Dai primi studi sui ghiacciai all’effetto serra, ripercorrere attraverso i libri la storia delle nostre conoscenze sul riscaldamento globale
Il riscaldamento globale è reale, le attività umane ne sono la causa principale, alcuni effetti sono ormai irreversibili ma siamo ancora in tempo per contenere le conseguenze peggiori. Questa, riassunta in poche parole, è la nostra conoscenza attuale sulla crisi climatica, quella che dovrebbe essere il punto di partenza di ogni discussione e di ogni decisione. Ma questa conoscenza è anche il punto di arrivo di un percorso di indagine e di ricerca sul clima iniziato secoli fa.
Proprio a questo percorso, che potremmo far iniziare nel Settecento, è dedicata la mostra da poco inaugurata alla Biblioteca cantonale di Lugano, parte del festival diffuso L’Uomo e il Clima (uomoeclima.org).
La mostra, curata da Gianluca Bonetti, Guido Milone, Luca Saltini e Cristian Scapozza, resterà aperta fino a sabato 15 febbraio 2025 ed è appunto dedicata a questo percorso, a come si è passati da una visione sostanzialmente “statica” del clima, considerato immutabile almeno per quanto riguarda le poche migliaia di anni trascorsi dalla creazione, alla lettura delle tracce lasciate dai mutamenti climatici avvenuti nel corso di milioni di anni. Le pietre miliari di questo lungo tragitto sono i libri, con una raccolta di opere che vanno dai primi testi dedicati ai ghiacciai – che svolsero un ruolo importante nella comprensione del clima – ai rapporti dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico che dagli anni Novanta del Novecento raccoglie il consenso scientifico intorno al riscaldamento globale.
Le opere rare e insolite non mancano, come ‘Itinera Alpina’ pubblicato all’inizio del Settecento dal medico svizzero Johann Jacobo Scheuchzer, uno dei primi lavori che non solo fornisce una descrizione accurata e a suo modo oggettiva dei ghiacciai, ma cerca anche di spiegarne il movimento, oppure due volumi del ‘Voyages dans les Alpes’ di Horace-Bénédict de Saussure o – spostandosi avanti di un secolo – i lavori di John Tyndall e Svante Arrhenius sul rapporto tra clima e composizione dell’atmosfera, creando le basi per gli attuali studi sull’effetto serra.
L’esposizione, tuttavia, non è solo una cosa per bibliofili e amanti di libri antichi, e questo non solo per la presenza, nel corridoio della biblioteca, di alcune stampe e fotografie storiche di ghiacciai: le opere in mostra infatti sono tappe del ricco e per certi versi inaspettato racconto della conoscenza umana del clima, istantanee di una storia della scienza che, dedicandovi un po’ di pazienza, rende meno astratta la nostra conoscenza attuale, quella riassunta all’inizio di questo articolo.
Il titolo della mostra alla Biblioteca cantonale fa un esplicito riferimento ai “pionieri della scienza”, ma agli inizi di questa esplorazione non c’è solo l’interesse scientifico: siamo nel Settecento, l’Età dei lumi, ma l’esplorazione delle Alpi è legata a una diversa concezione delle montagne, non più viste come luogo pericoloso e inospitale ma al contrario come luogo dove poter incontrare la natura; non a caso tra i frutti di queste esplorazioni abbiamo – insieme a notevoli rilevamenti dell’estensione dei ghiacciai e diverse ipotesi sul loro movimento – il cosiddetto Grand Tour, il viaggio di formazione intrapreso dall’aristocrazia europea che includeva anche la regione alpina. È da questa familiarità che è nata la consapevolezza di un clima mutevole, del quale possiamo leggere le tracce grazie a strumenti via via sempre più sofisticati, iniziando anche a partire dall’Ottocento a scoprire il ritiro dei ghiacciai. Leggendo i pannelli e le didascalie che accompagnano i vari esemplari in mostra – materiale raccolto, insieme ad altri contributi dei curatori, in un librettino pubblicato dalla Biblioteca cantonale di Lugano – abbiamo così modo di approfondire varie tappe di questa storia, passando dai primi esploratori a scienziati come Clair Patterson, il geochimico che, negli anni Cinquanta, usò campioni prelevati dai ghiacciai per misurare l’impatto delle attività umane sull’ambiente.
Una sezione della mostra, nell’atrio, è dedicata all’effetto serra: troviamo l’opera nella quale, duecento anni fa, il francese Joseph Fourier per la prima volta ipotizzò che l’atmosfera potesse intrappolare il calore solare, proprio come una serra. Dobbiamo aspettare la metà dell’Ottocento per scoprire quali gas aumentano questo effetto serra – vapore acqueo e anidride carbonica – e se in mostra abbiamo modo di vedere la ricerca del fisico irlandese John Tyndall, nel pannello si riconosce il merito di Eunice Newton Foote, la scienziata statunitense che, qualche anno prima di Tyndall, scoprì l’effetto dell’anidride carbonica sul clima ma, essendo donna, non poté presentare la sua ricerca alla conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science.