Società

Verso lo sciopero delle donne

Vi presentiamo la sua Casa (a Locarno), le attività nei principali centri del Cantone e lo spettacolo che racconta Emilie Kempin-Spyri

Non un passo indietro (© Ti-Press)
13 giugno 2019
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“Tutti gli Svizzeri sono uguali innanzi alla legge”: i giuristi avranno subito riconosciuto l’articolo 4 della Costituzione federale del 1848. È proprio a quell’articolo che abolisce ogni privilegio “di luogo, di nascita, di famiglia o di persona” che Emilie Kempin-Spyri – nipote dell’autrice di ‘Heidi’ Johanna Spyri e, nel 1885, prima donna a studiare diritto in Svizzera – si appellò perché anche a lei, donna, fosse permesso praticare la professione di avvocato. Ma per il tribunale federale si trattò di una tesi “tanto innovativa quanto ardita”, e così Kempin-Spyri non ebbe il brevetto di avvocata. Quando, sempre perché donna, le venne negata anche la possibilità di insegnare all’Università di Zurigo, Kempin-Spyri decise di trasferirsi con la famiglia a New York, dove fondò una scuola di legge per sole donne. Ma il marito, un pastore riformato, non riuscì a integrarsi nella società statunitense, e tornò a Zurigo con due dei tre figli. Divisa tra la professione negli Stati Uniti e la famiglia in Svizzera, nel 1891 decise di tornare con la secondogenita a Zurigo, dove continuò a battersi per i diritti delle donne, trasferendosi per un periodo anche a Berlino.

L’esempio di una vita

«Una vita intensa» riassume Sara Flaadt che a Emilie Kempin-Spyri ha dedicato uno spettacolo che, dopo il debutto al Foce di Lugano e una ripresa a Baden in tedesco, arriverà all’Università della Svizzera italiana alla vigilia dello sciopero delle donne, questa sera alle 20.30 nel Foyer dell’Aula magna, in una rappresentazione organizzata dall’Istituto di diritto e dal Servizio pari opportunità. «In realtà – prosegue Sara Flaadt – lo presentiamo come uno studio: l’idea è continuare con la ricerca fino ad arrivare, nella primavera del 2020, con la sua versione completa». ‘Una Emilie Kempin-Spyri, tutte Emilie’ sarà il racconto della vita di Kempin-Spyri «come avvocato e come donna iscritta nel suo secolo; ma anche come donna che incarna le donne di oggi – e non solo le donne ma anche gli uomini di oggi –, perché sono temi che rimangono attuali».

Tuttavia la battaglia di Emilie Kempin-Spyri era contro la legge: contro quella legge che le impedì di praticare e insegnare il diritto e anche, dopo il ritorno da New York, contro il Codice civile svizzero di Eugen Huber, proponendo un regime matrimoniale più favorevole alle donne. Una sfida sostanzialmente vinta, seppur anni dopo la morte di Kempin-Spyri: quasi un secolo dopo il suo ricordo al Consiglio federale, quel quarto articolo della Costituzione è stato integrato con un chiaro “uomo e donna hanno uguali diritti”. Il che ovviamente non significa il raggiungimento della parità: le discriminazioni proseguono, ma ad altri livelli; in questo la figura di Kempin-Spyri può davvero essere ancora un modello? «Per certi aspetti è vero, ma quello che emerge dalla storia di Emilie è che fondamentalmente quella sottodiscriminazione che è più culturale oggi c’è ancora». Non solo: «Tante delle cose che venivano rivendicate allora – ad esempio la parità di riconoscimento del lavoro svolto – ancora adesso non sono state raggiunte, senza dimenticare il ruolo della donna nella società».

Così, anche senza arrivare al tragico epilogo della vita di Emilie Kempin-Spyri – morta in povertà nel 1901, ma niente dettagli per non rovinare lo spettacolo – «molte donne vengono discriminate o allontanate perché non riescono a corrispondere a quell’ideale di donna che si occupa della famiglia». In questo la figura di Emilie Kempin-Spyri è particolarmente interessante «in quanto agli antipodi delle donne di oggi, perché era conservatrice: rivendicava il diritto di poter essere una buona madre di famiglia – era questo che la dilaniava, l’impossibilità di essere accettata nella propria totalità dalla società che ti respinge anche se tu vuoi farne parte».

Quattro voci fuori dal teatro

La storia di quel tempo e la storia di oggi: ‘Una Emilie Kempin-Spyri, tutte Emilie’ sarà articolato su questi due livelli «con due attrici che saranno le anime della Emilie del tempo, la prima giovane e illusa, mentre l’altra più matura e disillusa». E, in parallelo, «avremo due ricercatrici del giorno d’oggi che si confrontano con la vita di Emilie per trovare una risposta a quello che loro sono oggi». Questa sera all’università le quattro voci saranno quelle di Margherita Coldesina, Lucia Donadio, Jasmin Mattei e Margherita Saltamacchia.
A proposito: com’è portare uno spettacolo teatrale non in un teatro ma in una università? «Lo scopo della compagnia Supergiù è proprio uscire dallo spazio teatrale, portare il teatro fuori dal teatro perché la sala è, per certi versi, un ambiente protetto dal quale bisogna uscire se si vuole portare il teatro all’interno della società». Ecco che diventa interessante, e importante, portare il proprio lavoro in luoghi dove trovi chi non sarebbe mai andato a teatro: all’Università della Svizzera italiana, ma anche a Ginevra, Zurigo e Lucerna «dove porteremo una versione ridotta dello spettacolo, approfondendo gli aspetti legati al diritto».

