È grata ai suoi film, anche a quelli diventati ‘fardello’. Ed è felice perché molte cose sono cambiate: ‘Le cineaste oggi sono molto competitive’
Marcello Polillo è il padrone di casa e la casa è il Pardo Village al primo piano del palazzo della Sopracenerina. Il Project manager di Locarno Pro ricorda alcuni dei destinatari del Pardo d’Onore e il nome di Agnès Varda sta in mezzo a quelli di Bernardo Bertolucci, Ken Loach, Jean-Luc Godard, Werner Herzog, Michael Cimino, John Waters. Jane Campion, destinataria del premio per il 2024, aggiunge una donna in più a un palmarès ancora molto maschile, che include anche Kelly Richards. Della “visione cinematografica senza compromessi” (Polillo) di Campion si inizia a parlare partendo da Alfonso Cuarón, giorni fa là dove oggi è seduta la regista neozelandese. I due condividono la medesima “relazione complicata” con il guardare le proprie opere una volta terminate. O il non guardarle del tutto. “Forse è colpa dell’intensità che metto nel portare i miei film a completamento al meglio. Se li guardo, ho paura di essermi dimenticata qualcosa di importante. Ho vissuto l’esperienza di vederne uno (non si saprà quale, ndr) e rimanerne delusa. Potrei definirmi come una madre che dice ai propri figli ‘ok, ora volate via, non fatevi vedere più’”.
Prima di arrivare a ‘Lezioni di piano’ (1993, prima regista donna a vincere Cannes e Oscar alla migliore sceneggiatura originale nel 1994), e prima di arrivare a ‘Il potere del cane’, Oscar alla miglior regista nel 2022, la discussione prende il là da una manciata di film meno osannati, e che invece oggi lo sono e lo sarebbero se fossero usciti in questi giorni. “Non saprei dire”, spiega Campion, “so che l’industria del tempo era dominata da uomini e in parte lo è ancora, per quanto le opportunità siano decisamente maggiori”. È felice per il successo di Chloé Zhao, Justine Triet e altre cineaste di grande valore. Tornando alle critiche: “Nel caso di ‘Ritratto di signora’ (1996) si è preferito vedere Nicole Kidman la moglie di Tom Cruise piuttosto che una fantastica attrice”; di ‘Holy Smoke – Fuoco Sacro’ (1999) ammette la provocatorietà, “ma oggi piace tanto alle donne giovani”. Di ‘In the Cut’ (2003): “L’accoglienza mi ferì, ma quel film ha avuto la sua rivincita”.
Capitolo ‘Il potere del cane’: “Ho amato il libro, ho amato Thomas Savage, credevo solo meritasse la cosa migliore. Il mio lavoro è quello di servire e amo farlo”. A chi le attribuisce l’aver ridefinito un genere: “Non sono mai consapevole del genere cinematografico perché sono intrigata dalla storia”. E quanto a genere, sorridendo: “Un uomo gay nel genere western è una specie di umiliazione, per quel genere”. Capitolo ‘Lezioni di piano’: “In Nuova Zelanda non accettiamo complimenti, potremmo essere arrestati (ride, ndr). Ricordo di quando entrai in una farmacia e la ragazza al bancone disse: ‘Oh, lei è quella che ha fatto Lezioni di piano!’; io sminuii la cosa e lei ‘non dica così, è stata la migliore esperienza cinematografica della mia vita!’, e capii che avrei dovuto imparare ad accettare i complimenti”. Il successo di quel film non ebbe grande impatto su di lei: “Mentre ‘Lezioni di piano’ veniva osannato, io perdevo un bambino e combattevo per sopravvivere”. Sempre “nella gioia del progetto successivo”, le ci è voluto del tempo per capire che quel film “sarebbe anche diventato un fardello con il quale avrebbero misurato tutto il mio cinema successivo”. Ma si dice grata di essere legata in modo così forte a tutti i suoi film. Anche a ‘Lezioni di piano’: “Pareva un film strano, non si avevano grandi aspettative, ma spesso le cose non vanno come si pensa”.
Jane Campion è felice per le donne che ce l’hanno fatta. “Mi piacciono i loro film, ne sono ispirata, è bello conoscerle. Con Justine Triet ho parlato un paio di volte, apprezzo tanto il lavoro di Julie Durkenau. Non solo sono riuscite ad affermarsi, ma hanno anche raggiunto il vertice, vincendo premi. Penso ad Audrei Diwan, Leone d’Oro, penso a Greta Gerwig e al successo e ai record di ‘Barbie’, che per una volta non è un personaggio Marvel. Credo sia fantastico, perché ora le donne sono riconosciute anche dal punto di vista finanziario”. Qualcuno le ricorda il 60esimo anniversario del Festival di Cannes, lei unica donna ad avere vinto la Palma d’Oro vicino ad altri ‘palmati’, tributati. Tutti uomini. “Parevano imbarazzati, come se ci fosse qualcosa di sbagliato. Erano tempi davvero difficili, la sensazione era che l’interesse delle donne per il cinema non fosse interessante, che guardando film di registi donna si rischiasse di finire in storie tristi e femministe. Le cose sono cambiate, le donne nel cinema oggi sono molto, molto competitive”.
Deandreianamente, “dalla pressione o dalla responsabilità non nasce nulla, dall’energia e dall’inconscio molto”. Campion crede nella libertà artistica che ha permesso a donne come Kathryn Bigelow (‘The Hurt Locker’) di affermarsi nel cinema di guerra, “da sempre una cosa da uomini”. Due le statuette per Bigelow nel 2010, così come due sono quelle vinte da Campion. “Se gli Oscar mi hanno cambiato la vita? Diciamo che ora mi sento in una buona posizione, posso immaginare che potranno esserci sempre dei soldi per i miei film. Ma l’industria si infiamma ancora e soltanto con buoni filmmaker e buoni film”.