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Shah Rukh Khan, all you need is love

E in un caldo pomeriggio d’agosto, il GranRex diventa GranPop nel composto delirio per il Baadshah di Bollywood, Pardo alla carriera 2024

La ‘mossa’
(Ti-Press)
12 agosto 2024
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Un’ora e un quarto prima dell’inizio, la coda parte dalla Libreria Locarnese, passa davanti all’attigua farmacia, ruota attorno a un pilastro e infine, costeggiando le casse, si ferma in via Bossi direzione GranRex, dove per quattrocento persone, non una di più, la superstar indiana Shah Rukh Khan (a volte Srk, per risparmiare spazio) parlerà alle nazioni, le molte che di lì a poco popoleranno la sala. Il tempo di scrivere queste parole e la coda è già arrivata all’Hotel dell’Angelo, in un melting pop di visi, pelli, vestiari e veri e finti indiani come Francesca, giunta dall’Italia con in mano un dipinto che raffigura i due innamorati di ‘Kabhi Khushi Kabhie Gham…’ (2001), “storia di un figlio adottivo di ricca famiglia ripudiato dal padre che si trasferisce a Londra per rifarsi una vita, ma suo fratello minore Rohan vuole riportarlo a casa” (grazie Wikipedia).

Sulla vera paternità di quell’immagine chiederemo a Giona A. Nazzaro, che i film di Shah Rukh Khan li ha visti tutti e ha voluto insignire ‘King Khan’, così lo chiamano anche, del Pardo alla carriera in nome e per conto del Locarno Film Festival. Certo è che di domenica pomeriggio la coda a forma di serpente è un escamotage per restare all’ombra e non stramazzare al suolo sotto il sole. Che a Locarno faccia un caldo non europeo se n’era accorto pure il Baadshah di Bollywood (così chiamano anche Srk più in là sul mappamondo), che il Pardo lo aveva ritirato sabato sera in Piazza Grande: “Signore e signori. Grazie per avermi accolto con braccia aperte e urla in questa bella, culturale, artistica ed estremamente calda Locarno. Vedere così tante persone così vicine le une alle altre in una piazza mi fa sentire a casa, in India”, aveva detto l’attore, che ovunque si muove trascina con sé uno stuolo di fan in prevalenza femminili, dai pacati e affettuosi isterismi tipici del rock and roll. In risposta a quello che dovrebbe essere stato un “ti amo Shah Rukh!” – perché la star rispondeva “ti amo anch’io” – lo Shah Rukh di Piazza aveva messo in chiaro che “ogni romanticismo” sarebbe continuato “dopo il discorso serio, perché al Locarno Film Festival è il caso di risultare molto intellettuali”. Aveva giurato che stava perfezionando il suo italiano (“Sapete che so fare la pasta e le pizze”, che è sempre meglio che “uè!”, “spaghetti” e “Dolce vita”, che per quella basta e avanza Moon and Stars), poi si era fatto serio e si era infilato in parole di ben calibrate: “Credo che il cinema sia stato il media più profondo e influente della nostra era e io ho avuto il privilegio di farne parte. In trentacinque anni (citando qua e là i ruoli che lo hanno reso Re, ndr) sono stato un furfante, un campione, un supereroe, uno zero, un fan respinto e un amante molto resiliente (urletti, ndr). Non sono molto abituato a queste occasioni ma sono molto riconoscente”.

Traducendo a modo suo il Pardo alla carriera di Ascona-Locarno Turismo, lo aveva trasformato nel “Premio a forma di leopardo per essere il più bello nella storia dell’uomo”. Insomma: come fai, a Srk, a non volergli bene?