O, all’opposto, portare a teatro persone che non ci sarebbero mai andate: «Alla rappresentazione di ‘Una Emilie Kempin-Spyri, tutte Emilie’ al Foce abbiamo avuto dei giuristi che mai avrebbero pensato che una tematica come quella del mondo giuridico potesse trovare un risvolto artistico in scena» e anche nelle altre città l’idea è «avere un pubblico che non è quello che generalmente va a teatro, grazie a degli accordi con le università che porteranno i loro studenti».

Nella ‘Casa dello sciopero’ temi e riflessioni per scendere in piazza

L’esigenza di riflettere su sé stesse, prima che di scioperare come generalmente inteso; e di indurre una riflessione più ampia – che comprenda anche uomini, giovani, meno giovani, svizzeri e stranieri – sul ruolo della donna, sui limiti che le sono imposti, su grandi temi come il femminicidio, il sessismo, la parità salariale. Quel che è nato a Locarno, dentro lo Spazio Elle, è un grande “rassemblement” che abbatte gli steccati di genere. Lo stimolo viene dal collettivo “Io l’8 ogni giorno”, ma hanno voluto rispondervi donne della regione – svizzere e straniere di diverse fasce d’età –, migranti e, appunto, uomini sensibili, partecipi. Il teatro dello sciopero di domani sarà Piazza Fontana Pedrazzini, mentre quello di tutta una settimana di proposte culturali è l’adiacente Spazio Elle, rinominato, non senza qualche evitabile polemica, “Casa dello sciopero”. Come raccontano Alessia Di Dio e Francesca Machado, da venerdì 7 giugno a stasera la “Casa dello sciopero” s’è animata con concerti, letture attorno alla donna, “performances” artistiche, incontri di preparazione. Domani, poi, a scendere in piazza saranno «lavoratrici e famiglie della zona – dice Machado –. L’obiettivo è consentire a tutti di esprimere le proprie rivendicazioni tramite attività culturali partecipative» (il dettaglio si trova su www.iolotto.ch). Lo spazio aperto in centro città – ottenuto non senza fatica – «sarà luogo aperto per dire la propria, basandosi sull’esperienza; per esprimersi, senza delegare le parole», nota Machado. Fra le altre proposte, la “palabre femminista partecipativa” sul modello africano: un luogo in cui si affrontano e si mediano i conflitti. «In mattinata gruppi di donne porteranno lo sciopero verso il centro città e i suoi luoghi di lavoro, mentre altri creeranno messe in scena sull’aberrazione del sessismo», nota Alessia Di Dio. Che aggiunge: «I temi attorno alla donna sono anche il femminicidio e la percezione relativa che ancora si ha di questo enorme problema; il lavoro domestico e di cura che vale in Svizzera 248 miliardi di franchi all’anno. Una Svizzera dove la donna guadagna 100 miliardi di franchi all’anno meno dell’uomo». Quel che si vuole, conclude Machado, «è un riconoscimento». E non sembri poco.

Si inizia nei principali centri e si conclude a Bellinzona

Sono numerosi gli appuntamenti organizzati sul territorio per sottolineare lo sciopero delle donne e sensibilizzare all’uguaglianza di genere. A differenza dell’edizione del 1991, quella di domani sarà una manifestazione al passo con i tempi con sito internet dedicato (www.nateil14giugno.ch) e social network attivati. Su Facebook, con l’hashtag #infosciopero, saranno annunciati gli eventi in corso, come pure eventuali cambiamenti dell’ultima ora.

Per conoscere in tempo reale cosa sta avvenendo sui posti di lavoro, nelle piazze, nelle case, ovunque si sciopererà in Ticino e in tutta la Svizzera, l’hashtag ufficiale della giornata del 14 giugno sarà #donneinsciopero.

Non mancherà però l’aspetto caratteristico di ogni azione di protesta: il ritrovo in piazza. Mendrisio (piazzale della Filanda), Lugano (piazza Riforma), Locarno (largo Zorzi) e Bellinzona (piazza Governo) saranno i principali punti di ritrovo già nella mattinata di domani. In queste località si terranno le assemblee di sciopero. Dalle stazioni di Mendrisio (ore 15); Lugano (14.30) e Locarno (15.40) partiranno i treni speciali che condurranno le manifestanti (donne e uomini) a Bellinzona dove si terrà l’evento principale delle giornata con il corteo che partirà da Piazza del Sole (17) per Piazza Governo, già ribattezzata per l’occasione ‘Cittadella della parità’ con bancarelle informative e attività creative di varie associazioni aderenti allo sciopero. Non mancheranno nemmeno gli aggiornamenti di quanto starà accadendo dalle altre piazze svizzere. Alle 18 sono previsti i discorsi conclusivi. Alle 20 ci sarà il concerto di Semilla e Lavinia Mancusi.

Se non si riesce a scendere in piazza, il comitato di sciopero invita le donne a indossare qualcosa di viola (il colore scelto per lo sciopero) e a prolungare, per esempio, la pausa pranzo o a esporre alle finestre i simboli del lavoro di cura come grembiuli, scope e stracci. Si stima che le donne in Svizzera guadagnino il 20% in meno rispetto agli uomini: ciò vuol dire che dalle ore 15.30 le donne cessano di essere retribuite rispetto ai loro colleghi uomini. Da qui l’invito a smettere di lavorare da quell’ora e ad astenersi da tutte le attività domestiche e di cura.