Secondo uno studio molte delle reazioni avverse sono dovute all’effetto nocebo. Un’occasione per affrontare l’esitazione vaccinale
Il timore delle reazioni avverse è uno dei motivi alla base dell’esitazione vaccinale: trattandosi di un farmaco che si prende da sani con la prospettiva di non ammalarsi, è normale sovrastimare l’importanza di possibili effetti indesiderati rispetto a quelli di una medicina che prendiamo quando stiamo male con la prospettiva di stare meglio. Il fenomeno dell’esitazione vaccinale – che non si limita ai “no vax” che non si fidano delle autorità sanitarie, ma include chiunque ha dubbi che lo portano anche solo a rimandare la vaccinazione – non è legato unicamente ai vaccini per il Covid e l’Organizzazione mondiale della sanità l’aveva indicato prima della pandemia come una delle sfide globali per la salute.
Certamente l’esitazione vaccinale non si spiega unicamente con la paura di effetti indesiderati, ma è forse uno degli aspetti che è più facile affrontare e su questo fronte si inserisce uno studio condotto dal Centro Medico Beth Israel Deaconess di Boston, affiliato all’Università di Harvard. Pubblicata su ‘Jama Network Open’, rivista dell’American Medical Association, la ricerca ha ripreso una dozzina di studi clinici sull’efficacia del vaccino per il Covid per valutare se una parte delle reazioni avverse emerse durante la sperimentazione sia riconducibile non al vaccino in sé, ma alle aspettative di sviluppare qualche effetto indesiderato. Un effetto placebo al contrario, chiamato anche nocebo, che – è la conclusione dello studio condotto da Julia W. Haas e colleghi – avrebbe determinato la maggioranza di tutti gli eventi avversi emersi.
Quella condotta è una cosiddetta meta-analisi: non una sperimentazione originale ma uno studio di ricerche già condotte selezionando, da un centinaio di lavori individuati, dodici pubblicazioni che hanno coinvolto complessivamente oltre 45mila partecipanti.
Molti studi sono stati esclusi – e questo è uno dei limiti di questa ricerca – perché non riportavano tutti i dati sugli effetti indesiderati divisi per campione. Le sperimentazioni cliniche sono infatti condotte con il sistema del “doppio cieco”, impiegato solitamente per tenere conto dell’effetto placebo nel valutare l’efficacia del trattamento. E utilizzato da Haas per valutare l’entità dell’effetto nocebo.
Con doppio cieco si intende la suddivisione del campione di soggetti in due gruppi il più possibile uniformi: al primo viene somministrato il farmaco, al secondo una sostanza farmacologicamente inerte e nessuno, né il paziente né l’esaminatore, sa a chi è stato somministrato il farmaco e a chi il placebo e questo perché entrambi potrebbero essere influenzati dall’aspettativa degli effetti, positivi o negativi, del trattamento. L’effetto placebo non è la semplice attribuzione al farmaco di un miglioramento o di un peggioramento dello stato di salute avvenuto indipendentemente (il famoso “il raffreddore passa in una settimana se non curato, in sette giorni se curato”), ma un vero cambiamento organico o percepito collegato al fatto di sapere di aver iniziato una terapia.
Confrontando lo stato di salute – nel caso dei vaccini: il numero di contagi – tra i due gruppi è possibile stimare l’efficacia del trattamento. Oppure, confrontando gli effetti indesiderati tra chi ha ricevuto il vaccino e chi una semplice soluzione fisiologica, valutare se mal di testa, stanchezza, nausea, male al braccio eccetera sono effettivamente dovuti al vaccino oppure se sono un effetto nocebo.
Come accennato, la conclusione di questa ricerca è che per la prima dose siano riconducibili all’effetto nocebo circa tre quarti degli effetti avversi generali (come mal di testa e affaticamento) e un quarto di quelli locali (come arrossamento e dolore al braccio dove è stata effettuata l’iniezione). Valori inferiori, ma comunque importanti, per gli effetti indesiderati dopo la seconda dose: poco più della metà per quelli generali e un quarto per quelli locali sarebbero colpa dell’effetto nocebo. Questa differenza tra le due dosi, osservano i ricercatori, potrebbe essere dovuta a una risposta immunitaria più robusta con la seconda dose ma anche a un accresciuto effetto nocebo nel gruppo dei vaccinati: avendo avuto più eventi avversi dopo la prima dose, il timore di svilupparne anche dopo la seconda è più alto.
Lo studio presenta alcuni limiti, tra cui quello di basarsi su ricerche precedenti studiate per valutare l’efficacia dei vaccini e non gli effetti indesiderati: potrebbero esserci differenze in come sono raccolti i dati sugli eventi avversi e alcuni fattori – come in genere: la maggior parte delle segnalazioni è da parte di donne – non sono considerati.
Il risultato è comunque interessante e gli autori discutono possibili strategie per ridurre l’effetto nocebo e, magari, convincere più persone a vaccinarsi. Una soluzione potrebbe essere non dare troppo spazio, negli opuscoli informativi, agli elenchi di reazioni avverse più comuni. Secondo Ted Kaptchuk, professore di medicina alla Harvard Medical School e uno degli autori dello studio, sarebbe un errore: è vero che questi elenchi possono portare a un effetto nocebo, ma l’informazione data ai pazienti deve essere il più completa possibile. E riguardare anche il fatto che una parte degli effetti indesiderati potrebbe essere dovuta a effetto nocebo. “La medicina si basa sulla fiducia”, ha dichiarato Kaptchuk. “I nostri risultati ci portano a suggerire che informare il pubblico sul potenziale di risposte nocebo potrebbe aiutare a ridurre le preoccupazioni sulla vaccinazione per il Covid, il che potrebbe diminuire l’esitazione vaccinale”.