Ti-Press
In Piazza Grande

‘Grazie per amarmi così tanto’

“Nemmeno i Måneskin”, dice qualcuno al GranRex il giorno dopo. Platea in piedi, smartphone scintillanti, cartelloni, fotocomposizioni, slogan, foulard con le sue facce, Srk si offre al suo pubblico per la conversazione con Nazzaro, che qui tanto l’ha voluto. “Da partenopeo, – diceva il direttore artistico a inizio Festival su queste pagine – quando guardo i film di Shah Rukh giovane mi pare di vedere i film del primo Nino D’Angelo, di fronte ai quali la gente si commuoveva anche se le storie erano sempre le stesse”. E come fai a non volergli bene pure a Nazzaro. Altri urletti femminili, sigla del Locarno Film Festival, poi un “Hello! I can feel the heat, I can feel the love!” del direttore artistico e il GranRex diventa GranPop. In un’ovazione da congresso nazionale, il “grazie per amarmi così tanto” di Shah Rukh produce un rimbalzo d’amore e nell’alternanza tra serio (l’amore) e faceto (la battuta pronta, a suo modo partenopea), l’attore mette tutti a suo agio così: “Per quelli che non mi conoscono, uscite, conoscetemi e tornate”.

È tra un’interruzione e un’altra, prodotte da ogni titolo di film citato, che il GranRex ascolta la storia di uno nato con la recitazione dentro, che voleva partecipare a tutto quello che accadeva a scuola; uno vissuto a pane e videoregistratore in una famiglia indiana povera nella quale il videoregistratore era tutto tranne che una consuetudine; uno che nella sua prima sala cinematografica ci era entrato solo garantendo alla madre che avrebbe preso un dieci nel dettato di inglese. Uno che a quella sala dice di dovere la sua carriera.


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Con Giona A. Nazzaro

‘Sono il figlio di Sandokan’

Le donne di Srk non sono solo quelle che lo adorano ma anche quelle che lo dirigono. Farah Khan è una di queste, regista e coreografa di ‘Om Shanti Om’ (2007), kolossal nel quale sfilano un numero esagerato di star indiane, cantanti, danzanti e recitanti. “Lavoro con tante donne, le trovo più sensibili, curano le sfumature. Onestamente, fanno film più belli”. E poi: “Non voglio suonare inappropriato: hanno un odore migliore, il profumo dello shampoo nei capelli e ridono di più”. Quando, chiede Nazzaro, hai capito che l’amore nei tuoi confronti è andato oltre? Quando, cioè, Srk si è accorto di essere finito dalle parti dell’idolatria? E sull’idolatria Srk rallenta, sdrammatizza, minimizza: “Provo a dare gioia in ogni mio personaggio. Se io regalo gioia, la gente mi rende gioia”. E pone adorato e adoranti sullo stesso livello: “Tutti coloro che sono qui dentro hanno una propria vita, dalla quale prendono del tempo per dirmi che mi amano. Io li ricambio così”. Quanto allo status di mito vivente: “Non è la prima cosa che pretendo si veda di me quando entro in una stanza. Provo a essere quello che sono”.

La conversazione al GranRex transita dalle parti di Kabir Bedi – “È stato un apripista. In uno dei primi film era mio padre, dunque io sono figlio di Sandokan” – e da quelle della tecnologia – “Le giovani generazioni vogliono vedere cose grandi e noi dobbiamo imparare, ma il progresso deve restare al servizio dei sentimenti”. Poi l’incontro regala una finestra al pubblico, che pone domande: la sorte tocca a Francesca, che può finalmente mostrare il suo dipinto, e a due amiche giunte appositamente da Washington DC: “Quali ruoli preferisci?”, chiede una di loro. “Non voglio spezzarvi il cuore”, risponde Srk, “ma quando interpreto un personaggio non è importante che gli creda. Quando mi chiedono qual è il personaggio che mi ha cambiato la vita, rispondo che quel che conta è che l’abbia cambiata al pubblico”.

Prima che Shah Rukh si congedi con la proverbiale ‘mossa’ (che ha anch’essa qualcosa di partenopeo), e chiami la sala al selfie, deposita in sala l’ultima dichiarazione d’amore: “La soddisfazione è un concetto sovrastimato. Per essere creativi serve essere insoddisfatti. Lo dico ai giovani: continuate a pensare, fate cose nuove, non abbiate paura di sbagliare”.


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Francesca

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