In calo anche la fiducia dei lettori in generale: lo indica uno studio pubblicato dall’Istituto Reuters
Dopo il Covid, che ha fatto impennare il desiderio di informazione certificata, cala l’interesse per le notizie considerate più difficili e traumatiche come la guerra in Ucraina, l’inflazione e la stessa pandemia. Le persone tendono a evitare questo tipo di notizie e diminuisce anche la fiducia dei lettori in generale.
È il quadro che emerge da un rapporto (Digital News Report 2022) pubblicato dall’Istituto Reuters, che dedica anche un’analisi specifica all’informazione legata al conflitto, condotta in cinque Paesi (Polonia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Brasile) dal 29 marzo al 7 aprile.
Emerge che la guerra è seguita abbastanza da vicino e in molti si rivolgono ai telegiornali, come in altre crisi mondiali, per gli aggiornamenti. Ma, a causa "forse della natura difficile e a volte traumatica del conflitto, c’è una maggiore tendenza nell’evitare le notizie". In particolare, in Germania il 36% rifugge le notizie sul conflitto (+7 punti rispetto a prima della guerra), in Polonia il 47% (+6), in Usa il 46% (+4). L’incremento della Germania in due mesi è maggiore di quello registrato in cinque anni dal 2017 al 2022. "Poiché il conflitto persisterà – spiega l’analisi – sarà particolarmente importante per le redazioni riorientare gli sforzi sulla spiegazione della sue più ampie implicazioni".
Più in generale, e non solo rispetto alla guerra in Ucraina, il 38% afferma di evitare spesso o talvolta le notizie, una cifra in aumento rispetto al 29% nel 2017. Gli utenti che seguono questa tendenza sono raddoppiati in Brasile (54%) e nel Regno Unito (46%) dal 2017. Molti intervistati affermano che "le notizie hanno un effetto negativo sul loro umore". Mentre una percentuale significativa di giovani e di persone meno istruite dicono di evitare le notizie perché "difficili da capire, suggerendo che i mezzi di informazione potrebbe fare molto di più per semplificare il linguaggio o contestualizzare storie complesse".
Intanto, a parte l’eccezione di un gruppo di Paesi più ricchi, non decolla il pagamento delle notizie online. Secondo l’indagine di Reuters, in 20 Paesi il 17% ha pagato per le leggere le news online, la stessa percentuale dell’anno scorso. La tendenza cresce solo "in una manciata di nazioni più ricche come Australia (+5%), Germania (+5%) e Svezia (+3%), e ci sono segnali che la crescita complessiva potrebbe stabilizzarsi".
Gli abbonamenti online stanno rallentando "con il timore delle persone per il costo della vita". Inoltre il pubblico è riluttante a cedere i propri dati ai siti di notizie considerata la prassi delle aziende editoriali a chiedere un indirizzo email per far accedere ai contenuti. Nell’ultimo anno solo circa un quarto (28%) si è registrato a uno o più siti web di notizie.
Altra tendenza: per i ragazzi sotto i 25 anni Facebook perde smalto, in favore di social media più visuali come Instagram e TikTok, dove l’intrattenimento e gli influencer svolgono un ruolo più importante. In particolare, il 40% dei 18-24enni usa TikTok ogni settimana, con il 15% che afferma di usarlo per le notizie. Le cifre sono ancora più elevate in alcuni Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
"Una chiara linea di demarcazione nel rapporto di quest’anno – spiega – è il cambiamento delle abitudini dei più giovani in particolare gli under 30, che le organizzazioni editoriali spesso faticano a raggiungere". TikTok ha avuto una spinta anche col conflitto ucraino, "con la Bbc prima riluttante ma che poi ha deciso di aprire un profilo in russo e inglese anche alla luce dell’alta circolazione di fake news".
Il rapporto, dal 2014, monitora i diversi social network utilizzati sia in generale sia per le notizie in 12 Paesi. Facebook è diminuito di cinque punti percentuali da allora dopo aver raggiunto il picco nel 2017, ora si attesta al 60%, un livello simile a YouTube (61%), WhatsApp è al 51%. Instagram (40%), TikTok (16%) e Telegram (11%) sono le uniche piattaforme a essere cresciute nell’ultimo anno.