laR+ Fuori dal film

Centro di pianificazione familiare

A Locarno77 le guerre del nostro tempo non ci sono. Russia e Ucraina, Palestina e Israele sembrano essere scomparsi dalla mappa dell’oggi

Mohammad Rasoulof
(Keystone)
13 agosto 2024
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“Un festival aperto sul mondo, un festival che è la risposta alla progressiva atomizzazione del reale. Crea comunità, pensiero, riflessione sull’oggi”. Anche quest’anno le pellicole che gettano sguardi sul molteplice non si contano; scelte individuali radicali, tragedie personali da affrontare, spicchi di libertà da riconquistare. È sempre difficile esprimere giudizi decisi di fronte a un catalogo ricco e variegato come quello di Locarno, un catalogo che quest’anno sembra essere pensato più per le librerie con la erre moscia, un pardo che va bene con tutto, un formato da pubblicazione d’arte, che per le consultazioni pratiche. Eppure resta la sola occasione per compiere delle letture critiche, perché non solo è scomparso il pratico programmino su cui potevi segnare ciò che avevi visto, è stata soppressa anche l’applicazione, ottima per dare corpo al nuovo corso, il festival delle prenotazioni, dei biglietti online, delle carte di credito.

Il film iraniano di domenica sera, e forse, almeno per il tema, quello di sabato in piazza, ci ricordano che una gran parte del pubblico chiede davvero apertura sull’oggi, chiede davvero film coraggiosi, laterali, provocatori. Magari girati con il telefonino per le strade di una città bombardata, magari passibili di difetti formali, ma urgenti, capaci di farci sentire a disagio di fronte alle rovine che ci interrogano. Ne è testimonianza l’assenza quasi assoluta della frase che era diventata marchio di fabbrica della direzione Père: Questo film può generare turbamenti. Forse è il segno che l’attuale direzione ha meno bisogno di avvertire, di mettere le mani avanti, certo delle proprie scelte e del proprio coraggio. Oppure, invece, accade perché Locarno ha imboccato a tutta birra la via delle discussioni familiari. La donna la fa da padrona, finalmente, in molte delle pellicole delle diverse sezioni. Una donna che, però, quando non è moglie molestata, è soprattutto madre, sorella, figlia. Sezionata mille volte, ma forse anche ridotta, costretta nell’amletico e occidentale dilemma tra professione e lavoro.

Le guerre del nostro tempo non ci sono. Russia e Ucraina, Palestina e Israele sembrano essere scomparsi dalla mappa dell’oggi. Sarebbe interessante capire se questo vuoto racconti la difficoltà di fare film in queste realtà, oppure se questi temi, a Locarno, è bene che non ci siano. Quasi solo la Semaine de la critique si ricorda che il nostro non è solo il tempo della pianificazione familiare, con i suoi disastri e i bicchieri di vino riflessivo, è anche il tempo delle bombe, dei massacri, di un’Europa che finanzia direttamente o indirettamente, dona strumenti di morte e di libertà. La Russia, per esempio, dopo essere stata falcidiata dall’Eurosong, dalle Olimpiadi, non ha trovato luogo nemmeno sulle sponde leopardate leibovitzianamente, segno che dire Russia, oggi, è quasi una bestemmia, nonostante siamo tutti bravi a riempirci la bocca della politicamente corretta necessità di distinguere tra cultura e politica.

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