detroit, nella sua casa: «In uno dei momenti più bui delle nostre vite, non siamo in grado di trovare le parole appropriate per esprimere il dolore che abbiamo nel nostro cuore. Abbiamo perso la matriarca e il rock», ha fatto sapere la sua famiglia, ringraziando per l’affetto.
Jacky Marti si ricorda bene dell’unica volta che l’ha vista dal vivo, l’unica peraltro in cui è venuta in Svizzera, a Montreux, nel 1971: «Un concerto travolgente». Anche il direttore di Estival è d’accordo, nel Soul lei era la migliore. E ci ha provato a portarla a Lugano, ma non c’è stato niente da fare. Il problema? Non il budget: «No, lei non prendeva mai l’aereo. Sarebbe stato un sogno, ci ho provato un paio di volte, ma il discorso era chiuso in partenza: infatti non è mai più tornata in Svizzera. A Montreux era stata quasi obbligata»... Infatti era ancora giovane.
Nata nel profondo Sud, a Memphis, il 25 marzo 1942 (a pochi metri dal celebre studio della Stax), cresciuta a Detroit, Aretha Louis ha iniziato a cantare molto presto. Figlia di un noto predicatore nero e di una pianista e vocalist, ancora bambina ha cominciato a incantare con la sua voce durante le messe officiate dal padre. Rimasta orfana di madre a soli 10 anni, nella sua vita non sono mancati i momenti difficili. Due figli a 15 e 17 anni, i problemi con l’alcol, il vizio del fumo lasciato solo negli anni 90, quando la sua voce ha iniziato a soffrirne.
Dopo i primi passi al seguito di suo padre, all’interno del mondo gospel, Aretha Franklin ha esplorato le altre anime della black music. Ha attraversato oltre cinque decenni di musica, spaziando fra Jazz, Spiritual e Rhythm & Blues, fino al pop. Per tutti, però, è stata la Queen of Soul. Ma lei, icona riconosciuta della cultura nera, con una forte personalità, un carattere non sempre facile, è andata oltre le definizioni, rompendo gli schemi e imponendosi come un vero e proprio fenomeno della natura.
Lo scorso anno la malattia l’ha portata a decidere prima di cancellare alcuni concerti, poi di abbandonare le scene. La sua ultima esibizione risale allo scorso novembre a New York al gala della fondazione di Elton John per la lotta all’Aids; l’ultimo concerto, nel giugno 2017, quando salutò il pubblico invitandolo a tenerla «presente nelle vostre preghiere». In definitiva, ha detto al momento del ritiro, «mi sento molto soddisfatta per come si è evoluta la mia carriera», anche se la strada non è sempre stata facile.
Ancora adolescente viene messa sotto contratto dalla Columbia, per la quale registra album jazzistici. Sono anni di buio, di risultati che non arrivano come vorrebbe, anni che la segnano. Sarà solo nella seconda metà degli anni 60 che la sua personalità e la sua unicità verranno fuori, grazie anche all’intuizione di Jerry Wexler, abile produttore della Atlantic, che la sceglie per trasformarla nella Queen of Soul, grazie a una serie di registrazioni ai Muscle Shoals Studios in Alabama da cui sono scaturiti alcuni tra i dischi più importanti e influenti della storia della musica popolare.
Nel 1967 arriva il singolo ‘(You Make Me Feel Like) a Natural Woman’, nello stesso anno ‘Respect’. Da allora la sua stella non ha smesso di brillare. Il mondo musicale ha fatto la fila per lavorare con lei, la sua voce ha dato lustro a duetti e concerti leggendari (ha cantato con Ray Charles, George Benson, George Michael, Elton John, Whitney Houston, solo per citarne alcuni).
Nel 2009 ha cantato per l’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca (ma si è rifiutata, invece, di farlo quando è stata la volta di Donald Trump) e nel 2015 ha commosso il primo presidente afroamericano proprio con ‘Natural Woman’ durante la cerimonia per il conferimento dei Kennedy Center Honors. Un passaggio importante per imporsi al grande pubblico è stata l’indimenticabile apparizione nel film ‘Blues Brothers’, dove il regista John Landis la rende protagonista di una esaltante e travolgente versione di ‘Think’.
In quasi sessant’anni di carriera, che si sarebbero dovuti celebrare a New York a novembre, ha collezionato 18 Grammy e venduto oltre 75 milioni di dischi, senza contare le lauree e i dottorati honoris causa in musica a Yale, Harvard, Princeton, Berklee e altre università. Nel 1987 è entrata come prima donna nella Rock and Roll Hall of Fame. E ai Grammy del 1998, quando Luciano Pavarotti è stato colpito all’ultimo momento da un malessere, ha sconfinato nella romanza, improvvisando il ‘Nessun dorma’ di Puccini in tonalità originale e cantando la prima strofa in italiano.