Il lavoro a distanza ha fatto venire meno gli incontri casuali e le comunicazioni tra esperti, fondamentali per dare vita a nuove idee
La mancanza di vicinanza fisica, causata dal passaggio al lavoro a distanza durante la pandemia, ha ridotto gli incontri casuali e le conseguenti comunicazioni tra i ricercatori, fondamentali per generare un flusso di nuove idee. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature Computational Science. Alla fine del 2019 il gruppo di ricerca del Senseable City Lab del Mit di Boston, di cui fa parte anche Paolo Santi, dirigente di ricerca del Cnr-Iit di Pisa, ha avviato uno studio sugli scambi di e-mail tra i ricercatori del centro di ricerca americano, ma l’arrivo della pandemia ha improvvisamente cambiato le carte in tavola e tutto il personale del Mit si è ritrovato a lavorare da casa, rivoluzionando le modalità di lavoro.
Lo studio, spiega una nota del Cnr, "dimostra che la compresenza in ufficio è essenziale per la formazione dei cosiddetti ‘legami deboli’ tra colleghi, ovvero relazioni tra membri anche di gruppi di lavoro diversi, e che queste interazioni sono state notevolmente ridotte dal lavoro da remoto".
La ricerca analizza i flussi di posta elettronica di 2’834 docenti e ricercatori che lavorano in più di 100 dipartimenti e laboratori di ricerca del Mit e dimostra che il lavoro a distanza ha causato un calo del 38,7% del numero di nuovi legami deboli formati tra i colleghi. Inoltre, prosegue il Cnr, "lo studio rileva che le cosiddette ‘ego networks’ (le reti di contatto e scambio che sono proprie di ciascun individuo) sono diventate più stagnanti nei mesi di lavoro lontani dall’ufficio e, di conseguenza, i ricercatori hanno continuato a comunicare molto, ma solo con le persone con cui avevano già collaborazioni aperte". Lo studio prende anche in esame come potrebbe essere l’organizzazione del lavoro nel prossimo futuro.
"Ciò offre una migliore comprensione dell’interazione umana e della produttività, utile per immaginare la tanto attesa ‘nuova normalità’, sottolinea Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab. Significa che dobbiamo tornare al 100% nel nostro ufficio? "No. Manterremo la flessibilità del lavoro a distanza, ma dobbiamo sviluppare un regime di lavoro che enfatizzi il meglio di ciò che lo spazio fisico può fare per noi".