Culture e Società

‘Jafar Panahi libero’, lo chiede anche il Locarno Film Festival

E con lui, liberi gli omologhi iraniani Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, arrestati per ‘incitamento ai disordini’ in seguito al crollo del Metropol

Nel 2010, dopo l’arresto
(Keystone)

"Con incredulità e sgomento assistiamo a un nuovo, violentissimo attacco alla libertà d’espressione da parte del governo iraniano contro il cinema. La repressione della comunità cinematografica iraniana continua, in sfacciato disprezzo delle numerose voci di protesta provenienti dalla comunità internazionale". È la voce del Locarno Film Festival che – così come già fatto da Cannes, Venezia e Berlino – chiede "l’immediata scarcerazione dei registi arrestati e la fine di ogni forma d’intimidazione e violenza contro registi, artisti, intellettuali e creativi". Per ‘registi’ s’intende innanzitutto il 62enne Jafar Panahi, Pardo d’Oro nel 1997 a Locarno per ‘The Mirror’ (Lo specchio), ma anche Leone d’Oro in Laguna nell’anno Duemila con il film ‘Il cerchio’. Quella dell’ennesimo fermo dell’oggi 62enne regista è notizia fresca che risale allo scorso 11 luglio, avvenuta "dopo essersi recato alla procura di Teheran per avere aggiornamenti sul caso di un altro regista", come riferito dall’agenzia di stampa iraniana Mehr. Ma soltanto pochi giorni prima, l’8 luglio, era toccato agli omologhi Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, arrestati e imprigionati in luogo sconosciuto per aver protestato contro la violenza nei confronti dei civili in Iran.


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Hana Saeidi, nipote di Panahi, ritira l’Orso d’Oro alla Berlinale del 2015

La torta

Mohammad Rasoulof era già stato oggetto di privazione della libertà di movimento e di lavoro sin dal 2017; colpa di ‘A Man of Integrity’, Premio Un Certain Regard al 70esimo Cannes. Sulla Croisette erano transitati anche ‘Manuscripts Don’t Burn’ (Premio Fipresci 2013) e ‘Goodbye’ (Miglior regia sempre all’interno di Un Certain Regard, anno 2011). Nel 2020, Rasolouf aveva vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino con ‘There is No Evil’, ma non aveva potuto ritirarlo personalmente per il divieto di lasciare l’Iran. Lo stesso destino era toccato a Panahi, impossibilitato a recarsi in Germania a prendersi l’Orso d’oro che gli spettò per ‘Taxi’ (2015) e il premio per la migliore sceneggiatura a Cannes per ‘Three Faces’ (2018). Jafar Panahi fu arrestato nel 2010; la condanna a sei anni di carcere per il sostegno al movimento di protesta nato sull’onda della rielezione alla presidenza della Repubblica Islamica di Mahmud Ahmadinejad non ha fermato la sua produzione cinematografica, pressoché regolarmente bandita nel proprio Paese. In attesa del risultato d’appello del processo a suo carico, Panahi produsse un proprio video-diario fatto uscire da Teheran tramite un hard disk celato dentro una torta, fatta recapitare a Cannes dove fu presentato.

Il regista non ha mai risparmiato nulla al regime, in favore del racconto degli ultimi, di poveri e bambini, e della condizione femminile dell’odierno Iran. Con addosso un divieto lungo vent’anni di scrivere o dirigere film, con l’impossibilità di lasciare il Paese se non per cure mediche o per recarsi alla Mecca, e d’intrattenere relazioni con media iraniani e stranieri, Panahi ha continuato a vivere e a lavorare nel proprio Paese d’origine.


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Teheran, maggio 2022

I 10 piani del Metropol

"Non ci sono ancora informazioni sul motivo dell’arresto di Panahi, né sul suo legame con il caso Rasoulof o con altre persone arrestate la scorsa settimana", si legge ancora nel comunicato stampa della Mehr. Non è dunque chiaro se il primo si sia recato in Procura per sapere del secondo. L’arresto di Rasoulof e Aleahmad va ricondotto alla vicenda dell’edificio commerciale Metropol di Abadan, nella provincia di Khuzestan, dieci piani ancora in costruzione crollati lo scorso 23 maggio provocando la morte di 43 persone e un’ondata di accuse. Ai due registi s’imputano "l’incitamento ai disordini" e la "minaccia alla sicurezza psicologica della società" (fonte Irna, altra agenzia iraniana). In una lettera aperta, scritta in merito a quanto accaduto ad Abadan, un gruppo di cineasti iraniani con alla testa Rasoulof aveva chiesto alle forze di sicurezza di "deporre le armi" di fronte allo sdegno provocato da "corruzione, furto, inefficienza e repressione" che hanno accompagnato il crollo del Metropol.


Anno 2020, l’attrice Baran Rasoulof ritira l’Orso d’Oro per conto di Mohammad Rasoulof, in collegamento dall’Iran

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