Quattro film tra i quali spicca ‘Seses’, un film sul dolore, sulla morte, sulla memoria e il rinascere
Il primo fine settimana ha riempito, complice il terribile calore, le sale di un pubblico desideroso di cinema e di un luogo rinfrescato. Tanti i film proiettati, con qualche problema segnalato dai frequentatori della Retrospettiva che reclamano i sottotitoli: la mancanza di giovani, più che al tipo di film, è dovuta alle versioni in originale puro. Lo stesso problema dei sottotitoli, segnatamente a quelli in italiano, è in piazza. Il punto è che la maggior parte degli spettatori in Piazza Grande sono italiani e il loro diritto è sempre ignorato. Intanto in Concorso sono passati quattro film: il lituano ‘Seses’ (Sorelle, titolo internazionale ‘Drowning Dry’) del 36enne regista Laurynas Bareiša, qui alla sua opera seconda di cui cura anche la fotografia; l’austriuaco ‘Mond’ (Luna), della regista e artista di origine irachena Kurdwin Ayub residente a Vienna; lo svizzero ‘Der Spatz im Kamin’ (Il passero nel camino), del premiato Ramon Zürcher e prodotto dal fratello gemello Silvan; il film italiano ‘Sulla terra leggeri’, opera prima di Sara Fgaier.
Sicuramente il più interessante è stato il primo, ‘Seses’, un film sul dolore, sulla morte, sulla memoria e il rinascere, un film che il regista ha spiegato con la tensione vissuta per paura di perdere improvvisamente qualcuno di caro. Infatti, nonostante il titolo lituano significhi “sorelle”, quello inglese ‘Drowning Dry’ si riferisce a un termine non medico usato per indicare le lesioni polmonari acute derivanti da incidenti subacquei. “Ho usato la ripetizione irregolare della condizione di annegamento secco come elemento strutturale della storia per evidenziare i vari modi di affrontare il trauma”, ha spiegato il regista. Laurynas Bareiša ci porta in campagna, vicino a un lago, per farci conoscere le sorelle Ernesta e Jude che qui arrivano con compagni e figli, uno ciascuno, per trascorrervi un pacifico fine settimana dopo che il marito di Ernesta, Lukas, ha vinto un combattimento di arti marziali. Tutto si svolge normalmente finché durante un bagno la bambina di Jude rischia di annegare e viste le difficoltà respiratorie viene portata d’urgenza in ospedale. Lentamente e con forza, il regista ci rivela che stiamo vivendo nei ricordi delle due sorelle, le sole salvatesi da un terribile incidente sulla strada per l’ospedale. Le due provano a rivivere, cercano di darsi un futuro, Ernesta trova un uomo che prova a farla sorridere, il tempo della memoria non è finito, ma forse c’è anche un futuro. Fotografato dallo stesso regista per avere appieno la padronanza dell’immagine, il film è ben diretto e recitato da un cast misurato ed efficace, composto da Gelmine Glemzaite, Agne Kaktaite, Giedrius Kiela e Paulius Markevicius.
Interessante anche ‘Mond’ (Luna), nel quale la regista Kurdwin Ayub ci porta a conoscere Sarah (Florentina Holzinger, coreografa e artista austriaca al suo esordio cinematografico), professionista di arti marziali che vediamo perdere l’incontro che chiude la sua fortunata carriera. Disoccupata, accetta una danarosa offerta che la porta a lasciare l’Austria per allenare tre sorelle di una ricchissima famiglia, che abita in un favoloso palazzo isolato nel deserto vicino ad Amman in Giordania. Qui scoprirà che le ragazze vivono in una prigione dorata, private persino di telefoni e computer. Non sopporta comunque la solitudine del lussuoso albergo dove la costringono a vivere. Le cose cambiano quando Sarah scopre un’altra sorella rinchiusa in una stanza: liberata, questa si dà fuoco e muore. Spiega la regista che la madre in Iraq era medico nella divisione dei grandi ustionati, e la grande maggioranza erano donne che tentavano di suicidarsi con il fuoco. Ha anche spiegato che ancora oggi in Iraq, Afghanistan e Iran l’immolarsi tra le fiamme è il metodo seguito da tante donne oppresse (le tre ragazze chiedono a Sarah di aiutarle a fuggire, ci provano, ma...). Film durissimo e inquietante, condotto con semplice mano da Kurdwin Ayub che ha scritto anche la sceneggiatura.
Non convince in pieno ‘Der Spatz im Kamin’(Il passero nel camino) di Ramon Zürcher, un film giocato sul peso dell’omosessualità femminile che segna la vita di Karen – che vive con marito e figli nell’idilliaca casa ereditata dai suoi genitori – così come ha segnato la vita di sua madre e quella di una sua figlia, che ha deciso per questo di allontanarsi da casa. Per il compleanno di Markus, suo marito, arriva Jule, la sorella di Karen, con la famiglia. Per Karen cominciano giorni di ricordi dolorosi e di rinuncia alla compagnia di una vicina con cui condivide un amore lesbico. Spiega il regista: “Concentrandomi su due soli giorni, ho voluto raccontare con toni fiabeschi il cambiamento nei rapporti di forza all’interno di una famiglia, suggerendo un’utopia: un passerotto che esce dal camino e si libra felice nel cielo”. Il gatto di Karen finisce in lavatrice e muore, la casupola, dove sua madre condivideva i suoi amori saffici che hanno portato al suicidio di suo padre, brucia, e lei va in città a cambiare vestito e scarpe, la vita ricomincia in un’altra maniera. Il racconto del regista è farraginoso e pesante, peccato.
Non convince ‘Sulla terra leggeri’ di Sara Fgaier, un film romantico e malinconico, che raccontando di un anziano che chiude la sua mente per negarsi la morte dell’amata moglie, ci costringe a far da spettatore ai suoi ricordi e alle sue fornicazioni mentali, segnate da un bel lavoro di archivio sul cinema muto. Inutile dire che alla fine riapre la sua memoria all’oggi e quello che era ieri diventa ricordo. Sembra un compitino ben fatto, ma senza forza, senza emozioni, senza un vero ritmo cinematografico, e appesantito da un forte omaggio alle aziende di turismo che hanno investito nel film.