Scienze

La voce della mamma è un potente antidolorifico

Un gruppo di esperti svizzeri e italiani hanno studiato il suo influsso sui bambini prematuri. La conclusione: la vicinanza dei genitori è fondamentale.

Primi, difficili momenti
(Keystone)
29 agosto 2021
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Ginevra – La voce della mamma, un "farmaco" potente. Un bambino nato prematuro spesso deve essere separato dai suoi genitori e messo in un'incubatrice in terapia intensiva. Per diverse settimane, viene sottoposto a procedure mediche di routine che possono essere dolorose, senza troppi farmaci antidolorifici che possono essere rischiosi per il suo sviluppo. Un gruppo di esperti Svizzera e Italia si è chiesto come si può agire per migliorare il benessere di questi piccoli.

Gli esperti dell'Università di Ginevra (UNIGE), in collaborazione con l'Ospedale Parini e l'Università della Valle d'Aosta, hanno osservato che quando la madre parla con il suo bambino al momento dell'intervento medico, i segni di espressione del dolore nel piccolo diminuiscono e il suo livello di ossitocina - nota anche come "ormone delle coccole", coinvolto nell'attaccamento ma anche legato allo stress - aumenta in modo significativo, il che potrebbe attestare una migliore gestione del dolore.

Presenza cruciale

Questi risultati, pubblicati su "Scientific Reports", dimostrano l'importanza della presenza dei genitori al fianco dei bambini prematuri, che sono sottoposti a stress intenso fin dalla nascita, una presenza che ha un impatto reale sul loro benessere e sviluppo.

Questi bebè, nati prima della 37esima settimana di gestazione, devono sottoporsi a interventi medici quotidiani (intubazione, prelievo di sangue, sondino di alimentazione), ma che hanno potenziali impatti sul loro sviluppo e sulla gestione del dolore.

Esistono vari modi per alleviare il carico di tutto questo, come avvolgerli, far loro succhiare soluzioni zuccherine con una tettarella. Tuttavia, da diversi anni studi hanno dimostrato che la presenza di una madre o di un padre ha un vero e proprio effetto calmante sul bambino, in particolare attraverso le modulazioni emotive della voce.

L’esperimento

Per questo il team di Didier Grandjean dell'UNIGE si è interessato al primo contatto vocale tra la madre e il bambino prematuro, e all'impatto della voce materna sulla gestione del dolore, e nei meccanismi psicologici e cerebrali che ne sarebbero coinvolti. Gli scienziati hanno seguito 20 neonati prematuri all'ospedale Parini e hanno chiesto alla madre di essere presente durante l'esame del sangue quotidiano, che viene effettuato prelevando alcune gocce di sangue dal tallone.

"Abbiamo focalizzato questo studio sulla voce materna, perché nei primi giorni di vita è più difficile per il padre essere presente, a causa di condizioni di lavoro che non sempre consentono giorni di riposo", afferma Manuela Filippa, primo autore dello studio.

Un primo prelievo è stato fatto in assenza della madre, un secondo con la madre che parlava al bambino e un terzo con la madre che cantava al piccolo. E gli esperti hanno osservato che effettivamente c'erano dei cambiamenti, li hanno misurati con il Preterm Infant Pain Profile (Pipp), che stabilisce una griglia di codifica tra 0 e 21 per le espressioni facciali e i parametri fisiologici (battito cardiaco, ossigenazione) che attestano le sensazioni dolorose del bambino.

"Per codificare il comportamento dei neonati prematuri, abbiamo filmato ogni esame del sangue e giudicato i video senza audio, in modo da non sapere se la madre fosse presente o meno", osserva Grandjean.

Risultati ‘significativi’

I risultati vengono definiti significativi: il livello di dolore misurato è 4,5 quando la madre è assente e scende a 3 quando la madre parla con il suo bambino. Quando canta è 3,8. Gli scienziati hanno quindi esaminato cosa cambia nel bambino. "Ci siamo rapidamente indirizzati sull'ossitocina", dice Filippa.

Il team di ricerca ha scoperto che i livelli di ossitocina erano aumentati da 0,8 picogrammi per millilitro a 1,4 quando la madre parlava. "Si tratta di un aumento significativo", afferma l'esperta. È importante, conclude, "unire genitori e figlio, soprattutto nel delicato contesto della terapia intensiva".

Mamma e papà "svolgono qui un ruolo protettivo e possono agire e sentirsi coinvolti nell'aiutare il loro bambino a stare il meglio possibile, il che rafforza i legami di attaccamento essenziali che sono dati per scontati in un parto a termine", chiosa Grandjean.