Un film da vedere e da far vedere, la testimonianza di un mondo a parte che con sincero amore vive sul nostro pianeta
“Sono una gaucha, e questo è il mio vestito”, dice l’adolescente Guada quando le fanno notare che non porta la divisa della scuola che controvoglia deve frequentare, e ‘Gaucho Gaucho’ è un film documentario su un gruppo di gauchos che vivono nel Nord Ovest dell’Argentina al di là dei confini del mondo moderno. I gauchi sono cowboy sudamericani. Viaggiano a cavallo, accompagnati dai loro cani mentre spostano il bestiame attraverso paesaggi di sconcertante bellezza. Michael Dweck e Gregory Kershaw sono gli autori di questo film che è costato loro due anni insieme ai gauchos, da loro descritti. I due sono documentaristi noti per il loro impegno nel salvare le piccole comunità, il loro film precedente, ‘I cacciatori di tartufo’ del 2020, esaminava gli anziani uomini di Alba, in Italia, e la loro ricerca concreta dell'omonimo tartufo. ‘Gaucho Gaucho’, come il suo predecessore, è girato e composto con meticolosa bellezza, questa volta in bianco e nero satinato e ad alto contrasto.
Il film si apre su una distesa piatta di praterie: lentamente la camera si alza su un non identificabile ammasso scuro, come un rialzo del terreno, poi l’ammasso si scompone e si mostra formato da un cavaliere con il suo cavallo, che subito si mettono a correre. Tre gauchos entrano in scena cavalcando fieri e veloci destrieri accompagnati dalla musica di Bizet e dei suoi ‘Pescatori di perle’, con quell’aria “Zurga, quand tous deux nous toucherons à l'âge” che fece grande Beniamino Gigli (scena epica), e impariamo che i gauchos, quando vanno a cavallo, sono sempre seguiti dai loro cani che controllano il bestiame, mentre sono loro stessi a controllare che i condor sempre minacciosi non portino via vitellini o i loro stessi bambini. I registi ne raccontano la loro vita, come cucinano i loro cibi, come siano sempre impegnati in mille lavori agricoli, ma anche come siano significativi i loro vestiti tutti fatti a mano: i poncho di lana, i pantaloni bombacha e i cappelli boina sono vestiti che diventano il simbolo della loro libertà e della loro distanza dal mondo moderno. Fieri del loro modo di essere, sono una comunità sospesa nel tempo. Spettacolare è vedere i loro rodei, e scoprire l’amore sincero che corre fra ognuno di loro, rifiutando quell’individualismo che è il male della nostra società. Un film da vedere e da far vedere, la testimonianza di un mondo a parte che con sincero amore vive sul nostro pianeta. Grazie ai registi.